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17 Maggio 2016

Roberto Vecchioni: lettere e canzoni di felicità

Il cantautore presenta al Salone del Libro il suo nuovo lavoro, una raccolta di scritti intorno allo stato d’animo che vorrebbe sempre “addosso come una febbre”

Stella Giorgio

Roberto Vecchioni al Salone del Libro

Roberto Vecchioni al Salone del Libro

È difficile dare un nome preciso all’incontro di domenica al Salone con Roberto Vecchioni, cantautore, scrittore, insegnante, maestro di vita. Non una semplice presentazione del suo nuovo libro edito da Einaudi La vita che si ama e nemmeno una conferenza. Piuttosto uno spettacolo multiforme, in cui alla classica cerimonia di introduzione al proprio lavoro si sono uniti racconti di vita privata e alcuni brani, eseguiti dal cantautore con il solo accompagnamento di un pianoforte.

FELICITÀ È UNA STORIA SEMPLICE
Con un rovesciamento dei ruoli, inizialmente Roberto Vecchioni si finge intervistatore mentre è il giovane scrittore Marco Malvaldi a fare le sue veci e a presentare La vita che si ama, un libro formato da 13 lettere antiretoriche e anti-intellettuali, finte ma non false, rivolte ai figli. Nel cuore di ogni storia ci sono quelle che Vecchioni chiama “sciocchezze interminabili”, piccoli episodi di vita quotidiana in cui tutti possono ritrovarsi: un ragazzino che si innamora, una madre che muore, una casa simbolo di rifugio e di intimità che si deve abbandonare.
La felicità di cui parla Vecchioni, quella che come riporta sulla copertina vuole “addosso come una febbre” non è fatta di picchi eccessivi o di vittorie esaltanti, ma dalla semplice consapevolezza di esserci. Come puntualizza il cantautore «dovremmo strisciare di gioia al solo pensiero di esserci, di essere qua ora» e di godere di ogni incontro e momento che ci regala questa nostra condizione di esistere: coltivare relazioni, stare da soli, soffrire talvolta, fare la cosa giusta oppure deliberatamente trasgredire.
Non ci sono prescrizioni o ricette per la gioia, solo il consiglio di stravolgere la nostra idea lineare del tempo e renderla verticale per cogliere – in un solo sguardo come fanno i bambini – il passato, il presente e il futuro affinché possiamo ottenere una nuova dimensione in cui niente si perde e tutto si coglie.

NON CI RESTA CHE PIANGERE
Alla narrazione degli episodi privati che hanno dato vita alle 13 lettere Vecchioni affianca anche le sue parole in forma di canzoni.
Risulta immediato per il pubblico immedesimarsi e ritrovarsi nelle parole di Canzone da lontano, una dolce ninna nanna sussurrata al telefono alla figlia distante, oppure nelle note di Dimentica una cosa al giorno, una lirica di saluto e di ringraziamento alla madre, figura centrale che ritorna anche nelle lettere.
Difficile stabilire se sia la forza delle parole o quella della musica. Vecchioni parla e arriva al cuore di tutti e al termine dell’incontro impossibile non notare persone che tirano fuori i fazzoletti o si asciugano le lacrime.

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Categorie: Cultura

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