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7 Novembre 2016

Festival della Criminologia: il terrorismo e la sicurezza

Cenni storici, cause ed effetti del rapporto Occidente-Oriente, ideologie e strategie militari dei movimenti jihadisti: il resoconto di uno degli incontri organizzati a Crime

Alessia Galli della Loggia

Al Festival della Criminologia si è parlato anche di terrorismo

Al Festival della Criminologia si è parlato anche di terrorismo

Si è concluso ieri il Festival della Criminologia e fra i tanti gli eventi proposti sabato 5 novembre al Circolo della Stampa si è parlato di Terrorismo e Sicurezza con il direttore de La Stampa Maurizio Molinari, il pubblico ministero Alberto Perduca, Francesco Marelli di Unicri (Istituto di Ricerca Onu su crimini e giustizia) e Massimo Postiglione di SkyTg24.

MARELLI: INQUADRARE IL NEMICO
Alla fine della Guerra Fredda si aprono vari fronti jihadhisti in diversi Paesi del mondo, sia in Occidentale che in Oriente. Questi movimenti vengono fermati dalle forze governative ed è in questo contesto che si inseriscono i leader del jihadhismo, i quali ritengono che siano del tutto inutili le diatribe teoriche, ma che al contrario sia necessario creare un fronte unito nella lotta al cosiddetto nemico comune.
Se l’idea iniziale era quella di costituire un Califfato una volta raggiunta la vittoria, l’Isis decide di dichiarare la sua proclamazione senza aspettare la sconfitta del nemico. I terroristi sono persone pratiche, ma non sono ancora arrivati all’utilizzo di armi a distruzione di massa in quanto risulterebbe troppo costoso ed elaborato.

PERDUCA: IL SENSO DELLE REALTA’ TERRORISTICHE
Il terrorismo degli anni 70-80 ha visto la creazione di gruppi coesi con una struttura gerarchica e divisione dei ruoli. La difficoltà più grande sta nella ricerca del senso profondo di queste realtà, senza la consapevolezza del quale risulta ancora più complesso affrontarle. Con i recenti attacchi terroristici è emersa una legislazione internazionale di emergenza a prevenzione dei rischi e per l’identificazione delle nuove figure di reato tramite sorveglianza elettronica e infiltrazioni.

MOLINARI: LE RADICI DEL TERRORISMO
Secondo il direttore de La Stampa il terrorismo jihadista è frutto della decomposizione degli Stati arabi dai tempi dell’accordo Sykes-Picot, che nel 1916 ha ridisegnato i confini dell’ormai sconfitto Impero ottomano, spartito tra Francia e Inghilterra. Questo accordo fu senz’altro un errore e da qui se ne sono innescati altri. I leader locali hanno governato non con il fine di legittimarsi, ma sfruttando le risorse del loro stesso paese per distribuirle ad altri. Questo scenario ha minato il nazionalismo arabo e con le rivolte del 2011 il malcontento è emerso direttamente dal popolo. Nei movimenti più estremisti si è sviluppata una carica ideologica impregnata di visione della realtà che crede in uno scontro apocalittico tra Bene e Male, una battaglia millenaristica.
L’Isis non è ancora arrivato in Italia per due vantaggi tattici del nostro Paese: il posizionamento omogeneo di immigrati sul territorio e l’esperienza della giustizia nazionale nella lotta alla mafia, con cui i militanti jihadisti hanno vari aspetti in comune, a partire da un virus ideologico basato su rigidi codici d’onore.

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Categorie: Cultura

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