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6 Aprile 2018

Hikikomori, vivere rifiutando il mondo esterno

La diffusione di una problematica che riguarda sempre più persone, spesso molto giovani, di cui si parla poco o in modo inesatto

Alessio Colella

Hikikomori isolamento

Gli Hikikomori hanno contatti col mondo esterno solo attraverso Internet

Il termine Hikikomori proviene dalla lingua giapponese e letteralmente significa “stare in disparte”. Viene usato per indicare le persone che decidono volontariamente e consapevolmente di ritirarsi dalla vita sociale e di non avere, quindi, alcun contatto con il mondo esterno. Il fenomeno è nato negli anni ’80 nel Paese del Sol Levante, ma da inizio millennio ha cominciato a diffondersi anche negli Stati Uniti e in Europa.

CHI SONO
Oltre mezzo milione in Giappone, circa 100 mila in Italia secondo alcune stime non ufficiali. Questi i numeri che al momento si hanno a disposizione riguardo agli hikikomori.
Le cause di questo “ritiro volontario” possono essere di diversa natura: caratteriali, familiari, scolastiche o, più in generale, sociali. Lo hikikomori avverte un senso di disagio crescente nell’instaurare legami sociali fino ad arrivare a ritirarsi completamente dal mondo esterno, di fatto rifiutando ogni tipo di contatto reale. Le relazioni avvengono solo mediante la rete in tutte le sue forme, come ad esempio i social network e le chat: ecco perché gli hikikomori vengono spesso confusi con coloro che soffrono di dipendenza da Internet. Non si tratta dunque di persone asociali, bensì di individui con un tipo di socialità diversa da quella percepita dal senso comune.
Nel nostro paese il sito Hikikomori Italia si pone l’obiettivo di fare conoscere questo disagio, mettendo anche a disposizione forum e chat, non terapeutici e non seguiti da psicologi, in cui potersi confrontare e scambiare opinioni. Esiste anche l’Associazione Hikikomori Italia Genitori, per fornire supporto a tutte quelle famiglie che ne avessero bisogno per i propri figli.

ESSERE HIKIKOMORI
Le storie che si leggono nel forum italiano sono molte e differenti, ma tutte hanno in comune il disagio sociale. Una ragazza chiede: «Anche voi sentite il peso di questa situazione che vivete o siete felici di essere hikikomori?». Un utente risponde:« Avere una mentalità da hikikomori è un odi et amo». Andando avanti si trovano storie di ragazzi giovani, dei loro problemi a scuola e in famiglia, dell’isolamento e delle difficoltà relazionali che hanno incontrato nella loro esistenza. Qualcuno comunque descrive il proprio isolamento progressivo con estrema lucidità e consapevolezza e lasciando trasparire il desiderio di cambiare la propria condizione.
Attualmente i trattamenti più utilizzati, soprattutto in Giappone, per porre rimedio a questa tendenza si fondano su un approccio medico-psichiatrico, oppure sulla risocializzazione dello hikikomori. Come però in ogni percorso riabilitativo, il punto di partenza deve essere la volontà di cambiare la propria vita.

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Categorie: Tecnologie

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