Home » Cultura » L’Italia che non vorremmo vedere: la mostra di Andrea Villa, il Banksy torinese

18 Settembre 2018

L’Italia che non vorremmo vedere: la mostra di Andrea Villa, il Banksy torinese

Cartelli stradali razzisti, eventi vietati agli stranieri e discriminazioni legalizzate: così il misterioso writer ha immaginato un paese distopico

Fabio Gusella

Un finto manifesto di Andrea Villa

Un finto manifesto di Andrea Villa

Raramente capita di intervistare qualcuno che non esiste, eppure è successo. In occasione della sua prossima mostra, Bestiario, che sarà inaugurata giovedì 20 settembre alla galleria d’arte Comodo64 (via Bologna 92 A), abbiamo posto alcune domande all’autore delle opere esposte: Andrea Villa, che sulla pagina dell’evento viene presentato come “l’artista che non c’è”.

UN’ITALIA DISTOPICA
Se la mostra precedente ironizzava sui frequenti paradossi della comunicazione e sull’attuale problema delle fake news, Bestiario rappresenta un mondo distopicoDistopia, infatti, è il titolo del nuovo ciclo di lavori – e ha quindi l’obiettivo di offrire alcuni spunti di riflessione a una società che sta cambiando rapidamente e, forse, drammaticamente.
«Ho immaginato un universo parallelo nel quale lo Stato italiano si dichiari apertamente razzista – ci dice – discriminando le minoranze etniche, introducendo cartelli stradali razzisti o eventi sociali vietati a determinate categorie di persone».

UNO PSEUDONIMO NATO PER CASO
Se l’autore non esiste, di chi è la mostra? In realtà Andrea Villa esiste, ma nessuno sa chi sia veramente, sappiamo solo che è un “millennial”. Si tratta infatti di uno pseudonimo adottato da un giovane artista che la stampa ha soprannominato “il Banksy torinese” (dal nome d’arte del più famoso writer al mondo), divenuto popolare negli ultimi anni per aver affisso per la città finti manifesti pubblicitari e politici.
La scelta dello pseudonimo è nata oltretutto in modo fortuito, quando un passante – il cui nome era davvero Andrea Villa – fotografa uno di questi manifesti, inviando la foto a un blogger dell’Espresso, che la condivide su Twitter attribuendola, appunto, a un tale Andrea Villa. Il caso vuole cheun giornalista confonda il nome di quel semplice passante con quello dell’autore dell’opera. Una fake news a tutti gli effetti, eppure da allora il performer torinese ha scelto di adottare quel nome, contribuendo ulteriormente ad accrescere il mistero intorno alla sua identità. L’anonimato, ci spiega, non è affatto una scelta casuale: «Preferisco che la gente si soffermi sulle mie idee invece che sulla mia estetica o sul mio comportamento».

STREET ART 2.0
Andrea Villa non è il solo ad avere un soprannome, perché anche la sua arte rientra in quella che è stata chiamata Street Art 2.0: «Una nuova corrente artistica – la definisce – in cui l’opera di street art diventa popolare e acquisisce significato perché viene discussa sui social network e non per strada». Ne abbiamo avuto un esempio qualche giorno fa, quando a Torino sono comparsi alcuni manifesti “fake” del performer (inizialmente scambiati per veri), le cui foto sono diventate immediatamente virali sui social. Per Andrea è necessario imparare a sfruttare questi strumenti proprio per comprendere la mentalità dell’uomo contemporaneo, spesso sedotto da messaggi razzisti e populisti.
Un’analisi antropologica della società contemporanea, dunque, condita con una buona dose di ironia: questo l’intento della mostra di Andrea Villa: l’artista che (forse) non esiste, ma sicuramente resiste.

 

Tag: , , , , ,

Categorie: Cultura

Lascia un commento