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1 Ottobre 2018

La Cappella della Sindone, dalle fiamme alla luce

Un’intera generazione non ha mai visto il capolavoro del Guarini: nel giorno della riapertura noi ci siamo stati, raccogliendo i commenti di alcuni visitatori

Fabio Gusella

Cappella della Sindone

La Cappella della Sindone ha riaperto al pubblico dopo 28 anni

Alla Casa Bianca sedeva Bill Clinton, Lady Diana era ancora in vita e Google stava muovendo i primi passi. Era la notte fra l’11 e il 12 aprile 1997, quando un incendio devastò gran parte della Cappella della Sindone, capolavoro barocco di Guarino Guarini. Qualche giorno fa, il 28 settembre, le sue porte si sono riaperte al pubblico, restituendo un patrimonio artistico che si temeva perduto per sempre. Ecco le impressioni di alcuni fra i primi visitatori.

MAGIA E ARCHITETTURA
Sono solamente le dieci del mattino, ma una fila di circa 200 persone riempie già metà della piazzetta antistante Palazzo Reale. Molti i giovani in coda, forse per il fatto che la maggior parte degli under 30 non ha mai potuto visitare la Cappella, dal momento che questa fu chiusa al pubblico già nel 1990 a causa di un crollo interno.
«Sono un fan di Guarino Guarini e l’ho sempre considerato un autentico genio», afferma Antonio, 25 anni, in fila davanti all’ingresso dei Musei Reali. Pur abitando a Ischia, non è la sua prima volta a Torino: era già entrato nella Real Chiesa di San Lorenzo – l’altro capolavoro torinese del Guarini – e non esita a definire quella visita «un’emozione enorme». Benché il suo treno parta fra qualche ora, Antonio ci racconta che non poteva rinunciare a visitare la Cappella nel giorno della sua riapertura: da studente di ingegneria edile, infatti, desiderava assistere in prima persona a ciò che definisce «un vero spettacolo, un’architettura tanto complessa che riesce a stare in piedi quasi per magia».

LA SFIDA DEL RESTAURO
Una magica complessità con la quale il restauro più che ventennale ha senz’altro dovuto fare i conti: come sottolineato durante l’inaugurazione dalla direttrice dei Musei Reali Enrica Pagella, infatti, più che di un unico cantiere sarebbe più opportuno parlare di tre cantieri distinti o, meglio, di tre fasi di lavoro: innanzitutto, poco dopo l’incendio, si è cominciato con la messa in sicurezza della cupola per evitarne il crollo. Successivamente è stato allestito il cosiddetto “cantiere della conoscenza”, finalizzato all’indagine dell’ingegnosa architettura del Guarini; infine, sono iniziati i lavori di consolidamento e restauro che hanno addirittura reso necessaria la riapertura dell’antica cava di Frabosa Soprana per ottenere la pietra originale adatta a sostituire i materiali ormai irrecuperabili.
Nel suo complesso un’impresa che ha tenuto i torinesi con il fiato sospeso fino a qualche mese fa. Ne è la prova qualche testimonianza raccolta in attesa di entrare: «Pur essendo torinese – ci confida Davide, 23 anni – non ho mai visto la cupola dal vivo, per cui nutro aspettative molto alte».

LE LACRIME AGLI OCCHI
L’attesa è conclusa, entriamo. Quando si varca la sua porta, la Cappella (e quindi la sua Cupola) appare in maniera tutt’altro che graduale: non la si scopre poco alla volta, ma anzi si impone in un istante. «La cosa che più colpisce – commenta ancora Antonio – è che nonostante sia una cupola piuttosto minuta, riesca comunque ad apparire così slanciata verso l’alto e così elegante».
Due cose rimangono impresse dopo la visita: la luce che, filtrata dalle tante finestrelle della cupola, gioca con la pietra producendo un effetto ottico senza pari e, grazie proprio alla luminosità, la leggerezza che riempie l’ambiente. «Quando ho alzato lo sguardo mi sono venute le lacrime agli occhi», ci confida sottovoce la signora Maria, un’anziana torinese che qualche anno fa entrò fra questi marmi per la prima Comunione.
Le parole che riescono a riassumere al meglio questa nostra esperienza, però, le torna a pronunciare Antonio: «L’architettura migliora la vita alle persone». Noi non sappiamo se questa visita ci abbia migliorato la vita: sicuramente ha riempito una nostra giornata di luce e di leggerezza. E questo già ci basta.

 

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Categorie: Cultura

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