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25 Giugno 2019

Da un anno #maipiùsole contro la violenza di genere

Il bilancio delle iniziative realizzate in Barriera di Milano nelle parole della responsabile del progetto Anna Maria Zucca

Alice Dominese

murales donne

Il murales realizzato per la giornata conclusiva del progetto #maipiusole

Il progetto Mai più sole in Barriera compie oggi il suo primo anno di vita. L’associazione è presente da tempo sul territorio, ma è con il bando AxTo che il 25 giugno 2018 il Comune di Torino l’ha incaricata di intervenire nel quartiere per riqualificare la periferia promuovendo la sensibilizzazione sul tema della violenza di genere.

A partire dalla fase di ideazione, sono state tante le azioni realizzate per coinvolgere la cittadinanza di un quartiere difficile, racconta Anna Maria Zucca, responsabile del progetto: «La partecipazione degli abitanti è stata fondamentale per la campagna di comunicazione. La popolazione ha preso parte anche alle attività preparatorie: lo scopo era di riuscire a raggiungere persone di diversa provenienza, sensibilità e con esigenze differenti attraverso il lavoro di gruppo». Un segnale forte, quello di investire sulla comunità, che ha rappresentato il punto di forza dell’iniziativa.
«Una delle prime parole emerse dai cittadini per creare lo slogan del progetto è stata solidarietà – racconta ancora Zucca – Questo termine ci è sembrato indicativo della complessità della periferia, e abbiamo scelto di comprenderlo al di là dello stereotipo che può rappresentare”. Dal brainstorming collettivo è così nato il motto “Il tuo dolore conta“», capace di esprimere desiderio di inclusione, spirito di comunità e accoglienza.

Il patrimonio culturale di Barriera di Milano è stato progressivamente valorizzato attraverso il confronto e il dialogo costante con i cittadini, fra cui molti negozianti divenuti stakeholder dell’attività di sensibilizzazione, e non sono mancate le azioni concrete per raccontare le tematiche di genere.
Grazie alle camminate per le vie del quartiere, sono stati oltre 150 i diritti delle donne raccolti fra la popolazione, mentre i laboratori di espressione artistica hanno contribuito a realizzare delle mostre permanenti presso la Fondazione Amendola. Accanto alle azioni settimanali, anche le affissioni in Anagrafe e in ospedale hanno permesso di diffondere il messaggio della presenza dei centri antiviolenza nella zona.
Il Cerchio degli Uomini, in parallelo, ha riflettuto sui temi della quotidianità maschile e si è cimentato in un flash mob al Brico Center di via Cigna, durante il quale gli uomini si sono improvvisati in lavori domestici per evocare la parità di genere.
A sorpresa, il progetto è approdato anche nella scuola media Bobbio con un laboratorio teatrale sulle donne nella storia dei diritti, andato in scena al Teatro Monte Rosa: «I feedback degli studenti, attraverso i questionari somministrati, sono stati estremamente positivi, alcuni hanno anche raccontato il progetto nella loro tesina di terza media» dice Zucca.

La giornata conclusiva del progetto si è svolta il 2 giugno nella cornice dei Giardini Sempione, sede del centro d’ascolto. Qui un territorio abbandonato è stato riconsegnato alla cittadinanza, che ora possiede un ricordo tangibile del progetto, un murales in cui tre volti di donne osservano intensamente il parco circondate dalle scritte che recitano in tante lingue diverse il motto femminista “Io sono mia”.
Nello stesso giorno all’Auditorium Cascina Marchesa alcune donne rifugiate, in collaborazione con l’associazione Almaterra, hanno rappresentato le loro storie da invisibili in cerca di libertà in Ritratti di fenici.

Ci vorrà del tempo per sapere se il progetto abbia saputo aiutare le donne vittime di violenza. «I risultati tangibili sono molto lenti – spiega Zucca – Prima che una donna, al di là dell’età e della nazionalità, decida di uscire da una condizione di violenza ci sono una serie di passaggi complessi dovuti al fatto che questo tipo di marginalità è anche una relazione di affettività, che dipende da un legame comunque forte con il partner. Il risultato ottenuto ad oggi – conclude – è che le persone si sono abituate a parlare di questi temi che non sono più un tabù, sanno che i centri antiviolenza sono presenti sul territorio e c’è stato un incremento di donne che hanno richiesto informazioni e aiuto ai centri d’ascolto».

 

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Categorie: Cultura

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