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24 Febbraio 2020

Il burnout dei dottorandi italiani

Molti sono stanchi del proprio lavoro, tanto da dover ricorrere a un supporto terapeutico per far fronte a questo rischio. È così anche per gli studenti di dottorato del nostro Paese?

Giovanni B. Corvino

Ragazza al computer con matita in bocca e aria preoccupata

Molti dottorandi sperimentano situazioni di burnout

Con il termine burnout s’intende un esaurimento emotivo dovuto a un ambiente lavorativo fortemente dominato da situazioni stressanti, il quale può determinare disistima, sensazione di fallimento, negativismo, stanchezza generale, insonnia, abbassamento delle difese immunitarie, paranoia, conflitti coniugali o famigliari.
Secondo uno studio condotto dalla National Association of Graduate -Professional Students and the Graduate Professional Student Council (Gpsc) dell’Università dell’Arizona, citato in un articolo dalla prestigiosa rivista scientifica Nature, circa tre quarti degli studenti di dottorato hanno riscontrato un livello di stress superiore alla media, con conseguente rischio di burnout.

Qual è la situazione torinese? Per rispondere a questa domanda abbiamo contattato tre ex-dottorandi dell’Università di Torino, ma alla richiesta di rilasciare un’intervista non hanno accettato: «No, non me la sento, ormai è finita» risponde il primo, «Preferisco tenermelo per me, non voglio avere problemi» dichiara il secondo e: «Per me è un argomento super delicato» afferma il terzo, declinando gentilmente la possibilità d’approfondire cosa intende.
Sembra quindi che la situazione torinese sia più sensibile di quanto ci si potesse immaginare, confermando altresì i risultati dell’Università dell’Arizona circa il rischio di burnout a cui sono potenzialmente esposti i dottorandi.

Col fine di avere un panorama sul tema nel centro e sud Italia, dopo il buco nell’acqua con Torino, abbiamo quindi intervistato Ilaria Iannuzzi, ex-dottoranda in Studi Politici all’Università Sapienza di Roma e Antonio Pepiciello, dottorando in Ingegneria Energetica all’Università degli Studi del Sannio di Benevento.

Raccontateci un po’ di voi e del vostro amore per la ricerca accademica.
Antonio: «Io sono il coordinatore della sede locale di Benevento dell’Adi – Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia e attualmente sono a Dublino per un periodo di visiting presso l’University College Dublin. Il mondo della ricerca mi ha appassionato da sempre. La mia domanda preferita è “perché?”, e la scelta di intraprendere la carriera universitaria mi ha permesso di rispondervi un milione di volte, soddisfacendo la mia curiosità e alimentandola con nuove domande sul mondo che mi circonda».
Ilaria: «Io ho appena concluso il mio dottorato di ricerca, una passione cresciuta dentro di me anno dopo anno, già negli anni in cui ho frequentato l’università. L’idea di fare ricerca e poter essere a contatto con il mondo accademico, fatto di professori e soprattutto di studenti, mi ha sempre affascinato e aver vinto il dottorato è stata una gioia davvero grande per me».

Come valutereste nel complesso la vostra esperienza da dottorandi?
Antonio: «Nel complesso la valuterei in maniera positiva, ho la libertà di studiare ciò che mi appassiona, gestisco i miei impegni in maniera indipendente, ho la possibilità di partecipare a conferenze internazionali e vivere periodi all’estero. Nonostante ciò non nego la presenza di forti criticità che rendono il dottorato un po’ come delle “montagne russe emozionali”».
Ilaria: «Nel complesso direi che la mia esperienza da dottoranda è stata molto positiva. La mia fortuna più grande è aver potuto costruire con la mia tutor un rapporto solido e basato su grandi stima e fiducia reciproche».

Durante il vostro percorso, ci sono state delle difficoltà per le quali avete avuto bisogno del supporto di persone del vostro Dipartimento?
Antonio: «Sì, se parliamo di difficoltà relative alla mia ricerca, mi è capitato di chiedere aiuto a professori del Dipartimento che si sono mostrati sempre disponibili all’ascolto. Più volte mi sono state date indicazioni riguardo a software, libri o risorse che mi hanno portato alle risposte che cercavo».
Ilaria: «Durante questi anni non ho incontrato particolari difficoltà, tali da richiedere il supporto di altre persone del mio dipartimento. Soprattutto perché in qualsiasi momento di incertezza o dubbio, la mia tutor è stata sempre lì, pronta ad aiutarmi in tutto».

Ci sono stati dei momenti in cui avete seriamente pensato di lasciar perdere tutto e tentare una nuova strada?
Antonio: «Sì, ci sono periodi in cui la motivazione scarseggia, ci si trova di fronte a un problema che sembra insormontabile e il confronto con i colleghi già nel mondo lavorativo fa mettere in discussione la scelta del dottorato. Tuttavia la mia passione per la ricerca e le mie ambizioni per il futuro non mi permettono di abbandonare questa strada».
Ilaria: «Nonostante qualche momento di incertezza, soprattutto per quanto riguarda il futuro, non ho mai pensato seriamente di abbandonare questa strada, soprattutto perché è stato il frutto di un desiderio fortemente sentito e un percorso che mi ha arricchita molto, sia professionalmente che umanamente».

Da queste due brevi interviste, emerge quanto trovarsi in un ambiente lavorativo che ti sostiene aiuti a ridurre il rischio di burnout, esattamente come dimostrato dalla ricerca scientifica. Si spera allora per i nostri dottorandi di avere un percorso simile a quello di Antonio e Ilaria, con sì qualche difficoltà e perplessità, ma con un tutor sempre pronto a sostenerti.

 

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Categorie: Università

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