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27 Febbraio 2020

Aumentano le studentesse Stem

Nonostante pregiudizi ancora diffusi, il numero di ragazze che frequentano corsi di laurea in ambito tecnico-scientifico sta crescendo di anno in anno

Adele Geja

Disegni stilizzati di donne che lavorano o studiano in ambito scientifico-tecnologico

Sono sempre di più le ragazze che scelgono una facoltà Stem

Ingegnere, lavoro da uomo? Forse una volta, ma ora non è più così. Infatti, benché secondo i dati Unesco la percentuale di studentesse che scelgono materie Stem (acronimo per Science, Technology, Engineering, Maths) nel mondo sia solo del 30%, la situazione sta cambiando, anche in Italia. Lo dicono i dati dell’osservatorio Talents Venture: nell’anno accademico 2017/18 le studentesse italiane che hanno scelto un percorso scientifico-tecnologico sono state il 17,7%, valore più alto negli ultimi dieci anni. Anche i dati recenti del Politecnico di Torino sono positivi: quest’anno il livello di immatricolazioni femminili ha toccato il picco mai raggiunto di 1.307 neoiscritte, pari al 26% del totale, con una crescita del 5% rispetto al 2018. Nonostante la parità di genere sia ancora lontana e persistano stereotipi che incidono ad esempio sulle differenze salariali tra uomini e donne, il diffuso pregiudizio che vede le materie Stem appannaggio esclusivo degli uomini sta gradualmente cedendo.
Confermano l’avvenuto cambiamento di mentalità le testimonianze di tre studentesse da noi intervistate: Maria, 19 anni, primo anno di Ingegneria biomedica; Silvia, 20 anni, secondo anno di Ingegneria meccanica e Sara, 23 anni, laureata in Ingegneria biomedica e studentessa al secondo anno della magistrale in Neuroingegneria.

Perché avete scelto Ingegneria?
Maria: «L’ho scelta perché, dopo il liceo classico, volevo cambiare ambito e ottenere una formazione culturale doppia, in cui l’approccio umanistico si fondesse con il metodo scientifico, che mi ha sempre affascinato. Inoltre, credo sia il percorso più adatto al mio carattere determinato e ambizioso».
Silvia: «Ho scelto Ingegneria perché sono sempre stata più interessata alle materie scientifiche e matematiche e mi ha sempre appassionato capire come funzionano le cose intorno a noi».
Sara: «Per me Ingegneria all’inizio è stata un’alternativa di ripiego, per riuscire a passare l’anno dopo in una professione sanitaria di ambito psichiatrico. Tuttavia, ho capito in fretta che non sarebbe stata una scelta di passaggio. Avevo trovato finalmente un modo per applicare la matematica, materia che mi è sempre piaciuta. Avendo fatto ragioneria alle superiori, il primo anno è stato duro. Oggi però, arrivata quasi alla fine del percorso, sono orgogliosa dei miei progressi e penso che sia stata la scelta migliore che potessi fare: la continua evoluzione del campo biomedico e la sua utilità per la salute umana sono fattori stimolanti sia per gli studi che per il lavoro».

Secondo voi, come mai sono ancora diffusi gli stereotipi di genere riguardo a questo campo di studi?
Maria: «Essendo solo al primo anno di studi, non ho riscontrato molti stereotipi di genere. Noto semplicemente che in aula la stragrande maggioranza è costituita da ragazzi, ma le classi sono formate da studenti provenienti da tutti gli indirizzi. Dal secondo anno invece saremo divisi per corsi di studio, quindi le percentuali di maschi e di femmine si vedranno meglio».
Silvia: «Probabilmente gli ambiti come la meccanica interessano spesso soprattutto i maschi, forse un po’ per come siamo abituati a vedere queste professioni. Sicuramente questa predominanza maschile si vede soprattutto nei numeri in classe, ma non per questo secondo me la materia dev’essere considerata più adatta a loro. Nonostante io sia una delle poche ragazze del corso, non mi sono mai trovata in difficoltà»».
Sara: «Non ho mai provato sulla mia pelle gli stereotipi di genere. Nel mio corso c’è un’alta percentuale di ragazze e ho sempre vissuto il mio percorso di studi in modo naturale. Tuttavia, in questi cinque anni ho avuto solo tre professoresse, segno che un tempo la differenza di genere era più incisiva. I pregiudizi ancora esistenti probabilmente sono un retaggio del passato, quando le donne, che stavano entrando a fatica nel mondo del lavoro, non erano considerate in grado di svolgere professioni qualificate».

Ci sono corsi di ingegneria più “femminili”?
Maria: «Stando alle statistiche, una grande percentuale di ragazze iscritte a Ingegneria frequenta i corsi di biomedica e gestionale. Tuttavia, ci sono ragazze in ogni indirizzo, perciò credo che la presenza femminile in determinati corsi di laurea dipenda dagli interessi personali».
Silvia: «Sì, solitamente sono considerati più “femminili” corsi come Ingegneria gestionale, del cinema o biomedica, principalmente perché vi è una più alta percentuale di ragazze iscritta».
Sara: «Nonostante gli squilibri numerici evidenti in alcuni indirizzi, non credo esistano corsi più o meno “femminili” di altri. In questo settore non c’è motivo per cui le ragazze debbano avere gusti così diversi dai maschi».

Secondo voi esistono qualità trasversali che facilitano una ragazza in questo percorso di studi e di lavoro?
Maria: «A mio parere, la metodicità e la determinazione caratterizzano maggiormente le studentesse, a tal punto che molti ragazzi preferiscono studiare con le compagne per seguire i loro ritmi e la loro organizzazione, riuscendo a ottimizzare i tempi».
Silvia: «Una maggiore precisione e organizzazione aiutano le ragazze, però penso che la cosa che le faciliti di più sia il fatto che, essendo la loro scelta inusuale, esse siano più convinte e determinate».
Sara: «Sensibilità ed empatia verso l’umano, che caratterizzano maggiormente una ragazza, sono qualità utili nel campo biomedico. Anche l’estrema precisione e l’organizzazione quasi maniacale sono caratteristiche necessarie per questo percorso. Tutto questo dev’essere però sempre unito a una grande passione per ciò che si studia».

 

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Categorie: Università

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