Home » Cultura » #Madeinturin: (ri)leggere Culicchia e Perissinotto

16 Aprile 2020

#Madeinturin: (ri)leggere Culicchia e Perissinotto

Entrambi gli scrittori raccontano un’umanità metropolitana e fragile: riscopriamo Torino attraverso i loro romanzi

Aurora Saldi

Primi piani di Giuseppe Culicchia e Alessandro Perissinotto

Giuseppe Culicchia e Alessandro Perissinotto

Le strade della nostra città, come quelle di tante altre, sono innervate di storie. Pulsano sotto l’asfalto o nei palazzi. Raccontano esistenze metropolitane come le nostre, oppure portano lontano nel tempo e nello spazio. Oggi le vie sono deserte, il presente è desolante e statico. Tornare a leggere storie che in qualche modo ci ricollegano a Torino può aiutare a sopportare l’isolamento.
Abbiamo quindi scelto due scrittori contemporanei torinesi da (ri)leggere in questo periodo, Giuseppe Culicchia e Alessandro Perissinotto.

Entrambi nati alla metà degli anni Sessanta, pubblicano le loro opere prime negli anni Novanta. La narrativa italiana in quel periodo osserva tendenze diverse, quasi tutte contrassegnate dalla generale constatazione che i modi e i soggetti delle narrazioni stanno definitivamente cambiando.
Entro il primo decennio del nuovo millennio, anche l’immaginario della prosa italiana si sarebbe quasi completamente convertito a quello della società contemporanea. Un panorama fatto di soggettività precarie, marginalizzate da un mondo sempre più frenetico e consumistico, sul quale pende, minaccioso, un passato del quale non si sono del tutto esaurite le conseguenze individuali e sociali.

Giuseppe Culicchia esordisce nel progetto di scrittura giovanile Under 25 diretto da Pier Vittorio Tondelli, che rappresenta il prorompere sulla scena italiana di un nuovo tipo di narrativa all’insegna dell’estetica pulp. Con il protagonista al centro del suo primo romanzo, Tutti giù per terra (1994, Garzanti), Culicchia in qualche modo anticipa la centralità di figure nuove che assumeranno sempre più rilievo sia nella realtà che nei contesti narrativi: la generazione dei giovani precari.
Esistenze fragili e identità in crisi sono al centro anche di Bla bla bla (1997, Garzanti), Ambarabà (2000, Garzanti) e Brucia la città (2009, Mondadori). Quest’ultimo racconta di una Torino allucinata, accennando anche ai processi di gentrification che hanno coinvolto alcuni quartieri, dove la popolazione operaia è stata in breve tempo soppiantata da creativi e modelle in cerca di divertimento.
Culicchia non ha solo raccontato la nostra città nei suoi romanzi, ma anche con la famosa “guida narrativa” Torino è casa mia (2005, Laterza), poi ripubblicata col titolo Torino è casa nostra (2015, Laterza) e con la pièce teatrale Ritorno a Torino dei Signori Tornio. Atto unico (2007, Einaudi).

Anche Alessandro Perissinotto racconta un’umanità metropolitana allo sbando, marginalizzata dalla grande città caotica, ma con modalità e tempi diversi. Nei suoi romanzi d’esordio, infatti, il filtro del genere – il giallo di ambientazione storica – e la lontananza temporale lo distanziano dalla contemporaneità. Forte è tuttavia il legame con il territorio: L’anno che uccisero Rosetta (1997, Sellerio) è ambientato nelle Valli di Lanzo degli anni Sessanta, La canzone di Colombano (2000, Sellerio) nella Chiomonte del XVI secolo.
Già in Al mio giudice (2004, Biblioteca Universale Rizzoli) cambia lo sfondo su cui si stagliano i personaggi: nel noir, nel cui titolo riecheggia quello di un libro di Simenon (Lettre à mon juge), il protagonista si muove in un panorama umano desolante in perfetta sintonia con le contraddizioni e le tensioni del nuovo millennio. È infine con la trilogia della psicologa Anna Pavesi (Una piccola storia ignobile, L’ultima notte bianca e L’orchestra del Titanic) che Perissinotto racconta la contemporaneità. In particolare, L’ultima notte bianca (Biblioteca Universale Rizzoli, 2008) si svolge a Torino durante le Olimpiadi del 2006: a una città in festa e apparentemente scintillante risponde una moltitudine di figure emarginate, in tutti i sensi periferiche e dimenticate.

Entrambi gli scrittori poi si sono dedicati a soppesare e raccontare le ferite mai chiuse di un passato che la collettività non ha rielaborato a sufficienza: i cosiddetti “anni di piombo”. L’argomento è al centro de Il paese delle meraviglie (2004, Garzanti) di Culicchia: ambientato nel 1977, il romanzo guarda alla tematica della lotta armata dal punto di vista di due adolescenti, Zazzi e Attila. Perissinotto invece ne Le colpe dei padri (2013, Piemme) e in Quello che l’acqua nasconde (2017, Piemme) racconta come il passato, se non rielaborato, sia destinato a ripercuotersi sul presente e perché sia importante mantenere viva la memoria.

 

Tag: , , , , ,

Categorie: Cultura

Lascia un commento