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19 Giugno 2020

Atti vandalici contro i monumenti: il passato può essere abbattuto?

Gli episodi recenti suscitano una riflessione sulla Storia, ma è necessario andare al di là dei valori attuali per comprendere ragione e significato di statue e intitolazioni

Fabio Gusella

Statua di Vittorio Emanuele II in marmo bianco imbrattata di vernice nera

La statua di Vittorio Emanuele II imbrattata a Torino

Poco più di una settimana fa a Torino, mentre in Piazza Castello si svolgeva una pacifica manifestazione contro il razzismo, un drappello di persone con bombolette spray imbrattava una statua di Vittorio Emanuele II posta sotto il Municipio, accusando quel Re di essere stato un “colonialista”. Probabilmente però confondevano il “Re galantuomo” con suo nipote Vittorio Emanuele III, padrino delle imprese coloniali in Libia e Imperatore d’Etiopia.
Stilavano poi una lista nera di “obiettivi antirazzisti”, fra i quali comparivano piazza Crispi e via Giolitti, luoghi colpevoli di portare il nome di due politici “colonialisti”.

Seguendo questa tendenza iconoclasta, dovremmo ribattezzare vie e piazze che ricordano i trascorsi coloniali, come ad esempio via Tripoli, piazza Bengasi, piazza Massaua e via Eritrea. Tuttavia, pulire le targhe equivarrebbe a pulire le coscienze? Cancellare i segni (e le prove) del passato basterebbe a cambiare il presente e il futuro?
Come ben sintetizzato dallo storico torinese Alessandro Barbero in una recente intervista: «Mettersi a fare l’inventario delle statue e abbattere quelle che sono dedicate a personaggi storici non perfetti e non in linea con i nostri valori odierni, è un’idiozia ed è una forma di vergognoso e arrogante imperialismo culturale verso gli abitanti di quel luogo diverso che è il passato».

A Torino vi sono alcuni tributi a un personaggio che, agli occhi di oggi, risulterebbe forse un tiranno sanguinario.
Facciamo un passo indietro. Milano, 1898: il generale Fiorenzo Bava Beccaris riceve dal Re Umberto I l’ordine di sparare contro la folla e in seguito a quella carneficina viene decorato dal Sovrano, di lì in poi soprannominato “Re mitraglia”. Il massacro costò caro a Umberto, perché due anni dopo cadde sotto le rivoltellate dell’anarchico Gaetano Bresci, che volle così “vendicare i morti del maggio 1898 e l’offesa della decorazione al criminale Bava Beccaris”.
Nonostante la nostra sensibilità sia fortunatamente cambiata, a Torino non solo un imponente monumento dedicato al Re sorge accanto alla Basilica di Superga, ma gli sono intitolati anche un ponte, una prestigiosa arteria centrale come corso Re Umberto e una galleria commerciale.
Oggi non dedicheremmo mai un monumento a un capo di Stato che dia un simile ordine, eppure all’epoca buona parte dell’opinione pubblica vide in Umberto un ottimo tutore dell’ordine. Mantenendo in piedi la sua statua vogliamo omaggiare il Re dal “grilletto facile”, oppure stiamo (anche) commemorando un sovrano che traghettò il Paese verso la modernità?

Poco lontano dal ponte Umberto I si trova una via dedicata a un personaggio ancora meno “perfetto”: Cesare Lombroso. Negli ultimi anni, il Museo da lui fondato è stato infatti accusato di apologia di razzismo, in quanto ospita i resti umani di alcuni “briganti” meridionali, su cui il noto accademico era solito condurre le sue ricerche.
Benché i responsabili dell’istituzione abbiano sempre respinto le accuse sottolineando la funzione educativa della collezione, in molti continuano a chiederne la chiusura. Eppure il museo resta aperto poiché, come vediamo ogni anno in occasione della Giornata della Memoria e del 25 Aprile, è molto più utile commemorare che dimenticare: eliminare un monumento o un museo equivale a rimuovere un ricordo, e non vi è nulla di più pericoloso che censurare il passato, poiché ci esponiamo al rischio di ripeterne gli errori.

D’altronde, Torino abbonda di personaggi storici visti oggi come controversi, ai quali sono dedicate vie e monumenti: da Giuseppe Garibaldi, che ordinò di fucilare cittadini siciliani, a Giuseppe Mazzini, padre della Patria accusato di “terrorismo”, a Cristoforo Colombo, tacciato di razzismo. In realtà agivano tutti in nome dei valori del proprio tempo, inevitabilmente sfocati agli occhi dei nostri giorni.

Se è vero che la Storia non si fa con i se, non si fa nemmeno con i no, strappando arbitrariamente interi capitoli del “grande libro” di cui facciamo parte. Piuttosto, piazza si aggiunga a piazza, statua a statua.
Da millenni, la Storia non avanza per sostituzione, ma per stratificazioni: non procede per false coerenze, ma per autentiche contraddizioni. E dovremmo accettare queste contraddizioni, poiché negarle significa negare la vita stessa.

 

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Categorie: Cultura

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