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13 Agosto 2020

La crisi di Murano, il cuore del vetro d’Italia

Diverse iniziative a Venezia per rilanciare il settore, patrimonio culturale del nostro paese che rischia di scomparire per sempre

Gabriele Costa

Lavorazione vetro Murano

Molte le iniziative per salvare il vetro di Murano

“La fortuna è come il vetro, così come può splendere, così può frangersi” scriveva Publilio Siro, drammaturgo romano vissuto nel I secolo a.C. Chi avrebbe mai detto che dopo millenni queste parole sarebbero state così attuali?
Il vetro in questione però in questo caso non è uno qualsiasi, anzi trova le sue radici in una tradizione artistica anch’essa millenaria: si tratta della famosa produzione di Murano che oggi, nonostante la sua storia così illustre, rischia di sparire per sempre.

Sull’isola la vetreria ha origine addirittura intorno al X secolo, con evidenti influenze asiatiche e arabe, dato che all’epoca il porto commerciale di Venezia accoglie prodotti da tutto il mondo.
Murano viene scelta come centro per le fonderie già nel 1291, quando la Serenissima Repubblica ordina ai vetrai di spostarsi sull’isola per prevenire l’incendio degli edifici della città, perlopiù in legno.

Dopo otto secoli, il settore è ora sull’orlo del fallimento. A causa di un turismo con minori risorse economiche, dell’alta marea dello scorso novembre  che ha messo in ginocchio molti negozi e aziende (allagato il 28% del suolo calpestabile con un livello di marea superiore ai 110 centimetri, evento mai avvenuto) e dell’emergenza sanitaria che di fatto ha azzerato le entrate, il futuro di Murano è appeso a un filo.

Sempre più fornaci hanno deciso di rimanere chiuse nell’attesa del ritorno alla normalità e nell’isola sono appena una trentina gli artigiani che hanno deciso coraggiosamente di riaprire, seppur arrancando. «Ho quasi 74 anni e già a quattordici lavoravo il vetro – dice una disperata Raffaella Lamberti, titolare dell’omonimo negozio – Così non ce la facciamo, chiediamo un aiuto concreto».

«Abbiamo raccolto idee e proposte che porteremo all’attenzione delle amministrazioni comunali e regionali – spiega Manuel Tiffi, portavoce dell’iniziativa e del gruppo In Venice Tourists are Welcome – non vogliamo un turismo selvaggio come quello che c’era prima, ma è innegabile che senza turisti la città non può vivere».

Nel frattempo diversi operatori si sono radunati sotto il movimento Io sono Murano e sono in cantiere diverse iniziative per rilanciare il settore.
Per tutto l’anno è in corso l’Art’s Connection 2020, in sei diverse sedi a Venezia e una a Bienno. Fino al 23 agosto al Museo del vetro di Murano è possibile visitare una mostra degli artisti Barbara Crimella e Tobia Ravà, mentre in Riva Longa 28 è aperta Living Glass Together – Vivere il vetro insieme, esposizione di arte contemporanea legata al vetro millenario di Murano dell’artista Lisette Caputo, visitabile fino al 31 dicembre.

Numerosi anche gli eventi multimediali, come nel caso del 29 e 30 agosto a Villa Heriot, che ospita una due giorni di full-immersion dal titolo Vivere insieme il vetro millenario di Murano attraverso le mani delle donne perlere ed impiraresse con video, foto, musica, performance e sfilate di moda del gioiello.

Confermata inoltre dal 5 al 13 settembre la Venice Glass Week 2020, il grande evento dedicato alla produzione del vetro che, nella sua 4a edizione torna riportando Murano al centro del suo focus con l’iniziativa The Heart of glass. In programma oltre 150 appuntamenti organizzati Murano, Venezia e Mestre, con più di un centinaio di richieste di partecipazione e la presenza di designer, artigiani, studiosi e appassionati.

«Portare avanti questa iniziativa è una cosa che fa molto onore – ha dichiarato il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro – Il periodo post-Covid è uno dei momenti più difficili mai attraversati dalla città e il vetro ne ha risentito più di altri settori. Ecco perché ho chiesto al Governo di prolungare gli ammortizzatori sociali per la filiera turistica per specificità particolari come lo è questa. Non è per incapacità d’impresa che non si riesce ora a stare sul mercato – conclude – ma per l’assenza di turismo. Rischiamo di perdere una parte importante della nostra cultura».

 

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Categorie: Cultura

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