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3 Settembre 2020

Le fabbriche, la libertà, la Resistenza: viaggio in Borgo San Paolo

Abbiamo ripercorso la storia e le strade del quartiere, ricostruendone il passato e osservandone il presente

Aurora Saldi

Grattacielo con finestre a vetrata - Grattacielo Lancia

Il grattacielo Lancia in Borgo San Paolo

La produzione industriale, la fabbrica, gli operai: fino a non troppi anni fa, queste sono le parole che chiunque avrebbe usato per parlare di Torino. Una città che, non è un mistero, è cresciuta agglomerandosi intorno alla Fiat. Eppure, non è stato sempre così.
Ci sono zone della città nate ben prima del boom economico, che raccontano una storia diversa: Borgo San Paolo è una di queste.

La geografia e l’urbanistica del quartiere svelano immediatamente la sua natura altra rispetto al resto della città. Dimenticate i grandi corsi contornati da palazzoni e l’estetica industriale delle periferie. Non immaginatevi però nemmeno la scacchiera di vie luminose e ordinate del centro. Una delle chiavi di lettura di San Paolo è proprio la sua struttura: disordinata, popolare, di cui sono indizi i palazzi a tratti decadenti, a tratti improvvisamente nobili.

Da piazza Robilant, che spezza il lungo corso Racconigi, si dipartono scompostamente numerose vie. Una di queste è via Lancia, intitolata così per la destinazione a cui si giunge percorrendola, l’omonimo Palazzo. Proprio qui era il centro nevralgico dell’operosità del quartiere: la Lancia, una delle più grandi industrie torinesi (almeno finché non nacque la Fiat, ovviamente, che la acquisì sul finire degli anni ’60).
Nel quadrilatero intorno all’edificio alcune fabbriche in rovina raccontano bene il percorso di Borgo San Paolo. Nato come quartiere esterno al centro (da cui lo dividevano i binari di Porta Susa), per molto tempo approfittò del suo essere fuori anche dalla cinta daziaria: per questo poté osservare un’industrializzazione precoce, tra ’800 e ’900, prima di quella ufficiale che investì poi tutta la città. Si trattava di aziende piccole, per lo più a conduzione familiare, delle quali ora non restano che le vestigia: sembrano quasi il museo di un quartiere la cui storia industriale è stata bruscamente interrotta dal boom.

Quello che invece pare non essere stato mai interrotto, nemmeno quando le infrastrutture della città cambiarono e la zona venne collegata con maggiore facilità al centro cittadino uscendo così dall’isolamento, è il senso di comunità che si respira tra le strade. Lo scopriamo presto, passando dal panorama industriale della zona delle fabbriche alla sempre affollata via Monginevro. Ricca di negozi di tutti i tipi e anche di qualche locale (ex botteghe artigiane), la strada viene a un certo punto interrotta dalla trafficatissima piazza Sabotino, che segna il limite con l’attiguo quartiere Cenisia.
Tram sferraglianti, autobus, macchine, semafori: la città qui sembra aver passato i confini con prepotenza, spezzando la continuità della via commerciale. Ma dal traffico si trova presto rifugio, superando il villino della famiglia Plevna (una curiosa costruzione che ricorda quasi una nave) e raggiungendo via Di Nanni, la strada pedonale che costituisce il centro della socialità del quartiere. Qui gli abitanti della zona si radunano agli angoli, nei dehor dei numerosi bar, nei piccoli spiazzi, rivelando una coesione forte, una socialità radicata.

Mentre avanziamo verso la bella chiesa di San Bernardino, capiamo che la storia della solidarietà del quartiere è anche politica. Non solo per la forte coscienza operaia, che ha fruttato a San Paolo il titolo di “borgo rosso”, ma anche per gli avvenimenti storici che hanno coinvolto il quartiere, costruendo, mattone dopo mattone, una precisa idea di collettività.
Poco lontano dalla chiesa, nell’omonima via San Bernardino, il giovane partigiano Dante Di Nanni si gettò dal secondo piano per non essere catturato, il 18 maggio 1944. Non è quindi un caso che proprio a lui sia stata intitolata, nel quartiere, la via della socialità per eccellenza: come se quel ragazzo fosse un fantasma buono che protegge il Borgo, difendendone gli ideali di libertà e resistenza. Così come non è casuale la presenza, a pochi isolati di distanza, dello storico Centro Sociale Gabrio, in via Millio, che al diciannovenne ha intitolato anche la palestra popolare.

In Borgo San Paolo batte ancora quindi il cuore di una solidarietà disarmante, che non si lascia intimorire dallo sviluppo urbano, il cui ritmo è talvolta alienante ma che anzi lo cavalca, costruendo immaginari ponti di dialogo tra i palazzi, le strade e le piazze.

 

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Categorie: Scoprire Torino

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