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18 Settembre 2020

La donna-volpe, mito e paura dell’Asia

Storia e influssi ancora attuali di una figura folcloristica affascinante e controversa, benevola e saggia in Giappone e Cina, malvagia in Corea

Giovanni B. Corvino

Disegno di volpe a 9 code che vola sopra a uomo

L’obiettivo della donna-volpe era diventare una volpe a nove code

Dopo il nostro articolo sulla stregoneria in Africa, continuiamo il filone di credenze legate alla condizione femminile parlando della donna-volpe, da sempre stata oggetto di fascino, ma anche timore, nel folclore asiatico.
Dotata di poteri divinatori, era in grado di muoversi liberamente nel mondo dei sogni, creando anche complesse illusioni. Tra le sue altre capacità si ricorda l’invisibilità, il volo e la capacità di sputare fuoco o fulmini dalla bocca o dalla coda. Chiamata kitsune in Giappone o huli jing in Cina, comunemente era considerata benevola ed estremamente saggia; in Corea invece la kumiho suscitava grande paura, in quanto ritenuta astutamente malvagia.
Indipendentemente dall’area geografica che si prende come riferimento, la donna-volpe aveva bisogno di ben 900 anni prima di conseguire la sua forma definitiva, poiché solo una volta ogni secolo le cresceva una coda. Raggiunto il suo stadio definitivo di “volpe a nove code”, cambiava il colore del suo pelo in bianco o dorato, divenendo a tutti gli effetti una “volpe celestiale” dotata di un immenso potere magico. Esploriamo alcune curiosità su questa figura folcloristica appartenente all’Asia orientale.

LA KITSUNE
In Giappone la kitsune poteva essere di due tipi, zenko o yako. Le prime erano creature benevole, associate a Inari Ōkami, divinità della prosperità, ma anche del riso, del tè e del sakè; le seconde erano più prepotenti, ma meno presenti. Era però necessario identificarle onde evitare spiacevoli episodi.
La kitsune aveva difficoltà a nascondere la sua coda quando si trasformava in una giovane donna, quindi per poterla smascherare era sufficiente accertarsi che sotto al lungo vestito non nascondesse nulla; inoltre, molte volte tendeva a ubriacarsi e perciò diveniva facile scoprirne la vera natura. In aggiunta, il suo odio e terrore verso i cani la portava a perdere il controllo, tanto da trasformarsi tempestivamente in volpe per scappare via.

LA HULI JING
In Cina è stata rappresentata come lo spirito di una volpe dalle bellissime sembianze muliebri, con tanto di emozioni umane. Questo le permetteva di potersi persino sposare e avere dei figli con qualsiasi uomo volesse. Seppur l’intento principale delle donne-volpi fosse quello di ottenere maggiore potere – e ciò era unicamente possibile entrando in contatto sessuale con persone del sesso opposto o mangiandone le carni – in numerose leggende molte di loro erano disposte a barattare la loro immortalità con una vita umana piena d’amore.
Quanto emerge si discosta dall’accezione attuale che il termine huli jing ricopre nell’odierna Cina, dove si intende una donna che usa la sua sensuale bellezza per ammaliare molti uomini e ottenerne favori, incurante che le sue azioni possano rovinare intere famiglie.

LA KUMIHO
In Corea è stata considerata un essere maligno poiché per ottenere sembianze femminili era costretta a mangiare un organo umano. Diversamente, non sarebbe stata in grado di compiere una trasformazione perfetta perché finché non si nutriva, le caratteristiche volpine del suo essere – come le orecchie o la coda – restavano ben visibili. Cercando di mascherarle con l’abbigliamento, ingannava giovani sprovveduti col fine di mangiarne il fegato o il cuore.
Come si può leggere nel Compendio della Letteratura Orale Coreana, il mito varia a seconda di chi si presta a raccontarlo. Non necessariamente la kumiho era quindi spregevole, dato che in alcune leggende è stato riportato che se avesse voluto acquisire l’agognata capacità di divenire una splendida fanciulla, avrebbe dovuto invece evitare di uccidere un umano, mostrando la sua vera identità e aiutando un villaggio per ben cento giorni.

LA SINDROME DI KORO
Ancora oggi si crede all’esistenza delle donne-volpi. Ciò ha determinato una vera e propria sindrome culturale comunemente nota come “Koro”, che si manifesta quando gli uomini pensano irrazionalmente che i propri genitali si stiano ritraendo nell’addome a causa della possessione da parte di una kitsune, una huli jing o una kumiho (a seconda del Paese in cui si vive). Anche le donne ne possono essere affette, credendo che il loro seno e le loro labbra si stiano rimpicciolendo sempre di più. Tale disturbo psichiatrico comporta difficoltà nel continuare la vita di tutti i giorni, a causa della profonda ansia che si sperimenta.
Fortunatamente, tutto si può risolvere in pochi mesi con il supporto terapeutico di uno specialista e l’aiuto di farmaci, ma nella letteratura scientifica sono riportati casi che sono durati anche più di dieci anni.

 

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