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9 Dicembre 2020

C’era una volta il Natale

Lina, una nonna toscana di 79 anni, ci racconta come viveva questa festa da bambina, senza Babbo Natale e con l’apertura dei regali il 6 gennaio

Simona Agro

Cartolina di Natale vintage con tre bambini che portano agrifoglio e rami

Una cartolina di Natale vintage

Ci avviciniamo al Natale, che inaugura l’inizio delle feste, quest’anno inevitabilmente diverse a causa della pandemia.
Negli ultimi decenni comunque l’aspetto consumistico dell’acquisto dei regali ha fatto perdere un po’ al Natale il suo spirito ricco di valori e tradizione. Così, per ricordare come lo si celebrava una volta, abbiamo intervistato Lina, una nonna di 79 anni nata e cresciuta in Toscana in una famiglia molto unita; seconda di 3 figli, da bambina viveva con i genitori, i nonni e gli zii in una grande casa.

Che cosa significa il Natale per te?
«È una festa che riunisce le persone care, gli affetti famigliari e porta unione tra le persone. Quando ero piccina aspettavamo così riuniti la nascita di Gesù, che allora era molto più sentita come celebrazione religiosa. Babbo Natale non c’era, è arrivato negli anni Cinquanta».

Quali erano i preparativi e gli addobbi?
«Con il babbo e la mamma andavamo a scegliere l’albero al vivaio, quello più bello e frondoso. Poi mia sorella e io andavamo nei boschi a cercare il muschio e dopo a prendere il sughero, che ci servivano per fare il presepe. L’8 di dicembre si cominciava ad addobbare. L’albero si decorava con le palle di vetro perché la plastica non c’era, dolcini appesi e vere candeline, alla cui base c’era una molletta per attaccarle ai rami e venivano accese la notte di Natale, al posto delle odierne lucine. L’anti vigilia le donne della famiglia si riunivano tutte a casa nostra per preparare i tortellini e i ravioli freschi. Ognuno aveva le sue mansioni: chi stendeva la pasta, chi preparava i ripieni. Infine noi bambine aiutavamo a chiuderli. Quando erano tutti pronti si disponevano su un tavolo coperti tra due tovaglie, in una stanza non riscaldata perché rimanessero freschi, pronti per essere cucinati per le feste».

Com’era l’atmosfera di Natale per le vie del paese?
«C’erano le vetrine dei negozi addobbate a festa, con esposti panettoni, cioccolatini, torroni, panforti e abiti molto colorati. Non c’erano le luminarie nelle strade, solo i negozianti addobbavano le loro vetrine. Per le vie passavano gli zampognari vestiti di pelle di pecora, che rallegravano la cittadina creando una magica atmosfera con la loro musica. La gente diceva che portavano pioggia o neve».

A scuola cosa facevate?
«Scrivevamo i biglietti e le letterine di auguri per i parenti, li decoravamo con i simboli e i colori natalizi. Ogni bambino portava qualche statuina e si preparava il presepe insieme alle maestre».

Come passavate il giorno della vigilia e il Natale? Che cosa si mangiava?
«Il 24 dicembre si faceva la cena, che da noi si dice “di magro”: era a base di pesce e verdura, senza carni. Per dessert c’era il buccellato fatto in casa, una ciambella tipica toscana con dentro l’uvetta, ma anche i cantucci col vin santo. Dopo si giocava e alla mezzanotte ci si riuniva intorno al presepe e si cantava Tu scendi dalle stelle. La mattina di Natale si andava a messa. Per il pranzo a base di carne c’erano i tortellini fatti in casa, rigorosamente in brodo di cappone e naturalmente per secondo il cappone bollito e gli arrosti. Si usava che i bambini scrivessero a ogni membro della famiglia una letterina di buon auspicio che veniva posizionata sotto i piatti e ogni parente dopo averla letta ci dava in cambio dei soldini. Chiudevamo il pranzo con il classico panettone e facevamo il brindisi con lo spumante per gli auguri di Natale».

E i regali?
«Si scartavano la notte dell’Epifania, tra il 5 e il 6 gennaio. Veniva la Befana con la scopa e un sacco pieno di regali che erano realizzati dagli artigiani: casette in legno, bambole di tessuto e cucine per bambini, con le piccole stoviglie tutte in metallo. Invece le calze si appendevano al camino e si trovavano il mattino dopo piene di dolci e a volte con un po’ di carbone. Essendo il periodo del dopoguerra tutto questo avveniva nelle famiglie più benestanti. Tanti invece non avevano i mezzi per fare tutto ciò, però c’era più solidarietà, quindi i vicini aiutavano le famiglie meno fortunate regalando vestiti, cibo e dolci per i bambini».

Cosa pensi del Natale di oggi?
«È una festa soprattutto commerciale, dove si comprano tanti regali, per la maggior parte inutili. È rimasto comunque un momento che unisce e si spera che porti pace e serenità, quest’anno ne abbiamo molto bisogno».

 

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Categorie: Cultura

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