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23 Novembre 2012

Spinosa: “Sradicare il concetto della donna come proprietà dell’uomo”

Intervista all’Assessore alle Pari Opportunità del Comune di Torino in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne di domenica

Viviana Villani

L'Assessore alle Pari Opportunità del Comune di Torino Maria Cristina Spinosa

L’Assessore alle Pari Opportunità del Comune di Torino Maria Cristina Spinosa

Il 25 novembre è la Giornata Internazionale contro la violenza alle donne. A tredici anni dall’istituzione di questa ricorrenza, Digi.TO ha voluto approfondire la tematica intervistando l’Assessore alle Politiche delle Pari Opportunità del Comune di Torino Maria Cristina Spinosa, che per domenica sta organizzando un pomeriggio di seminari intitolato “Da Istanbul a Torino“, con esperti del settore in cui saranno presentate le politiche attive sul territorio per contrastare il fenomeno della violenza sulle donne: appuntamento alle 16,30 al Teatro Vittoria, in via Gramsci 4, ingresso gratuito.

Assessore, quando è perché è stata creata la Giornata Internazionale contro la violenza alle donne? Quali sono le forme più diffuse di violenza?
«La giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è stata istituita dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1999. La data del 25 novembre è stata scelta sulla base della decisione di un gruppo di donne riunitosi in Colombia nel 1981, dopo il brutale assassinio di tre sorelle che, con coraggio, avevano lottato contro il regime del dittatore dominicano negli anni ’60. Le forme più diffuse di violenza, malgrado spesso i media lancino campagne di allarme sulla sicurezza delle strade delle nostre città, avvengono tra le mura domestiche: dalla violenza psicologica, alle percosse, fino allo stupro sono le forme in cui più frequentemente si formalizza la violenza contro le donne».

Esistono dati relativi alla violenza alle donne e al reato di stalking a Torino?
«Raccogliere dati relativamente a questi fatti dolorosi per chi li subisce, non è cosa semplice. Non esistono attualmente statistiche ufficiali in grado di fornirci una stima dell’entità e delle caratteristiche del fenomeno nella città di Torino. Del resto, anche per l’Italia gli unici dati disponibili sono quelli dell’indagine realizzata dall’ISTAT nel 2006 su un campione di 25.000 donne intervistate telefonicamente. Le fonti ufficiali sono teoricamente molteplici e potrebbero fornire un quadro completo del fenomeno ma, proprio perché così tante e poco coordinate, non consentono di fornire dati a livello nazionale o locale. A Torino esiste da anni il Coordinamento Cittadino e provinciale Contro la Violenza alle Donne (CCCVD), formato da enti, associazioni pubbliche e private – formalizzate in questo gruppo da una delibera della Giunta comunale – che opera in rete per contrastare questi fenomeni. Questo coordinamento raccoglie dati che, però, riguardano solo le donne che spontaneamente scelgono di rivolgersi alle associazioni che compongono il CCCVD. Nell’anno 2011, ad esempio, su un totale di 249 donne, i dati compongono questo quadro: l’81% ha subito di recente un episodio di violenza; il 67% ha subito un episodio di violenza nel corso della vita; le violenze sono avvenute nel 71% dei casi all’interno della propria abitazione; nel 57% dei casi l’aggressore risulta essere il coniuge, il partner, il fidanzato o l’ex coniuge, ex partner o ex fidanzato della vittima. Torino, poi, sta per ratificare l’istituzione nella nostra città, a cura del Comune di Torino, dell’Osservatorio Internazionale Vittime di Violenza. Riconoscimento che abbiamo ottenuto durante il Forum Internazionale delle Donne che si è svolto a Volgograd, in Russia nel mese di marzo di quest’anno».

Un grave problema legato alla violenza sulle donne riguarda la prostituzione: secondo lei quali potrebbero essere le iniziative legislative da intraprendere a livello internazionale per ridurre il fenomeno dello sfruttamento?
«La prostituzione è un fenomeno mondiale che ha radici molto profonde e, nel mondo occidentale, ha aperto una discussione che si protrae da anni e coinvolge anche la libertà della donna di svolgere questa attività. Ma, purtroppo, in molti dei casi non è la donna a decidere liberamente di cosa fare del proprio corpo, ma sono organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di corpi per alimentare questo business illegale. Interi territori vivono soprattutto con i proventi della prostituzione, alimentata dagli uomini, questo è bene precisarlo, dei paesi occidentali. Un indotto che fa fatturare miliardi ogni anno e che attira la golosità di molti. Il punto principale sta nell’impedire che le donne vengano costrette alla prostituzione contro la loro volontà e che esistano leggi di contrasto alla tratta e che rendano i clienti responsabili in solido di questo turpe commercio».

Rashida Manjoo, Special Rapporteur delle Nazioni Unite ha ammonito l’Italia dichiarando: “In Italia sono stati fatti sforzi da parte del Governo, ma questi risultati non hanno portato a una diminuzione di femmicidi o sono stati tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine”. Cosa ne pensa? Secondo Lei la legislazione attuale è sufficiente? Gli interventi delle istituzioni sono efficaci?
«La questione è semplice: eliminare da questi reati il contorno del legame affettivo e del rapporto coniugale. Un omicidio è un omicidio. Questo ci porta a una seconda considerazione di ordine culturale: la donna è ancora gravata del concetto secondo il quale è proprietà dell’uomo, sia esso il fidanzato, il marito o il padre. Dico culturale, perché il settore legislativo ha fatto grandi passi avanti, dal “delitto d’onore” alle leggi odierne. Eppure, rimane di fondo questa subalternità della donna, che viene espressa, ogni tanto nelle sentenze dei tribunali e anche della Cassazione. Le istituzioni hanno questo compito: dare consapevolezza alle donne dei propri diritti e di attuare tutti gli strumenti per contrastare e cambiare questo modo di pensare di questi uomini, agendo soprattutto sulle giovani generazioni».

Il “femmicidio” è l’estrema conseguenza delle forme di violenza esistenti contro le donne e spesso è preceduto da una serie di violenze continuative nel tempo: è possibile che non si siano trovati ancora strumenti efficaci per tutelare la donna?
«A breve, così ha promesso la Ministra Fornero, l’Italia ratificherà la Convenzione di Istanbul, la convenzione del Consiglio d’Europa contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, che prende il nome dalla città turca dove è stata messa a punto nel maggio 2011. Questa convenzione, aperta alla firma l’11 maggio del 2011, costituisce il più importante trattato internazionale nato per contrastare questo fenomeno. Tra i suoi principali obiettivi ha la prevenzione della violenza contro le donne, la protezione delle vittime e la perseguibilità penale degli aggressori. Ma, e trovo questo fondamentale, la Convenzione mira da un lato a promuovere l’eliminazione delle discriminazioni per raggiungere una maggiore uguaglianza tra donne e uomini e riconosce la violenza sulle donne come una “violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione”. Una vera innovazione che fa di questa Carta un importante passo in avanti per il contrasto alla violenza contro le donne e potrà essere allargata alla firma dei paesi non europei, inserita nei programmi di vicinato dell’Unione Europea».

Link utili:
Irma – Il portale delle Pari Opportunità del Comune di Torino
Da Istanbul a Torino


Cosa pensate delle parole dell’Assessore Spinosa e della questione della violenza sulle donne?

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Categorie: Cultura

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