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17 Giugno 2011

Libera contro il Mintauro

Dopo gli arresti di mafiosi in tutto il nord, la parola a Maria Josè Fava, a capo del presidio piemontese dell’associazione fondata da don Ciotti…


Viviana Villani

Dopo gli arresti di mafiosi in tutto il nord, la parola a Maria Josè Fava, a capo del presidio piemontese dell’associazione fondata da don Ciotti.
Lo scorso 8 giugno ha avuto il suo apice l’operazione Minotauro, con più di 151 arresti di ‘ndranghetisti tra Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna. Digi.TO ha voluto incontrare la responsabile di Libera Piemonte Maria Josè Fava, per fare il punto della situazione su questo fenomeno e raccontare i 16 anni di attività dell’associazione.

Partiamo dall’attualità, questa operazione Minotauro…
«Ha portato a 190 indagati e 140 persone in tutela cautelare, tutti membri della ‘ndrangheta. Tra di loro c’è l’ex sindaco del comune di Leinì, che è stato raggiunto da ordinanza per concorso esterno per associazione mafiosa. Il procuratore Caselli ha affermato che esistono frequentazioni tra esponenti della ‘ndrangheta e alcuni esponenti politici, sottolineando ovviamente che il malaffare non riguarda tutta la politica e non bisogna generalizzare. Noi come Libera diciamo che c’è un rapporto fra etica e politica e morale e politica. Gli “avvicinamenti” sarebbero da evitare in qualsiasi modo, soprattutto se i soggetti sono a conoscenza della situazione. Libera chiede da sempre che non vengano candidate persone rinviate a giudizio o condannate per reati di stampo mafioso o delitti contro la pubblica amministrazione. Se una persona ha delle questioni aperte si deve fare da parte».

Tutto ciò a conferma che le infiltrazioni mafiose ci siano anche al nord e in Piemonte…
«Sì, i beni confiscati nella nostra regione sono 135. Le mafie guadagnano al sud però poi hanno bisogno di rinvestire e pulire il denaro al nord, sono un fenomeno europeo e mondiale. Sono interessate alle economie legali, si inseriscono negli appalti pubblici per avere denaro, potere e controllo del territorio: è così che arrivano ad occuparsi di rifiuti, traffico di droga, tratta di esseri umani, mercato degli organi, traffico di animali rari. Ovunque ci sia una possibilità di arricchimento la mafia si inserisce. Oggi può sembrare più facile parlare di mafie in Piemonte dopo l’operazione Minotauro. Ma noi come Libera lo diciamo da molto tempo».

Come si entra in contatto con la ’ndrangheta?
«Ci sono situazioni in cui le persone cercano dei canali per ottenere qualcosa ma anche le mafie cercano le persone. La mafia cerca accordi con l’imprenditoria e la politica. Il presidente di Avviso Pubblico, il dottor Carpinati dice che può esistere una politica senza mafie ma non può esistere una mafia senza politica».

Qual è l’immagine che hanno i giovani della mafia?
«Fra i giovani spesso purtroppo c’è la convinzione che la mafia sia “rispettosa”. Pensano ad una mafia che non tocca le donne e i bambini. In realtà le organizzazioni criminali fanno i loro interessi, cercano solo soldi e non guardano in faccia nessuno. Sciolgono nell’acido i bambini come il piccolo Di Matteo. Le mafie non rispettano nessuno».

Ricordiamo quando e perché nasce Libera.
«Libera è nata nel 1995 come risposta della società civile alle stragi del 1992 e del 1993, quando morirono Falcone e Borsellino e ci furono le bombe a Roma, Firenze e Milano. Immediatamente dopo questi eventi vi fu molto sdegno e clamore ma poi, come spesso accade nel nostro paese, l’attenzione diminuì perché non vi furono più attentati. Così nel 1995 Don Ciotti riunì varie realtà sociali per dare una risposta al silenzio che stava calando. Libera è stata creare per educare e formare i giovani, affinché tutti possano occuparsi della lotta alle mafie e sconfiggerle».

Su quali pilastri si fonda Libera?
«Per Libera sono fondamentali la memoria e l’impegno. Noi ricordiamo tutte le vittime innocenti delle mafie, ben 800, il primo giorno di primavera, come segno di speranza, ogni anno in una città diversa. Lì abbracciamo i famigliari delle vittime di mafia, che spesso hanno trasformato il dolore in impegno e sono diventati responsabili di Libera su territori difficili come Castel Volturno o Trapani. Il 70% di queste persone non sa ancora chi sono stati i reali mandanti o i reali esecutori delle tragedie che hanno portato via i loro cari. La memoria però senza impegno non ha senso e l’impegno di Libera è prima di tutto sui beni confiscati alla mafia; ad esempio dai terreni noi ricaviamo e produciamo olio, pasta, farina e miele, un circolo economico nuovamente virtuoso che dà molto fastidio alla mafia. Ed è bellissimo vedere come molti giovani abbiano scelto di andare a lavorare sui quei terreni, rompendo con la cultura della paura e dell’omertà».

Come si può collaborare con Libera?
«Si potrebbe iniziare partecipando a “E!State liberi”, campi in cui i giovani si impegnano tra i sei e i dodici giorni a ristrutturare i beni confiscati. In Piemonte c’è il campo alla Cascina Caccia a San Sebastiano da Po (nella foto, n.d.r.). È un esperienza unica di formazione e lavoro. Noi del gruppo poi siamo sempre disponibili ad incontrare i ragazzi, ad ascoltarli, anche attraverso i vari presidi presenti sul territorio».

Link utili:
Libera Piemonte 
Campi “E!State liberi”

Voi fareste partecipereste ad uno del campi estivi di Libera? Cosa pensate delle loro attività?

 

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Categorie: Cultura

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