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14 Aprile 2013

L’arte di guerra per creare dibattito

A Biennale Democrazia incontro al teatro Vittoria sulla pittura nella sua funzione di rappresentazione, denuncia o esaltazione della peggiore invenzione dell’uomo


Nicola Veneziano

arte e guerra

Una delle opere di denuncia più famose sulla guerra, La Guernica di Picasso

Il titolo di questo incontro, che si è svolto al Teatro Vittoria è probabilmente il più controverso di tutta Biennale Democrazia: “Dipingere Guerre”, a cura di Fiorenzo Alfieri e Luigi Bonanate. Alla fine, sicuramente l’aspetto controverso passa in secondo piano e si dispiega il mistero di come la guerra possa essere ospite della kermesse, nell’anno dedicato all’utopia.

GUERRA E PITTURA, MONDI CHE SI INCONTRANO
«La pittura di guerra è il terzo ‘genere’ di pittura per soggetto, prima ci sono la pittura religiosa ed erotica». Con questa dovuta precisione, Alfieri e Bonanate ci introducono in questo campo dell’arte: «La forza della pittura, soprattutto della pittura di guerra, è quella di colpire l’animo attraverso la vista, turbandolo o stimolandolo in base a quello che l’opera vuole rappresentare. In molti casi l’arte ha avuto una funzione sociale e politica nel rappresentare le guerre. È importante capire il tipo di dibattito politico che l’arte sviluppa».

I MAESTRI DELL’ARTE E LA GUERRA
L’incontro ovviamente ha mostrato alcuni dei più famosi artisti, ma non solo, alle prese con questo tema universale: partendo dai giorni nostri, con Gerald Richter e la sua rappresentazione dell’attentato dell’11/9, o Min Yung, artista cinese che raccoglie l’eredità di Goya, Manet e Picasso e delle loro fucilazioni, per rappresentare una moderna fucilazione dello stato cinese, dove però tutti sono rappresentati sorridenti e disarmati. Si passa poi da Pollock, non ancora giunto al suo celebre Dripping, che riprende La Guernica di Picasso in un suo quadro intitolato ‘War’. Ovviamente non poteva mancare Guernica, il quadro forse più celebre del mondo, assieme alla Gioconda, che ha fatto per la Spagna in guerra molto di più rispetto ad altre forme di protesta.
Si passa poi da Otto Dix e la sua critica feroce alla guerra, che invece non compare nelle opere dei suoi contemporanei Balla e Severini. Una delle opere di maggior forza, che raccontano con grande brutalità l’orrore della guerra è quella degli ostaggi di Fautrier: rosee e dense figure astratte che rappresentano le teste, ormai decomposte, degli uomini che i tedeschi giustiziavano davanti all’ospedale psichiatrico dove l’artista era nascosto durante la Seconda Guerra Mondiale. Un’altra opera che merita di essere citata è i ‘Sentieri di Gloria’ di Kennington, artista inglese mandato al fronte per rappresentare la Prima Guerra Mondiale. Immagini di denuncia, anche in questo caso, che furono aspramente criticate dall’allora governo britannico.
Ovviamente spazio anche ai pittori che la guerra l’hanno esaltata: Veronese, Vasari ed El Greco, che rappresentarono tutti e tre la battaglia di Lepanto, inserendo sempre l’aspetto divino, che aiuta l’esercito europeo a respingere i mori.

CONCLUSIONI
In conclusione, quali somme tiriamo da questo incontro? «Che la pittura di guerra ha sempre avuto una sua funzione politica – conclude Bonanate – e un desiderio di generare il dibattito. In democrazia è fondamentale che ci sia dibattito. L’arte rende pubblica la questione politica, perché non c’è cosa più nociva per la democrazia del segreto. Democrazia. È questo che fa l’arte, crea politica pubblica, favorisce il dibattito».

Qual è la tua opera d’arte di guerra preferita? Secondo te, l’arte deve creare dibattito?


Link utili:

Biennale Democrazia

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Categorie: Cultura

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