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19 Marzo 2015

Un aperitivo per passare “dalle cantine a Woodstock”

Al Cap10100 l’appuntamento di InformaGiovani ha raccontato, grazie a tre esperti, come si progetta e realizza un evento culturale di successo

Matteo Fontanone

L’aperitivo informativo sugli eventi culturali al Cap10100

Mercoledì 18 marzo la sala teatro del Cap10100 ha ospitato un nuovo aperitivo informativo promosso dall’InformaGiovani di Torino in collaborazione con Daniele C di Resetfestival, intitolato Come organizzare un evento culturale, 10 regole per non sbagliare, accompagnato dallo slogan Da una cantina a Woodstock…
L’occasione è data dall’uscita online di Eventofacile, abbecedario del Comune di Torino rivolto a qualunque neofita voglia informazioni e risposte precise sull’argomento. A chiacchierare con il pubblico e a portare le loro esperienze, tre esperti del settore come Giorgia Tomatis, Matteo Negrin e Gianluca Gozzi.
In sala un bel po’ di giovani curiosi di ascoltare le impressioni e gli aneddoti di chi per lavoro organizza il divertimento degli altri.

IL CONTRASTO CITTÁ-PROVINCIA PER GIORGIA TOMATIS
In fatto di eventi, le grandi intuizioni di Giorgia Tomatis, per ora, sono due. Innanzitutto il Funeral Party, evento mensile di clubbing itinerante per cui ogni evento viene dedicato a un “morto famoso“, che si cerca di far rivivere attraverso atmosfere e proposte musicali, come quella di Andy dei Bluvertigo in occasione della serata Andy Warhol. In secondo luogo c’è l’I Scream, un festival organizzato – e qui sta il gioco di parole – nel parco dell’Agrigelateria San Pè di Poirino. L’evento, secondo la Tomatis piccolo ma ormai ben oliato, è giunto ormai alla quinta edizione e ogni anno riesce a portare in provincia nomi interessanti della musica italiana: per fare qualche nome, l’edizione 2014 ha avuto sul palco Levante, Boxerin Club ed Ex Otago.
La particolarità di gestire eventi in città e un festival in provincia sta proprio nel percepire la differenza che intercorre tra le due situazioni. Lavorare con il pubblico della provincia, dice la Tomatis, è difficile ma formativo; in città invece la comunicazione è facile, il tamtam funziona sia tramite passaparola che con la pubblicità nei circuiti social media, tutto sembra più agevole.
Il compito più arduo con cui si può misurare chi fa il suo mestiere, conclude, è riuscire a selezionare il giusto pubblico per l’evento.

MATTEO NEGRIN E LA RICERCA SUL TERRITORIO
Viene introdotto come organizzatore di eventi, in realtà Matteo Negrin è prima di tutto un ottimo musicista conosciutissimo in città. Si occupa di musica popolare, jazz e classica, ma riscuote molto successo insieme a Guido Catalano e Federico Sirianni con il format a cadenza mensile del Grande Fresco.
La sua filosofia organizzativa prescinde dalla “serata” e solitamente punta a costruire un percorso ampio, partecipato e durevole con un determinato spazio. Lo chiama “evento diffuso sul territorio” e può essere Mozart suonato a San Salvario o un festival nel raggio dei 101 comuni di Langhe, Roero e Monferrato. Di un territorio, soprattutto se così vasto, vanno capite le esigenze: l’organizzatore è tenuto a vendere la sua idea, il suo evento come un’occasione da cui tutti – istituzioni e sponsor – trarranno benefici.
Il primo problema che secondo Negrin un eventuale organizzatore deve porsi non riguarda tanto la selezione musicale quanto i soldi. Senza budget non si possono avere sicurezze né meditare programmazioni artistiche: quindi servono gli sponsor e i partner, di cui si devono calcolare gli interessi in gioco.
L’organizzatore è infine per natura uno spericolato e pur di portare a termine un evento ben riuscito farebbe di tutto: Negrin, per catturare l’attenzione di Repubblica, ha fatto suonare un quartetto d’archi in un sexyshop di San Salvario. Termina il suo intervento dicendo che per fare un lavoro del genere è fondamentale avere intuizione.

GIANLUCA GOZZI, COLONNA PORTANTE DELLA SCENA TORINESE
Definire Gozzi in poche parole è opera ardua, nemmeno lui ne è in grado.
Davanti al pubblico del Cap parla di sé e della straordinaria esperienza di Spazio211, aperto all’inizio degli anni ’90 in via Cigna, dove all’epoca c’erano soltanto siringhe, degrado e periferia sterminata. Fin dai primi anni Spazio211, vera e propria leggenda della musica indipendente, ha maturato un’idea di evento la cui proposta musicale non fosse rassicurante ma nemmeno snob. “Pop”, la definisce Gozzi, anche se forse è un po’ troppo riduttivo. Il suo obiettivo era quello di un locale che potesse essere frequentato dall’universitario e dallo squatter, in una parola, inclusivo. Negli anni poi è nato Spaziale, festival leggendario almeno quanto le mura e i giardini che lo ospitavano.
Sul più bello, nel 2011, Gozzi cambia tutto e si sposta al Blah Blah, in pieno centro. Originariamente era un cinema, adesso è uno spazio aperto 24 ore al giorno in grado di offrire qualsiasi tipo di intrattenimento, dove Gozzi si occupa di tutto: dalla parte artistica alla ristorazione, dalla contabilità alla gestione del personale, dalla produzione fino, ovviamente, alla promozione degli eventi.
Le sue riflessioni sono più ciniche e disilluse rispetto a quelle degli altri. Tipico di chi ce l’ha fatta, sconsiglia al pubblico in sala di diventare organizzatori di eventi. Parla di talento, di quanto sia antidemocratico e impietoso per chi non lo possiede e avanza infine una suggestione, un oracolo. Il concerto del futuro, dice Gozzi, è un happening; è finito il tempo in cui la musica era pubblico-band-applausi, adesso è un momento di socialità e socializzazione.
Se lo dice lui, che da venticinque anni rappresenta il meglio della Torino di notte, c’è da fidarsi.

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Categorie: Cultura

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