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22 Marzo 2016

Campo di volontariato in Palestina: un’esperienza unica

Il racconto di un giovane torinese che ha vissuto dieci giorni in un’azienda agricola vicino a Betlemme

Emiliano Trucco

Il lavoro di raccolta delle olive il Palestina

Il lavoro di raccolta delle olive il Palestina

Sono partito per la Palestina a ottobre 2015 per accompagnare la mia compagna, antropologa dell’Università di Torino, che ha vinto una borsa di studio di sei mesi all’Università di Nablus. Ho 34 anni e per tanti motivi non avevo mai fatto esperienze di vita all’estero, ma sentivo che questa era la volta buona: non è mai troppo tardi si potrebbe dire in questo caso.
La Palestina mi ha sempre affascinato perché è un luogo ricco di storia, terreno di incontro e di scontro tra religioni e culture. Inoltre negli ultimi tempi la questione palestinese è tornata alla ribalta e io volevo avere la possibilità di viverla in prima persona portando il mio piccolissimo contributo alla causa della comprensione.

Prima di partire ho cercato associazioni di volontariato che operano sul territorio e grazie al sito di Torino Giovani ho scoperto le attività dello Sci – Servizio Civile Internazionale, che tutti gli anni organizza campi di volontariato (esperienze di cui Digi.TO parla in questi articoli) per aiutare i contadini palestinesi nella raccolta delle olive, uno dei momenti più delicati e importanti per l’agricoltura locale.
La terra rocciosa e il clima caldo e secco sono perfetti per questa pianta che cresce qui da migliaia di anni. I palestinesi usano l’olio per condire la za’atar, il lebanon e varie salse come humus e motabbal, ma ne usano anche le proprietà cosmetiche per preparare saponi e prodotti per il corpo. Questo rito millenario negli ultimi anni è proseguito attraverso moltissime difficoltà a causa dei continui attacchi da parte dei coloni israeliani e dal tentativo di costruire nuovi insediamenti colonici sui terreni degli agricoltori.

Lo Sci collabora con Tent of Nations, un’azienda agricola a pochi km da Betlemme, dove Daoud Nasser e la sua famiglia portano avanti una battaglia legale contro lo stato israeliano da 25 anni.
Dopo gli accordi di Oslo del ’93 i 100 acri di proprietà della famiglia Nasser sono stati dichiarati zona C, sotto il totale controllo delle autorità israeliane, che aspirano a costruire nuovi insediamenti su questi terreni. La collina di Tent of Nations è già circondata da cinque insediamenti di coloni, vere e proprie città dove vivono migliaia di persone; questi insediamenti sono stati dichiarati illegali dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu e dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia. Grazie alla presenza costante di volontari provenienti da tutte le parti del mondo, negli ultimi anni la fattoria non ha subito attacchi diretti, cosa che invece succede molto spesso agli altri contadini della zona. Ciononostante, i problemi che ogni giorno bisogna affrontare a Tent of Nations sono moltissimi: rete idrica ed elettrica non esistono, la strada di accesso è stata distrutta due volte e bloccata con enormi massi, diverse volte sono stati sradicati alberi da frutto e ulivi.
Tutte queste difficoltà sono state superate grazie alla creatività dei Nasser, che hanno costruito vasche di raccolta dell’acqua piovana e pannelli solari per l’energia, rendendo la fattoria praticamente autosufficiente dal punto di vista energetico e ambientale.

Il gruppo di volontari

Emiliano (seduto davanti) e il gruppo di volontari che hanno partecipato al campo

Nonostante le difficoltà dovute alla situazione politica, il campo di volontariato di 10 giorni è stato un’esperienza davvero unica. Il gruppo di volontari era composto da 9 persone provenienti da tutta Europa, con i quali ho condiviso momenti di lavoro intensi, serate davanti al fuoco fumando la shisha (il narghilè tipico palestinese) e visite alle città palestinesi vicine come Hebron, Betlemme e Ramallah.
La famiglia Nasser accoglie i volontari e gli ospiti come se fossero parte della loro famiglia, in modo spartano ma autentico. Noi volontari avevamo a disposizione le caverne scavate nella roccia dove la famiglia viveva fino agli anni ’70, che ancora oggi funzionano come condizionatori naturali, calde d’inverno e fresche d’estate. Quella in cui ero sistemato io era la camera da letto dei nonni di Daoud, stupendamente affrescata da un artista norvegese con scene e simboli tratti dalle tre grandi religioni presenti in Palestina: Islam, Cristianesimo ed Ebraismo.
Il lavoro è stato duro ma ci ha dato moltissime soddisfazioni: abbiamo raccolto le olive che serviranno a fare lo splendido olio di Tent of Nations, ci siamo presi cura degli animali della fattoria e abbiamo piantato 3.600 piantine di vite donate dagli amici internazionali della famiglia Nasser.

Ma la cosa più importante è stata vedere e documentare le durissime condizioni in cui sono costretti a vivere e lavorare molti contadini palestinesi. Come diceva sempre Daoud Nasser, “venite, vedete e tornate a casa per raccontare quello che avete visto”.

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Categorie: Intercultura

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