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3 Novembre 2016

Con Crime Torino è capitale della criminologia

Intervista ad Angelo Zappalà, ideatore della rassegna che fino al 6 novembre porta sotto la Mole esperti, protagonisti di fiction e giallisti, ma attenzione al “fascino del crimine”

Alessia Galli della Loggia

Da domani a domenica a Torino il festival della criminologia

Da domani a domenica a Torino il festival della criminologia

Tre giornate dedicate ai vari aspetti della criminologia con incontri, laboratori, rassegne e spettacoli dislocati in vari punti a Torino da domani a domenica: è il festival Crime, manifestazione senza precedenti in Italia. Per saperne di più abbiamo intervistato l’ideatore e direttore, lo psicologo e psicoterapeuta Angelo Zappalà.

Come nasce il festival?
«Occupandomi da 17-18 anni di criminologia ho pensato di organizzare un festival a più livelli di approfondimento, rivolto sia al grande pubblico sia ai professionisti del settore, in modo che ognuno possa crearsi il proprio percorso all’interno della manifestazione. Il format prevede diverse location, conferenze, reading, mostre e, fatta eccezione per le proiezioni cinematografiche, tutti gli eventi sono gratuiti. L’impegno e lo sforzo organizzativo impiegato nella realizzazione di questo festival è uno stimolo per riproporlo ogni anno con il coinvolgimento di esperti della criminologia nazionali e internazionali, protagonisti di fiction, giallisti e giornalisti».

Si parla di criminologia a tutto tondo…
«Sì, non volevo attribuire al festival una visione monotematica, anzi mi interessa fornire un’esplosione di argomenti per interessare tutto il pubblico. Inoltre non limitarsi a un solo argomento lascia spazio e libertà alla disciplina».

Sono sempre di più le fiction e le serie tv dedicate al crimine: com’è visto tutto questo dalla criminologia?
«L’interesse dell’essere umano nei confronti di morte e crudeltà c’è sempre stato, in fondo piace a tutti vedere un temporale dai vetri di casa propria. Oggi, dal punto di vista della scrittura e della sceneggiatura hanno una capacità travolgente non da poco».

Quali sono però gli effetti sul singolo?
«Prendo ad esempio Gomorra, di cui io stesso sono fan: questa serie mi ha stregato dopo solo 5 minuti e proprio negli ultimi giorni ho letto che l’effetto degli adolescenti su quei territori è l’emulazione dei personaggi. Dieci anni fa circa uscì un libro in America dove si spiegava che i mafiosi, dopo l’uscita de Il Padrino, si ispirarono agli atteggiamenti del film: è un gioco di rimandi diabolico sia per gli adolescenti sia per i criminali stessi. In Gomorra la polizia compare raramente e viene automatico identificarsi in un personaggio. Gli effetti di emulazione si hanno su chi ha poca capacità critica. Le ricerche in merito alla trasmissione di violenza in tv sostengono che non si verifica un effetto catartico in quanto la violenza manifestata non ha un ruolo di sfogo, anzi aumenta gli schemi cognitivi e comportamentali dell’aggressività».

Qual è quindi il metodo migliore nell’approccio alla criminalità, come spettatore e come studioso?
«Come spettatore consiglio di guardare senza ragionare. In veste di psicologo e psicoterapeuta invece alla fine dell’episodio cerco di dare una lettura critica. Mi viene in mente la prima puntata della settima stagione di The Walking Dead: c’è una scena di violenza estrema, umiliazione psicologica, una visione traumatica. Per quanto riguarda il mio approccio allo studio dei crimini reali, da criminologo posso dire di aver conosciuto centinaia di omicida, stupratori e pedofili. Fa effetto incontrarli e tutta questa violenza non può non avermi influenzato, ma non saprei dire in che modo. Il mio non è un lavoro come un altro, però non mi sento più cinico, anche se preferisco lasciare agli altri il giudizio».

Quali consigli vuole dare ai giovani aspiranti criminologi?
«Dico che non si immaginano mai realmente la mole di studio che li aspetta, non bastano le fiction o i libri gialli per diventare criminologi, serve studio delle statistiche, dell’inglese per la lettura delle riviste internazionali, rimanere costantemente aggiornati. Ai giovani in generale consiglio perciò di seguire una strada che li porti a fare ciò che piace davvero e di non perdere la speranza in sé stessi e nel futuro. Se potessi tornare indietro sceglierei sempre questo lavoro: quando mi sono iscritto a psicologia una professoressa mi disse di lasciar perdere la criminologia perché non ero portato. Se avessi ascoltato quel consiglio oggi non farei ciò che realmente mi piace ed è un lusso fare della propria passione un mestiere».

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Categorie: Cultura

Commenti (1)

  1. marisa brigantini ha detto:

    troppi temi nello stesso tempo..ed è difficile spartirsi in più pezzi per seguire tutto..o quasi…

    un giorno in pìù e meno sincronia…grazie Marisa Brigantini

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