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29 Settembre 2020

Punk Rock Addio: intervista ad Andrea Manges

Il cantante della leggendaria band punk ci rivela la genesi del nuovo album con uno sguardo al passato, al presente e al futuro della scena italiana

Gabriele Costa

Foto in bianco e nero di 4 uomini con maglia a righe e giacca di pelle - Manges

I Manges (Andrea è il secondo da destra)

Per chi è un appassionato di punk rock, i Manges sono una vera e propria istituzione. Dal ’93 ad oggi, con quasi trent’anni di attività sulle spalle, la band di La Spezia formata da Andrea, Mass, Manuel e Mayo ha fatto il giro del mondo condividendo in America ed Europa palcoscenici con gruppi come Bad Religion, Queers, Marky e CJ Ramone, Screeching Weasel e Descendents, solo per citarne alcuni.
Abbiamo fatto una chiacchierata con il cantante e chitarrista Andrea Manges in occasione dell’uscita dell’ultimo album della band, Punk Rock Addio, pubblicato il 25 settembre.

Com’è il disco?
«È molto diretto ed energico rispetto a cose più addolcite che abbiamo fatto recentemente. Questo anche perché l’ho scritto insieme a Manuel, il batterista: ci siamo trovati in sala prove faccia a faccia partendo da zero con un riff, un’idea e sviluppandola insieme. Questo processo, a differenza di quando scrivo le canzoni da solo, ha reso tutto molto più immediato. L’album è stato prodotto a Roma dai produttori dei Giuda, band che stimiamo molto. È andato tutto molto bene e per fortuna abbiamo finito di registrare prima del lockdown».

Contiene qualche canzone a cui ti senti particolarmente legato?
«Mi piacciono tutte, ma Tootsie Rolls ha un sound diverso rispetto alle altre, un esperimento che ho scritto da solo e di cui sono molto contento. Tra le altre c’è Off My Tree, scritta da CJ Ramone ma che lui non ha mai pubblicato. Ce l’ha fatta ascoltare e abbiamo registrato la nostra versione».

Com’è nata la vostra collaborazione con CJ Ramone?
«Ci siamo conosciuti una decina d’anni fa, facendo concerti in giro per l’Italia insieme. C’era stima reciproca, gli abbiamo chiesto di fare il singolo insieme e lui ha accettato. Quando c’è stata l’occasione di fare il live CJ Ramone & The Manges a Bergamo, il legame che si è creato condividendo il palco con la stessa band ha portato a un’amicizia. Per noi è stata una grande emozione, immagina che quando sei un ragazzino in cameretta ascolti il tuo gruppo preferito e strimpelli la chitarra puoi solo sognare che possa succedere una cosa del genere! Noi nasciamo e rimaniamo fan dei Ramones».

Punk rock addio sarà il vostro ultimo album?
«No, il titolo è provocatorio, in realtà rispecchia più un nostro stato d’animo. Vogliamo approcciare le cose diversamente, le consuetudini della scena punk dopo 25 anni ci hanno stufato. L’addio del titolo viene da un pezzo del disco, Vietnam Addio, che parla di come affrontare le cose dopo tutti questi anni».

Recentemente siete apparsi nel documentario sul punk italiano La scena: credi che questa esista ancora?
«Anche se agli occhi di un ragazzino un genere musicale che esiste da quarant’anni e che ascoltano i papà probabilmente non ha lo stesso fascino che aveva una volta, io credo che una scena ci sia ancora. Sento parlare molto spesso in maniera nostalgica degli anni ’90, quando c’erano produzioni abbastanza piccole e disorganizzate. Adesso il panorama è vivo, con l’avvento di Internet e dei social, la gente sta facendo cose molto belle. Probabilmente si parlerà di questi anni con nostalgia. La situazione è molto vivace, tra le band attuali ci sono i Teenage Bubblegums, che sono tra i miei preferiti in Italia. C’è anche un nuovo gruppo di Torino, i Komet, che stanno per pubblicare un nuovo disco ed è uno dei più belli che abbia sentito negli ultimi anni».

Tu sei uno dei fondatori del Punk Rock Raduno: com’è nata questa iniziativa?
«Cinque anni fa è sorta la possibilità di fare un festival annuale a Bergamo e ci hanno proposto di organizzare un evento per la mia etichetta, la Striped Music. Però ho voluto crearne uno dove chiunque facesse parte della scena punk europea si sentisse a casa, una piattaforma che funzionasse come vetrina per tutte le etichette che volevano partecipare. Il festival è gratuito e non abbiamo il pensiero al profitto. Ogni anno è cresciuto ed è sempre stato divertente».

Come può ripartire la musica dopo questo periodo?
«Sarà difficile perché c’è stato un contraccolpo, non si sa quanti locali sopravviveranno all’anno prossimo. Durante il lockdown si sono mosse tante cose con lo streaming e i podcast. Ho visto una nuova aggregazione, un nuovo spirito da parte di tanta gente che si è resa conto di cosa può perdere da un giorno all’altro. Non so fare previsioni, ma non vedo l’ora di ritrovarci sotto il palco».

 

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