Home » Cultura » Capa in Color: il secondo dopoguerra a colori

12 Ottobre 2020

Capa in Color: il secondo dopoguerra a colori

Fino al 31 gennaio 2021 i Musei Reali ospitano un’esposizione dedicata alle fotografie meno note del maestro ungherese

Adele Geja

Strada con contadini a piedi e convoglio militare - Capa in Color

Uno degli ultimi scatti di Robert Capa, in Indocina

Da qualche settimana nelle sale di Palazzo Chiablese è stata inaugurata Capa in Color, la mostra che espone per la prima volta in Italia gli scatti a colori di Robert Capa, pseudonimo di Endre Ernő Friedmann (1913-1954), il fotografo ungherese maestro delle immagini di guerra in bianco e nero.
L’esposizione, visitabile fino al 31 gennaio 2021, esplora invece il forte ma poco conosciuto legame di Capa con la fotografia policromatica – iniziato nel 1938, mentre documentava il conflitto cino-giapponese – proponendo ai visitatori un percorso sulla società del secondo dopoguerra con oltre 150 immagini, lettere personali, appunti e pagine tratte dalle riviste su cui furono pubblicati alcuni suoi scatti.

Si inizia dalle poche fotografie a colori scattate durante la Seconda Guerra Mondiale, raffiguranti truppe e marinai americani che attraversano l’Atlantico nel 1941, soldati inglesi su una nave diretta a Casablanca nel 1943 e su un convoglio partito dalla Tunisia e diretto in Sicilia nello stesso anno. Probabilmente Capa non impiegò più pellicole a colori per il resto del conflitto, apparentemente scoraggiato dalla combinazione della bassa velocità dell’otturatore, i lunghi tempi di elaborazione e l’alternante committenza da parte delle riviste.

Proseguendo nell’esposizione si incontrano gli scatti realizzati nel 1947 durante un viaggio in Unione Sovietica, dove si recò in compagnia dello scrittore John Steinbeck per realizzare un reportage che dimostrasse il contrasto tra la retorica della guerra fredda e la vita della gente comune. Il risultato del viaggio fu il libro A Russian Journey, con immagini di Mosca e dei kolchoz in Ucraina e Georgia, poi pubblicate anche su numerose riviste.

La mostra ospita diversi reportage realizzati da Capa durante altri viaggi, come quelli in Ungheria, Marocco, Stati Uniti, Inghilterra, Norvegia e Israele. Le fotografie scattate in quest’ultimo paese sono le più interessanti e riscossero anche all’epoca parecchio successo: furono infatti pubblicate su tutte le maggiori riviste illustrate di attualità. Gli scatti, frutto di tre soggiorni compiuti tra il 1948 e il 1950 (di cui uno in compagnia dello scrittore Irvin Shaw) ritraggono i lavori di ricostruzione e nelle campagne, i volti degli immigrati, il fenomeno dei kibbutz e le numerose celebrazioni ebraiche, con lo scopo di documentare il processo di transizione della nuova nazione e l’afflusso dei rifugiati provenienti dall’Europa e dai confinanti paesi arabi.

La mostra prosegue con una serie di sale dedicate alla società dei decenni postbellici: dalle fotografie dell’affascinante e glamour mondo borghese – immortalato nelle località sciistiche delle Alpi austriache, francesi e svizzere, nei salotti romani o sulle spiagge francesi di Deauville e Biarritz – ai servizi di moda lungo la Senna, dai ritratti di Ernest Hemingway e Pablo Picasso alle immagini dei set cinematografici con Ingrid Bergman, Orson Welles e John Houston.

In una delle ultime sale sono ospitate le immagini scattate da Capa per il servizio Generazione X, realizzato per l’agenzia Magnum alla fine del 1949 con i fotografi Chim, Cartier-Brésson e Eve Arnold. Ognuno di loro aveva il compito di ritrarre un ragazzo o una ragazza originari dei paesi in cui stavano lavorando o avevano lavorato, ponendo loro domande sulla propria vita, sulla famiglia, su pensieri personali e aspirazioni. Si ottennero così 23 ritratti di giovani uomini e donne provenienti da 14 paesi.

L’esposizione si conclude con gli ultimi scatti di Capa, realizzati in Indocina per la rivista Life nella primavera del 1954, dopo aver abbandonato i servizi più leggeri per le riviste per tornare alla sua vera passione, ovvero la fotografia di guerra. Proprio mentre lavorava a questo reportage, Capa perse la vita il 25 maggio 1954, quando, dopo aver lasciato il convoglio su cui stava viaggiando, proseguì da solo per fare alcuni scatti ai soldati che avanzavano nei campi. Rimase ucciso calpestando una mina, mentre si arrampicava su un argine per tornare sulla strada.

 

Tag: , , , , ,

Categorie: Cultura

Lascia un commento