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21 Marzo 2011

Con Napolitano tra i giovani al Regio

L’incontro della città con il Presidente della Repubblica nel più prestigioso teatro di Torino raccontato da due nostre inviate

Silvia Calvi ed Erika Guerra

Il Teatro Regio gremito in occasione della visita del Presidente Napolitano

Il sole sorride sopra piazza Castello, nel tiepido mattino del 18 marzo.Finalmente privo di nuvole, il cielo accoglie radioso lo sventolare dei tricolori, festeggiando con la ritrovata primavera l’apertura ufficiale dei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unitá d’Italia.
Un formicolio variegato e trepidante d’attesa riempie i portici della piazza, di fronte al teatro Regio. Flash di macchine fotografiche, penne che appuntano frettolose dichiarazioni, un tappeto rosso steso davanti all’entrata con una misteriosa scultura coperta da un telo nel suo mezzo. Lo scenario di attesa per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si presenta in questo modo, tra toni solenni, coccarde tricolori e la discreta curiosità dipinta sul volto dei passanti.
«Come si faceva ad ottenere l’invito per il discorso del Presidente? – ci chiede una signora munita di macchina fotografica, appostata fuori dal teatro – Non sono riuscita a procurarne uno ed è un vero peccato: mi sarebbe piaciuto molto ascoltare il discorso di Napolitano per i 150 anni della nostra Italia, nella mia bella città».

Non facciamo in tempo a rispondere, che l’usciere ci invita ad entrare e a prendere posto nella solenne cornice del Teatro Regio. Una platea gremita di smoking e abiti da cerimonia si riempie sotto ai nostri occhi, accompagnata dagli immancabili toni verdi, rossi e bianchi. Politici, giornalisti e autorità sfilano in massa compatta a costituire le prime file, subito seguiti dai jeans e le felpe sportive degli studenti dei licei torinesi, il volto giovane di un pubblico più che mai eterogeneo.

Il mormorio e l’agitazione in sala si fanno sempre più evidenti in seguito a qualche annuncio a vuoto sull’arrivo dell’ospite d’onore, ma poi tutti, anche i giovanissimi, esplodono in un caloroso applauso al tanto atteso ingresso del Presidente. Dal suo discorso, e da quello delle altre autorità presenti, emerge il significato di queste celebrazioni, che intendono cogliere il percorso fatto dall’Italia e dagli italiani in questo secolo e mezzo di storia, con i suoi grandi personaggi e con i momenti bui. Torino viene descritta come una città ricca di storia e allo stesso tempo aperta al futuro e al continuo rinnovamento: meta per i sognatori di metà Ottocento che volevano l’Italia unita, poi per i lavoratori del Sud che cercavano un impiego migliore e successivamente per gli stranieri, viene presentata come un luogo che fa dell’incontro tra esperienze e culture diverse uno dei suoi punti di forza.

Questo suo essere simbolo di continuità tra passato e futuro e i complimenti fatti da Napolitano ai risultati ottenuti nella gestione e organizzazione delle celebrazioni vengono accolti con frequenti applausi e anche da qualche sventolio di bandiere tricolore da parte di uno spettatore particolarmente partecipe. L’orgoglio cittadino acceso dal discorso e il desiderio di essere parte di un piccolo pezzetto di storia coinvolgono tutti, soprattutto i ragazzi presenti, che insieme al resto della platea applaudono fieri e dimostrano che – nonostante tutto – questo evento è sentito anche tra le nuove generazioni, attente a celebrare il passato, ma proiettate più che mai verso i centocinquantanni venturi.

Un “Inno alla Gioia” intonato dall’orchestra del Regio chiude infine il discorso, mutando definitivamente in festa gli interventi delle autorità e lo sfilare ormai disordinato degli spettatori, ansiosi di uscire per incontrare in piazza – ancora una volta – il Presidente Napolitano.
Non ci avventuriamo tra la folla in piazza Castello, preferendo una pausa appena fuori dal teatro, di fronte ad una scultura ormai priva del velo che la copriva. Piuttosto basso, tarchiato e con i suoi occhialetti tondi, un Cavour di gesso sorride sornione tra i passanti, ora più incuriositi che mai. La postura severa di un uomo d’affari avvolto nel suo cappotto si ammorbidisce nello sguardo indulgente, comprensivo, che solo un genitore – di una nazione, in questo caso – può assumere di fronte ad un figlio ormai cresciuto, tra conquiste ed errori durati un secolo e mezzo.

Avete seguito il discorso del Presidente Napolitano?

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Categorie: Cultura

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