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20 Giugno 2012

Costa D’Avorio: i campioni del Balon Mundial vogliono il poker

Intervista a Junior Konneh, capitano della formazione africana vincitrice di tre delle sei edizioni del torneo di calcio per comunità straniere

Nicola Veneziano

L’anno calcistico appena passato è stato nel segno di Didier Drogba, il bomber ivoriano che ha trascinato il Chelsea alla conquista della sua prima Champions League. Però è l’unica soddisfazione che gli “elefanti africani”, soprannome della Costa d’Avorio, hanno ottenuto nel calcio: la Coppa d’Africa è andata in Zambia (che ai rigori ha battuto proprio gli ivoriani) e la Champions  in Congo.
Per alcuni cittadini della Costa d’Avorio però qualche rivincita può arrivare da Balon Mundial, il torneo di calcio per comunità straniere in corso a Torino (nei weekend, ai campi Colletta) dove, nonostante la sconfitta nel primo turno per 2-0 con la Romania, rimangono i favoriti, forti delle tre vittorie finali conquistate in sei edizioni della manifestazione. Andiamo quindi a scoprire come la formazione campione in carica affronta quest’anno le partite parlando con il suo capitano, Junior Konneh (nella foto).

Alla sesta edizione di Balon Mundial, dopo averne vinte tre, cosa è per voi della Costa D’avorio questo torneo?
«È una certezza, rappresenta un momento fantastico dove c’è l’unione di alcune caratteristiche comuni a tutto il mondo: l’amore per il calcio, la volontà di incontrarsi ed inoltre ci vengono forniti i mezzi per farlo: campi, divise e tutto il resto. In questi sei anni la crescita di Balon Mundial è stata enorme, non solo riguardo all’organizzazione, ma a tutto quello che c’è al di fuori del campo, c’è tantissima gente ormai che segue il Balon, e a noi fa molto piacere».

Parlando di integrazione, da quanto siete in Italia?
«Da tanto. Io sono nato qui, ormai ho quasi trent’anni e non sono il solo. Molti dei nostri ragazzi più giovani sono nati in Italia e chi di noi è arrivato per ultimo a Torino si trova qui da almeno dieci anni. Ormai noi Ivoriani ci siamo integrati».

Come ha aiutato il Balon Mundial il processo di integrazione con le comunità straniere ed italiane?
«Ovviamente con la possibilità di potersi incontrare e giocare insieme. Poi ovviamente a bordo campo ci si incontra in altri modi, musica e cibo per esempio. Questo torneo ha fatto molto per l’integrazione e non ha pecche, tuttavia si potrebbe fare di più. Si potrebbe osare ancora, cercare di crescere ancora di più, non limitarsi al solo contesto locale, ma allargarsi anche a provincia, regione e, perché no, anche a livello nazionale».

Parliamo di calcio adesso, come vi siete preparati per il torneo?
«La preparazione è un po’ un problema per noi. Non dal punto di visto fisico e tecnico, ma da quello dell’organizzazione. Tutti noi giochiamo a calcio in questa o quella società, è chiaro che il tempo per incontrarsi e prepararsi è poco, ma da quel poco cerchiamo di ottenere il massimo».

Nonostante la sconfitta con la Romania, rimanete fra i favoriti. Come ci si sente a essere la squadra da battere?
«Questa sconfitta ci fa riflettere. Quando gli avversari scendono in campo danno tutto per batterci, e a volte noi pecchiamo di sufficienza e prendiamo sottogamba la partita. I romeni sono bravi e giocano tutti nella stessa squadra, a memoria. Abbiamo lasciato loro un tempo sbagliando molto sotto porta. Ma manca ancora una partita nei gironi e siamo molto fiduciosi. Rimaniamo ancora, in effetti, la squadra da battere».

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Categorie: Intercultura, Sport

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