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21 Novembre 2012

Io voglio restare

Un appello per unire una generazione che ha voglia di “cambiare il paese per non cambiare paese”, anche a Torino.

Marco Lombardo

Logo Io Voglio Restare

Il logo dell’iniziativa

Oltre trecento giovani si sono incontrati, il 10 novembre scorso, alla Fortezza da Basso di Firenze per parlare di precarietà, welfare, innovazione e nuovi modelli di sviluppo, uniti dalla voglia di “Cambiare il paese per non cambiare il paese”. È stato il primo atto di un nuovo percorso nato da un appello, che ha già superato i 1.300 firmatari grazie soprattutto alla buona risonanza nel web e a un motto molto efficace: “Io voglio restare”. Tra quei giovani c’era anche Andrea Aimar, torinese, 26 anni, laureando in Scienze Politiche.

Andrea, a chi si rivolge questo appello?
«L’appello è “Io voglio restare” perché si vuole contrapporre all’idea per cui un giovane, oggi, se vuole provare a giocarsi delle carte deve andarsene all’estero oppure non ha spazio in questo paese per farlo. Nasce dal bisogno di rappresentare nel discorso pubblico il punto di vista di una generazione, quella di chi ha oggi tra i 20 e i 35 anni, che condivide un disagio. E oggi si è creata una distanza tra la politica intesa in senso stretto e la società, come se questi due mondi non riuscissero a parlarsi».

Come sei entrato in contatto con questo progetto? Da chi nasce?
«Il progetto nasce dall’incontro di giovani di tutta Italia. Si tratta soprattutto di persone che condividono o hanno condiviso in passato l’esperienza dei movimenti studenteschi, per intenderci la generazione dell’”Onda”. L’appello non è però lanciato in senso esclusivistico, in qualche modo corporativo. Vuole portare all’ordine del giorno alcuni problemi che riguardano in modo specifico la nostra generazione, ma che sono in realtà problemi di tutti».

Quanti torinesi sono coinvolti? Che tipo di persone hai incontrato a Firenze?
«Al momento ci sono circa 60-70 firmatari di Torino. Osservando le persone che hanno partecipato all’incontro di Firenze, ho notato un aspetto interessante: se una buona metà erano persone in qualche modo conosciute e incontrate, perché attive in movimenti o associazioni, altrettante erano persone mai viste. C’erano persone che probabilmente non sono neanche abituate a impegnarsi in realtà di questo tipo, che non sono troppo avvezze all’attività associativa o politica, ma che si sono sentite coinvolte da questo appello».

Cosa avete portato a casa da questo incontro e come lavorerete adesso?
«A Firenze si è parlato di un’idea di sviluppo diversa, che può permettere di creare forme di lavoro nuove, che non prevedano forme di sfruttamento e tengano conto dei diritti, di innovazione, insomma di nuove idee per il nostro paese e per l’Europa del futuro. Adesso l’idea è di strutturare delle campagne concrete, su temi specifici, a partire dalle realtà locali. Non siamo un movimento politico in senso stretto, l’obiettivo non è quello di creare una lista o un partito, ma di segnalare dei problemi e proporre delle vie d’uscita. Si tratterà di richieste chiare, ad esempio agevolazioni nell’ambito dei servizi, dei trasporti, della cultura. Obiettivi concreti, sulla base di ragionamenti molto più ampi. Dalle prossime settimane inizieremo a incontrarci con il gruppo di Torino, tutti sono invitati a partecipare e possono contattarci tramite il sito».

Tu che “vuoi restare”, cosa diresti a un giovane che se ne va dall’Italia?
«Comprendo da un certo punto di vista la sua scelta. Ci sono alcune persone che riescono a fuggire, se lo posssono permettere, altre che non possono neanche a cercare un’opportunità in un altro paese. Questo non vuol dire che chi se ne va sia contento di farlo. Il nostro dire “voglio restare” non è inteso in senso provincialista. Se una persona decide di andare all’estero per scelta, fa sicuramente una bella esperienza. Quello che ci fa arrabbiare è che tante persone che hanno competenze, che sono state formate in questo paese debbano andare a portare il loro contributo fuori dalla nostra società. Si investe perché una persona cresca, ma se questa persona va a dare i frutti di questa formazione da un’altra parte, è un problema. Se abbiamo delle cose da dire le vogliamo dire qui e non vogliamo essere costretti ad andare da un’altra parte».

Link utili:
Io voglio restare

E voi, volete restare o volete andare?

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Categorie: Lavoro

Commenti (1)

  1. Jessica ha detto:

    Era ora che ci fossero giovani che la pensassero così!

    “Ci sono alcune persone che riescono a fuggire, se lo posssono permettere, …Quello che ci fa arrabbiare è che tante persone che hanno competenze, che sono state formate in questo paese debbano andare a portare il loro contributo fuori dalla nostra società. ”
    Queste parole mi trovano molto d’ accordo, così facendo il nostro paese rischia di morire, la nostra storia e origini, tutto va perduto anche perchè gli italiani vanno via e invece chi si insidia sono tanti stranieri. Non è un messaggio razzista, ma il problema è anzi che negli ultimi anni secondo me la politica italiana fa il razzismo al contrario! Senza poi contare che ha tolto tanti diritti, ottenuti dai nostri genitori con tante battaglie e sacrifici! IO VOGLIO RESTARE, ESSERE ATTIVA E NON RESTARE A GUARDARE UN PAESE CHE VA’ ALLA DERIVA! BELLA INIZIATIVA! Jessica.

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