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18 Gennaio 2013

Meganoidi: fra ska, punk e rock

Questa sera la band genovese sarà in concerto all’Hiroshima Mon Amour: spazio per vecchi successi e i brani dell’ultimo disco, “Welcome in disagio”

Giulia Porzionato

I genovesi Meganoidi, in concerto domani sera all’Hiroshima

Stasera i Meganoidi, gruppo di Genova fondato nel 1998 sul genere ska e punk, si esibiranno all’Hiroshima Mon Amour, presentando anche pezzi del nuovo album “Welcome in disagio”.
Per l’occasione abbiamo fatto quattro chiacchere con il chitarrista Luca Guercio.

Partiamo del vostro ultimo disco, più rock rispetto ai precedenti e dal titolo piuttosto evocativo. Qual è stata l’ispirazione?
«Fondamentalmente dall’album precedente, che segue la svolta dei Meganoidi. All’inizio il nostro genere era più punk e ska, abbiamo poi avuto un periodo più introspettivo e psichedelico, e poi più rock. “Welcome in disagio” ha colto la parte più vecchia, compositivamente più goliardica, unita alla parte più nuova, un omaggio alla storia dei Meganoidi. Per il titolo abbiamo giocato con la situazione odierna, intendendo il benvenuto al disagio come punto di partenza. Siamo fondamentalmente ottimisti».

Quali sono, se li avete, i vostri “punti fermi” in ambito musicale? Vi ispirate alla quotidianità, all’attualità o al vostro vissuto personale?
«I punti fermi artistici sono molteplici. Siamo onnivori, ascoltiamo di tutto. Prendiamo ispirazione da ciò che ci piace, per esempio i Led zeppelin o i Pink Floyd. Non abbiamo punti fermi, siamo nomadi della musica. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, ti rispondo: entrambi. Il vissuto è parte della quotidianità, nei testi convergono, come ad esempio in “Finestre aperte” o “Ghiaccio”: parlano sia di attualità sia di noi. Trattano dell’incapacità di trovare una propria individualità».

Musica e testi: ognuno scrive per sé e poi vi confrontate, oppure è un lavoro più “di squadra”?
«Per quanto riguarda la parte strumentale, ognuno arriva con le proprie idee; le stesure armoniche sono molto da band, stile anni ’70. Invece i testi li scriviamo sia da soli sia insieme, alcuni vengono di getto in tre minuti, altri hanno bisogno di più tempo».

Tornando indietro nel tempo, uno dei vostri brani più celebri è sicuramente “Supereroi”: da dove era nato? Vi aspettavate così tanto successo?
«Non ci aspettavamo così tanto successo, termine che comunque non amiamo. Questi pezzi, come anche “Meganoidi” o “Zeta reticoli”, sono fortunati perché sono popolari. La caratteristica del pop c’è anche nella composizione più alternativa. E’ vicina alla gente».

Il vostro tour è quasi un rivivere tutto ciò che avete costruito finora e la vostra storia come cantanti; perché avete deciso di ripartire dalle origini?
«Il 25 aprile 1998 ci esibivamo al Terra di Nessuno, è stato il nostro primo concerto. Dopo 5 dischi abbiamo deciso di  onorare tutta la nostra carriera. Prima, nei live, ci soffermavamo sui singoli dischi. Ora raccontiamo ciò che eravamo e siamo, è un riassunto della band. L’ultimo disco si sposa con i temi più vecchi, è un rendersi conto di ciò che c’era già prima nei live per giungere fino a ciò che siamo ora».

Quant’è importante per voi il rapporto con il pubblico?
«Viviamo di quello. E’ il 100% della vita del gruppo. Manteniamo un contatto con il pubblico, come un gruppo da saletta, ci confrontiamo con loro, non scappiamo subito in camerino, chiacchieriamo anche in mezzo a loro a fine concerto».

Link utili:
Meganoidi
Hiroshima Mon Amour

Vi piacciono i Meganoidi? Andrete a sentirli all’Hiroshima?

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Categorie: Musica

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