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8 Febbraio 2013

Arriva a Torino “Il Management del Dolore Post-Operatorio”

Domani all’Hiroshima Mon Amour il gruppo abruzzese partecipa alla serata dedicata agli artisti della Martelabel

Silvia Calvi

La copertina dell’ultimo disco de Il Management del Dolore Post-Operatorio

Li hanno definiti cantautori elettrici, anche se loro dichiarano di sentirsi estranei a qualsiasi etichetta. A discapito delle suggestioni veicolate da un nome simile, “Il Management del Dolore Post-Operatorio” sono quattro ragazzi abruzzesi che fanno musica rock, di quella scanzonata e irriverente. Testi evocativi e pungenti come lame, chitarre stridenti e ritmi strattonati tra i generi più disparati sono i must della band di Lanciano, che si appresta a solcare il palco dell’Hiroshima Mon Amour domani sera, nel contesto della serata dedicata agli artisti di casa Martelabel. Insieme al “Management” si esibirà Emiliano Audisio, ex voce dei torinesi Linea 77, mentre prima e dopo suoneranno sullo stesso stage artisti del calibro di Dellera, Giacomo Toni e 900band.
Curiosi di sapere i retroscena della buona musica che viene suonata nella nostra città, abbiamo chiacchierato con Luca Romagnoli, cantante e “fulcro compositivo” de Il Management del Dolore Post-Operatorio.

“Il Management del dolore Post-Operatorio”, un nome e una storia. C’è simmetria tra la decisione di chiamarvi in questo modo e la musica che avete prodotto?
«Il nome è nato dopo un incidente automobilistico che ha coinvolto l’intera band, costringendola ad un soggiorno forzato presso l’ospedale di Bologna. Lì il nome è nato per caso, quando abbiamo visto la locandina di una conferenza universitaria che si sarebbe tenuta presso i locali dell’ospedale. L’argomento era proprio “Il Management del Dolore Post-Operatorio”, denominazione che ci ha colpiti e abbiamo scelto come nostra. Non ci fu un intento preciso nella scelta, solo una circostanza, così come i nostri testi e la nostra musica non hanno una filosofia di base, ma nascono da impulsi esterni e crescono di canzone in canzone, come se l’intero disco fosse composto di tante piccole unità eterogenee, quanti sono i momenti differenti del sentire e del vivere di una singola persona. Ecco spiegata la discontinuità interna alle nostre tracce e ai nostri dischi».

Non esiste un’unità tematica nei vostri testi, ma possiamo dire che siano accomunati da una generica “urgenza esistenziale”?
«Diversamente dalla diffusa tendenza di “maledettismo” che accompagna molti artisti contemporanei, noi ci sentiamo “poeti benedetti”. Perché l’unica forma di originalità nell’arte, oggi, è poter esprimere il proprio sentimento senza barriere, cosa che facciamo. Il sentire degli uomini e le cose sono in continuo movimento, ma noi cerchiamo di afferrare qualche attimo, di esprimerlo. Lo riassume bene l’ultima traccia del nostro disco “Auff!!”, dove il “Numero Otto” rappresenta l’uomo comune e al contempo l’infinito, nonché l’eterno tendere del primo verso il secondo, invano. Il messaggio che declamiamo alla fine è emblematico: “La perfezione non esiste, ma dobbiamo comunque provare a raggiungerla per migliorarci”. In questo senso noi cantiamo e facciamo musica, vorremmo poter esprimere senza freni il nostro sentire e cambiare le cose dall’interno, senza andare in direzione ostinata e contraria».

Le vostre influenze  musicali?
«Ci siamo fatti influenzare da tutti e poi abbiamo preso l’antibiotico. Crediamo di essere simili a molti, ma unici al mondo. Per questo ammiriamo quegli artisti che hanno saputo imprimere la propria identità in tutto, sia nella musica sia nello stile. Allo stesso modo noi curiamo ogni dettaglio, per offrire un’immagine che ci sia sempre coerente».

La vostra musica è definita come “indipendente”. Stando a quello che avete detto fino ad ora, come vi calza questa definizione?
«Crediamo che agire al contrario di una certa tendenza non sia utile per combatterla. Il contrario è banale, scontato, non pericoloso. Come San Francesco con la Chiesa o Carmelo Bene con il mercato, crediamo che sia necessario agire dall’interno di un sistema per poterlo modificare. Noi vogliamo fare lo stesso con la musica, per questo non ci definiamo “indipendenti”. Cantare il nostro sentire, cantarlo sempre, fare in modo che venga accolto».

Link utili:
Il Management del Dolore Post-Operatorio
Hiroshima Mon Amour

Conoscete questo gruppo? Andrete a vederli all’Hiroshima?

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Categorie: Musica

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