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21 Febbraio 2013

Offlaga Disco Pax: un “gioco di società” all’Hiroshima

Max Collini, cantante del gruppo emiliano,  parla del nuovo disco e del video in uscita oggi in occasione del concerto di sabato nel locale di via Bossoli

Federica Spagone

Enrico Fontanelli, Max Collini  e Daniele Carretti sono gli Offlaga Disco Pax

Esce oggi il nuovo video degli Offlaga Disco Pax,Respinti all’uscio”, che sabato 23 febbraio, all’Hiroshima Mon Amour di via Bossoli 83, si esibiranno in concerto presentando le canzoni del loro ultimo album “Gioco di società”.
Il trio di Reggio Emilia, composto da Max Collini, Enrico Fontanelli e Daniele Carretti, si caratterizza per le sonorità che uniscono l’elettronica analogica a basso e chitarre. Punto forte della band i testi in italiano declamati anziché cantati in modo classico e le narrazioni spesso autobiografiche, sia dal punto di vista territoriale che ideologico.
In occasione del concerto e per saperne di più sul nuovo album abbiamo intervistato il cantante Max Collini.

Come si è formata la band?
«Questa è una storia molto semplice, quasi banale. Ci siamo formati nel 2003 grazie all’intuizione di Enrico Fontanelli: io in quel periodo stavo scrivendo dei racconti e avevo iniziato a mandarli alle persone che conoscevo tra cui appunto Enrico e Daniele. Allora come oggi lavoravo come geometra e un giorno Enrico si è presentato nel mio ufficio dicendo che gli piacevano molto i racconti che stavo scrivendo e che si potevano utilizzare in un modo diverso, anche Daniele ne fu entusiasta e così sono nati gli Offlaga. Ovviamente quel giorno non avevamo pensato a tutto quello che sarebbe successo dopo, ne ce lo saremmo aspettati».

Da dove nasce il nome Offlaga Disco Pax?
«Offlaga è stata la prima parola che è uscita dalla mia bocca alla domanda “come ci chiamiamo?”, è stato immediato, non so se per istinto o per un cortocircuito mentale. Offlaga è un piccolo paesino in provincia di Brescia che ho attraversato nel 2000 per caso e in cui mi sono perso mentre andavo a vedere un concerto. Quando passando per questo paese ho letto il nome Offlaga ne sono rimasto molto colpito, mi sembrava più un nome da paesino dell’est Europa. Tre anni dopo c’era da scegliere il nome del gruppo e subito mi è tornato alla memoria Offlaga. Di proposte poi ce ne sono state moltissime altre tra cui Disco Pax, che invece era una canzone di un gruppo poco conosciuto di Reggio Emilia degli anni ’80 che si chiamava Mumble. Le ipotesi per il nome rimasero queste due ma arrivata la data del nostro primo concerto non eravamo ancora riusciti a metterci d’accordo e così abbiamo deciso di mantenere entrambi e siam diventati gli Offlaga Disco Pax».

Come definireste il vostro genere musicale?
«In realtà non c’è una definizione di genere precisa rispetto a quello che facciamo. Qualcuno giocando con le parole ha definito il nostro come “elettro-narrativa-elettorale”, in modo un po’ scherzoso e ironico ovviamente. Io però direi che noi facciamo una sorta di “teatro-canzone elettronico”, con la scelta di testi e musiche molto identitarie. Sicuramente è un po’ difficile definirci ma nel tempo abbiamo comunque realizzato che quello che facciamo sono pur sempre canzoni anche se molto particolari e credo che nella sua particolarità il nostro lavoro abbia raggiunto molte persone anche senza una definizione di genere precisa».

Come create le vostre canzoni?
«In generale partiamo dal testo: io propongo una narrazione e una volta che Enrico e Daniele ritengono che sia adatta si inizia a lavorare sulle musiche o per similitudine o per contrasto. Infatti l’aspetto musicale deve “vestire” la narrazione stessa. Alcune volte però ci è capitato di avere intuizioni musicali molto interessanti su cui a posteriori abbiamo scelto un testo. Il lavoro più difficile ma anche più divertente è proprio far sposare musica e testo, con l’obiettivo di far funzionare al meglio entrambe, così che una sostenga l’altra».

Da cosa deriva il titolo del vostro nuovo album?
«Enrico, che è anche il grafico del gruppo, è stato il produttore artistico di “Gioco di società”: ha avuto l’ispirazione per il nuovo album da un vecchio gioco da tavolo degli anni Settanta che si chiamava “Corteo” e riproduceva le dinamiche di una manifestazione di piazza. Quindi ha realizzato tutte le grafiche del disco e siccome nei testi la nostra città è molto presente, sia come protagonista della narrazione che come sfondo, la città immaginaria di “Corteo” è diventata proprio Reggio Emilia. Il titolo dell’album in sé si presta comunque a molti piani di lettura visto anche il periodo storico che stiamo attraversando. “Gioco di società” ci è sembrato un titolo molto forte con un approccio minimalista e ironico. Risulta decisamente efficace unito anche alle grafiche, specialmente nella versione del vinile in cui è presente l’intero tabellone del gioco».

Vi aspettavate una risposta così positiva verso il vostro lavoro?
«Assolutamente no, infatti la nostra etichetta per “Socialismo Tascabile”, nostro primo album, stampò circa 2.000 copie e noi pensammo che fossero molto ottimisti. Quel disco poi a tutt’oggi ne ha vendute circa 12.000 , che per la musica indipendente sono numeri molto importanti e decisamente le nostre aspettative erano molto più basse. Mi avessero raccontato che dieci anni dopo dall’uscita di quel cd avremmo fatto 3 album, 400 concerti, saremmo andati a suonare a San Paolo del Brasile com’è successo l’anno scorso, non ci avrei creduto, direi che tutto questo non era proprio previsto».

Essendo un gruppo indipendente, come vedete il mercato discografico italiano?
« Una volta esisteva quella che era definita “industria discografica”, ma ho l’impressione che non sia più quella macchina da guerra che era una volta e che ora ne rimanga solo qualche rimasuglio. Esiste però una scena indipendente dove è più facile costruirsi un percorso al di fuori di queste logiche. Secondo me infatti oggi avviene un meccanismo di affezione alla musica: riescono ad avere un po’ di possibilità economiche e un po’ di mercato solo le proposte fortemente identitarie. Io credo, senza esagerare, che oggi acquistare un cd o un disco in vinile sia un atto quasi politico. Quando una cosa la puoi avere gratuitamente, pagare per averla diventa un atto di consumo responsabile per cui ci deve essere una forte adesione a un progetto musicale o a un gruppo che ti interessa, soprattutto per quello che riguarda la musica indipendente. L’acquisto di un supporto fisico, diventa inevitabilmente un sostegno ad un certo tipo d’ambiente e di musica sempre più responsabile. Questo gesto è molto più significativo rispetto a vent’anni fa in cui, a differenza dei giorni nostri, per ascoltare la musica potevi solo comprarla».

Link utili:
La pagina Facebook
Il video “Respinti all’uscio”
Hiroshima Mon Amour

 

Vi piacciono gli Offlaga Disco Pax? Andrete a sentirli all’Hiroshima?

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Categorie: Musica

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