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22 Febbraio 2013

Douglas Docker, da Disco Inferno alla fantascienza

Il musicista franco-americano fondatore del gruppo revival anni ’70 presenta domani a Moncalieri il suo nuovo progetto multimediale

Federica Spagone

Domani, sabato 23 febbraio alle ore 15, all’Audiodrome Live Club di Strada Mongina 9 a Moncalieri, i Docker’s Guild presenteranno in anteprima mondiale, durante una conferenza stampa, il cortometraggio “Darwin’s Tears”. Prodotto dalla Silos Production e girato interamente in bianco e nero con lo stile dell’Espressionismo tedesco degli anni 20, dura circa 11 minuti e racchiude l’omonima canzone “Darwin’s tears” contenuta nell’album “The mystic technocracy – Season 1: The Age of Ignorance” prodotto dalla Lion Music.
Alle 22 sempre presso l’Audiodrome, ci sarà il debutto live della band, preceduto dal gruppo spalla “Last40Days”. La serata sarà anche caratterizzata dal meet & greet con il gruppo, tanto merchandising, alcuni ospiti speciali e una ripresa dal vivo.
Per comprendere meglio il progetto “Docker’s Guild “abbiamo intervistato l’ideatore e leader del gruppo, Douglas Docker.

Come ti sei avvicinato al mondo della musica e qual è stato il tuo percorso?
«Sono mezzo americano e mezzo francese, ma ho vissuto sempre in Italia, a parte un periodo di 15 anni dove ho girovagato per il mondo. Ho iniziato a suonare il pianoforte classico quando avevo sette anni, nei primi anni ’70, poi mi sono anche cimentato col violino. Da bambino vivevo esclusivamente nel mondo della musica classica ed è solo quando uscì il film Grease che il rock ha cambiato la mia vita. I primi artisti che ho amato furono Elvis Presley, i Kiss, i Rockets, i Police, i Queen, gruppi con un alto senso della teatralità e dello spettacolo e che mi hanno profondamente influenzato. Il mio percorso di studi è complesso e variegato. Sono un rocker anomalo perché ho sempre avuto un piede nel mondo accademico. Sono laureato in pianoforte classico in Conservatorio, ma anche in etnomusicologia. La mia tesi aveva a che fare con la venerazione di demoni da parte dei musicisti tradizionali thailandesi ed il repertorio rituale ed esoterico ad essi connesso. Le mie prime esperienze musicali sono state concerti e concorsi come pianista classico e come violinista nell’orchestra della scuola dove studiavo. E’ solo dopo, negli anni ’80, che ho iniziato a suonare nei primi gruppetti rock e nel ’92 emigrai a Hollywood dove dopo aver frequentato il “Musicians Institute”, entrai nei “Biloxi”, gruppo rock melodico che ebbe un notevole successo in Europa e Giappone. Nel ’95 tornai in Italia e poco dopo fondai il gruppo oggi noto come “Disco Inferno”, il primo di una serie di band dedite al revival della disco music anni ’70. In seguito presi una lunga pausa dalla musica, a causa di problemi di salute. Ma nel 2008 ho ripreso le attività, creando il progetto “Docker’s Guild” e apparendo anche come special guest in alcuni progetti e gruppi internazionali e a breve uscirà anche il nuovo album delle death metallers svedesi Frantic Amber in cui sto collaborando».

Parliamo del progetto Docker’s Guild: come si compone?
«Docker’s Guild è un progetto multimediale con al centro una storia di fantascienza che ha come argomento centrale gli eccessi delle religioni organizzate, in particolare quelle monoteistiche. Non è una storia contro le religioni, ma al contrario una critica feroce di tutte le intolleranze, i fanatismi e la stupidità che circondano e nascondono il vero messaggio di qualunque percorso spirituale, che è la tolleranza e la compassione. Il primo album contiene una lunga lista di special guest di caratura internazionale quali Gregg Bissonette, Tony Franklin, Guthrie Govan, Amanda Somerville e molti altri. La formazione live è invece composta da validissimi musicisti italiani quali Anna Portalupi, Anna Petracca, Davide Ronfetto, Andrea Rampa e Salvatore Amato. Ma data la natura del progetto, negli album futuri ci saranno vari altri special guest a seconda del bisogno del brano specifico. Strutturalmente il progetto comporta 5 album che narrano la vicenda più 4 album complementari legati anch’essi alla trama generale. Il genere musicale è un prog rock/metal melodico con forti influenze AOR».

Come si evolverà la storia?
«A partire dalla stagione 2 gli eventi storici si sposteranno in un futuro sempre più oscuro e degradato, mentre una squadra di scienziati cercherà di salvare l’umanità dalla distruzione ormai sempre più vicina. Non posso rivelare il finale della storia, ma credo che sorprenderà tutti perché ci saranno diversi colpi di scena totalmente inaspettati».

Parlaci dell’album “The Mystic Technocracy – Season 1: The Age of Ignorance”
«L’album parla del decadimento dell’umanità a causa di una razza aliena il cui scopo è spazzare via la vita sulla terra, prima con gli eventi di estinzione di massa della preistoria e poi con la venuta dell’uomo attraverso le religioni, create proprio per distruggere l’umanità. La trama copre quindi un lasso enorme di tempo, dalla creazione delle vita sulla terra miliardi di anni fa, ai nostri giorni. L’album è concepito come una serie tv o un serial cinematografico anni ’20, infatti ogni canzone rappresenta un episodio. Tutta la grafica dell’album e anche i vari video e cortometraggi ad esso connessi sono in bianco e nero con uno stile che ricorda l’Espressionismo tedesco degli anni ’20».

Quali premi ha vinto?
«L’album ha avuto un successo sorprendente di critica che francamente non mi aspettavo, poiché è un genere non di moda, con una produzione molto anni ‘70/’80. Il 90% delle recensioni sono state eccellenti con voti quasi sempre superiori al 9/10. Abbiamo anche vinto una serie notevole di awards su varie riviste e webzines in tutto il mondo. Siamo stati votati miglior album del 2012 in Australia, Romania, Francia, Inghilterra, USA, Italia e Giappone. Abbiamo anche moltissimi awards in varie liste dei 10 migliori album del 2012 e io ho avuto il grandissimo onore di essere stato votato miglior tastierista dell’anno in Svezia. Una cosa che mi ha imbarazzato non poco, non me l’aspettavo davvero e sono molto riconoscente che gli sforzi enormi che ho dovuto affrontare per portare a termine il progetto abbiamo dato i loro frutti».

Darwin’s Tears è il singolo che hai scelto per realizzare il video e rappresentare il cd, perché proprio questo? Di cosa parla?
«Non credo si possa parlare di singolo, perché il brano dura 8 minuti e il cortometraggio 11, quindi non passerà mai né in radio né in tv. Ma è uno dei pezzi simbolo dell’album e che meglio ne riassume il tema. E’ anche l’ultimo brano che ho scritto e l’unico che canto io, quindi lo sento particolarmente vicino. Il testo è complesso, ci sono quattro sotto-trame che scorrono in parallelo, ma essenzialmente la canzone è un dialogo immaginato tra l’ultimo dinosauro sulla terra e il tecnocrate, l’alieno che ne ha causato l’estinzione. Può sembrare un’idea stupida e molto fredda, ma in realtà la canzone è molto sofferta, struggente e lirica».

E invece il video musicale?
«Il cortometraggio “Darwin’s Tears”  è il primo passo verso l’espansione multimediale del progetto e ha richiesto sforzi non indifferenti e la collaborazione di un gran numero di persone e organizzazioni. E’ stato prodotto dalla Silos Production, la stessa squadra che due anni fa ha girato a Torino il cortometraggio “011” dei Therion. Il video è stato girato interamente nella città medievale e nella chiesa sconsacrata di San Giuseppe di Pinerolo. Ci sono un gran numero di attori, modelle e comparse, molti delle quali sono miei allievi nella scuola di musica che gestisco. Come ho detto prima, il video è in bianco e nero, in stile espressionista tedesco anni ’20, è molto oscuro, provocatorio, ricco di simbolismi che diventano chiari seguendo il testo della canzone. Purtroppo sono quasi sicuro che mi darà dei problemi a causa del tema, che è una critica feroce al Creazionismo e questa nuova mania di cercare di farlo passare come fatto scientifico e materia di insegnamento nelle scuole, soprattutto in America».

Quali sono i tuoi progetti futuri?
«Dopo l’evento speciale del 23 febbraio, si ritorna in studio a preparare i demo per il secondo album. Dovrei anche registrare per il gruppo death metal svedese Frantic Amber e sto aprendo la mia scuola di musica: la Black Swan – Rock School of Music, per ora a Saluzzo, per poi estendere con altre filiali sul territorio. Stiamo anche valutando di fare una tournée, prima in Italia e poi all’estero».

Cosa ti sentiresti di consigliare ad un ragazzo che vorrebbe iniziare a lavorare in questo campo?
«Prima di ogni altra cosa, di correre ai ripari e assicurarsi un futuro. Imparare un mestiere, studiare, formarsi, in maniera da non arrivare a 30 anni con il vuoto davanti. La crisi c’è ovunque, ma il mondo della musica francamente, è alla frutta e vivere di musica è veramente dura. Fatto questo, crederci, avere obiettivi chiari, non lasciarsi distruggere dalle opinioni e dall’invidia degli altri ma nemmeno dal proprio ego smisurato e infine fare gavetta! Ormai sembra che tutto sia dovuto subito e si sente dalla qualità mediocre di gran parte della musica in giro. Bisogna studiare, suonare, essere umili, crescere un giorno alla volta e soprattutto evitare di prendersi per il “dio del rock” in un paese da 4000 abitanti. Il talento serve, ma conta solo il 20%, il resto è massacrarsi di lavoro e avere fortuna, essere al posto giusto al momento giusto».

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