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7 Marzo 2014

Play, il lavoro in team non è un gioco

La Responsabile Marketing dell’associazione AIESEC ci parla del programma che permette di fare esperienze all’estero. Scadenza iscrizioni il 14 marzo

Antonella Capalbi e Tommaso Portaluri

L’associazione AIESEC sceglie il “MAKE in Italy” per il suo programma PLAY

“Lo sapevi che il più grande network globale di studenti è nella tua università?” si legge sul sito di AIESEC, la grande rete internazionale di studenti presente in circa 124 paesi al mondo e con più di 80.000 membri. L’associazione, impegnata nel creare un grande network di relazione e scambio tra giovani studenti, utilizza questa domanda un po’ provocatoria (come a dire che l’università in primis può e deve essere la principale sede di connessione) per promuovere il programma PLAY, che permette di diventare parte del network già attraverso una concreta esperienza di team dalle 6 alle 12 settimane. Slogan della campagna, “MAKE in Italy”, sottolinea che esiste una consistente fetta della ormai abusata categoria “giovani” che, se è vero che ha voglia di fare le valigie per provare esperienze di formazione all’estero, è vero anche che poi quelle valigie vorrebbe poterle disfare in Italia e mettere in campo nel proprio paese le competenze acquisite.
Scopriamo qualcosa in più del programma PLAY, in scadenza il 14 marzo, attraverso la voce di Elisa Lajolo, Responsabile Marketing di AIESEC Torino.

Elisa, quando sei entrata in AIESEC?
«Sono entrata in AIESEC Torino due anni fa e ora faccio parte del direttivo dell’organizzazione e mi occupo di marketing e pubbliche relazioni».

A chi consiglieresti il programma Play?
«A tutti gli studenti universitari che sono in cerca di un’esperienza compatibile allo studio che permetta loro di conoscere ragazzi stranieri, che dia delle competenze professionali e che consenta un percorso di crescita personale».

Il programma si divide in tre aree. Hai voglia di riassumere con noi in che cosa consistono e le principale differenze?
«Le principali differenze non consistono tanto nel tipo di competenze che sviluppano nelle aree quanto nell’obiettivo dei progetti attivati al loro interno. Il Social Entrepreneur e il Global Ambassador, per esempio si occupano entrambi di progetti con ong, scuole, aziende e istituzioni; il primo però per accogliere studenti dall’estero, il secondo per far partire studenti di Torino. Il fine dei nostri progetti di volontariato è sempre anche quello di sensibilizzare la nostra città rispetto a tematiche che vanno da i diritti umani alla Corporate Social Responsibility. Attraverso Corporate Expert invece lo studente ha modo di approcciarsi al mondo aziendale per proporgli un percorso di internazionalizzazione attraverso il lavoro di uno stagista straniero iperqualificato».

Che cosa ti ha spinto a entrare in AIESEC? Qual è la tua motivazione oggi?
«Mi viene da sorridere quando penso al motivo per cui sono entrata, cercavo un’esperienza internazionale a Torino che arricchisse il mio curriculum e non avevo ben capito che cosa facesse l’organizzazione. Ora sono passati due anni in cui ho capito che l’area in cui lavoro mi appassiona davvero, e io studio giurisprudenza, in cui ho conosciuto moltissime persone da tutta Italia e da tutto il mondo e soprattutto in cui ho avuto modo di mettermi in gioco, conoscermi e realizzare quasi ogni mia idea. La domanda “Quale sarà la prossima sfida con me stessa?” direi che è il motivo per cui ora sono qua».

Link utili:
AIESEC Torino

Conoscevi AIESEC? Che cosa pensi del programma PLAY?

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Categorie: Formazione

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