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29 Aprile 2014

“Sogno di non fare più il TGLFF”

Intervista a Giovanni Minerba, direttore del Torino Gay & Lesbian Film Festival al via da domani: il suo augurio è che un giorno non ci sia più bisogno della rassegna

Veronica Minniti

Giovanni Minerba davanti alla locandina del 29° TGLFF, al via da domani

L’edizione numero 29 del Torino Gay & Lesbian Film Festival si svolgerà dal 30 aprile al 6 maggio. Saranno proposte 137 pellicole, provenienti da 40 nazioni. Molte le novità di quest’anno: per cominciare, “L’intermezzo”, uno spazio per giovani musicisti piemontesi nelle pause tra i due tempi dei film. Ci sarà inoltre una sezione “di carta”, in cui vari autori (tra gli altri, Walter Siti, Vladimir Luxuria e Alessandro Fullin) presenteranno i loro libri che raccontano il mondo omosessuale. Da segnalare anche la sezione del Festival incentrata sulla vita quotidiana delle persone LGBT nella Russia di Putin.
Per sapere qualcosa di più DigiTO ha incontrato il direttore del Festival, Giovanni Minerba.

Quali sono i titoli da non perdere del Festival  di quest’anno?
«Mi risulta difficile indicare dei titoli precisi, il palinsesto è stato composto da pellicole molto interessanti e accuratamente scelte. Però devo dire che amo molto il film che aprirà il festival, “Azul y no tan rosa” (Blue and not so pink). Affronta vari temi che ricorreranno anche in molte altre opere, come l’omogenitorialità e il rapporto genitori-figli».

Con quali criteri vengono selezionati i film da portare al Festival anno per anno?
«Ogni anno ci arrivano oltre mille pellicole e tra queste selezioniamo i titoli più interessanti e innovativi. Spesso optiamo per scegliere film che affrontino tematiche ben precise, legate all’attualità. Vogliamo che il festival abbia un focus. Quest’anno, appunto, il tema cardine sarà quello dell’omogenitorialità. Ma saranno centrali anche  le tematiche giovanili: la sezione “Forever Young” sarà completamente incentrata sulle esigenze delle nuove generazioni».

Com’è nata l’idea di istituire un Festival totalmente focalizzato sulle tematiche LGBT?
«L’idea è venuta a me e al mio compagno, Ottavio Mai, che adesso non c’è più. Amavamo il cinema e ci andavamo spessissimo.  Notavamo che nel cinema italiano il tema dell’omosessualità era trattato con stereotipi e luoghi comuni e i personaggi gay erano ridotti a macchiette. Allora abbiamo iniziato a girare dei documentari nostri e a portarli in giro per vari festival di cinema internazionali.  Abbiamo così scoperto che molti film in Italia non venivano neanche distribuiti. A quel punto abbiamo pensato di istituire una rassegna, che sarebbe poi diventata il Festival “Da Sodoma a Hollywood”. Era il 1986».

Pensa che il cinema italiano abbia fatto dei progressi in questo senso, rispetto ad allora?
«In realtà penso che sia cambiato poco. Solo piccole produzioni di giovani autori, spesso sconosciuti ai più, affrontano il tema senza cadere in banalità e pregiudizi.  Parlando di registi più visibili, invece, a parte Ozpetek e pochissimi altri non vedo grandi “aperture”».

Al Festival si devono diversi meriti, come ad esempio aver fatto conoscere in Italia registi come Gus Van Sant e Gregg Araki. Tra tutti i traguardi raggiunti, qual è quello di cui va più orgoglioso?
«Certamente l’aver dato a Van Sant il primo premio della sua carriera, per il film Mala Noche, è una grandissima soddisfazione.  E sono felice anche di aver portato in italia il cinema di Gregg Araki. In generale, direi che sono molto orgoglioso di aver lanciato le carriere di giovani autori talentuosi, uno su tutti  Mendoza, regista filippino approdato a Cannes e a Venezia».

Quello di Torino è il più antico Festival LGBT d’Europa. Qual è il segreto della sua fortuna?
«Secondo me il suo successo è dovuto al fatto che cerchiamo di lavorare su un progetto di ampio respiro. Ci sono il concorso, le varie sezioni tematiche, il focus, gli open air… Si tratta di un vero e proprio Festival e non di una rassegna con film a tema».

Che cosa si augura per il futuro del Festival?
«Innanzitutto spero che i  film proposti quest’anno piacciano al pubblico. Per l’anno prossimo, invece, visto che il TGLFF compirà trent’anni, vorrei fare qualcosa di speciale. E poi, mi auguro che un domani i temi che riguardano i diritti dei gay siano radicati nella nostra società e che non ci sia più bisogno del mio Festival.  Anche se mi rendo conto che sarà molto difficile che questo avvenga».

Link utili:
Torino Gay & Lesbian Film Festival

 

Andrete a vedere i film del TGLFF quest’anno?

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Categorie: Cultura

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