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11 Febbraio 2015

Viaggio tra le periferie pronte a esplodere

Da Roma a Torino, che si protesti contro immigrati o rom, la situazione è critica e la strumentalizzazione politica sempre in agguato

Matteo Fontanone

Via Artom, luogo di fiaccolate e proteste anti-rom, sotto la neve

Quello delle periferie è un problema annoso, di difficile gestione e comune a molti paesi: basti pensare ai sobborghi di Londra o alle banlieue parigine, fino ai quartieri-dormitorio sorti in Italia negli anni del boom economico.
Nate dall’idea di garantire al nuovo proletariato uno spazio abitativo sicuro e confortevole nelle vicinanze del posto di lavoro, le periferie italiane sono state ben presto spesso abbandonate a loro stesse. La mancanza di adeguati servizi pubblici, un settore terziario inesistente e la concreta percezione geografica di emarginazione dai centri cittadini hanno generato un problema le cui conseguenze percepiamo ancora all’alba del 2015. Accade quindi che di tanto in tanto gli abitanti di quelle zone agli estremi confini delle città insorgano. Il copione, da quel punto in poi, è fisso: le proteste scemano, i problemi rimangono. Pochi mesi or sono il vaso di Pandora si è di nuovo aperto, portando agli onori della cronaca le nuove criticità, legate all’ondata di immigrazione clandestina che proprio nelle periferie si riversa.
Nelle prossime settimane Digi.TO proverà ad approfondire meglio alcuni aspetti dell’argomento; per il momento, un breve ripasso degli episodi più recenti legati a questo tema.

ROMA
Il novembre 2014, a Roma, sarà ricordato come il mese in cui le periferie sono insorte. Causa di ogni problema, a detta della cittadinanza, è la presenza non più tollerabile di nomadi e immigrati, portatori di delinquenza e disordine pubblico. La rabbia e il malcontento esplodono all’improvviso, si creano le prime tensioni nei confronti delle minoranze etniche e insieme a queste nascono i primi comitati di quartiere. I movimenti di estrema destra, da sempre particolarmente presenti nella capitale, si schierano in prima fila al fianco dei cittadini in rivolta.
A buttare benzina sul fuoco, nel quartiere di Tor Sapienza, tra i residenti di zona e gli ospiti del centro di accoglienza per immigrati di via Morandi, gli scontri diventano talmente violenti da richiedere il trasferimento dei migranti in un altro centro. Intorno alla metà del mese, gli abitanti delle periferie invadono il centro di Roma per urlare la propria preoccupazione di fronte all’assenza delle istituzioni e alla mancanza di sicurezza. Tra i manifestanti diversi volti noti legati all’estrema destra romana, su tutti l’ex primo cittadino Alemanno; si chiedono misure urgenti, si sollecita un trattamento duro e intransigente per rom e immigrati, si invoca la testa dell’attuale sindaco Marino. Sul corteo aleggia fin da subito lo spettro del razzismo, confermato nei giorni successivi dal tenore dei presidi e delle azioni organizzate da Forza Nuova in tutte le zone sensibili al problema. L’aria in città è pesante, tanto che la Questura arriva a vietare cortei contro gli immigrati per prevenire i sicuri problemi di ordine pubblico che ne sarebbero scaturiti.
L’onda d’urto della protesta, tuttavia, viene interrotta bruscamente la mattina del 2 dicembre con l’operazione Mondo di Mezzo, che scuote Roma dalle sue fondamenta. La luce dei riflettori e l’attenzione della stampa si spostano sulle vicende di Massimo Carminati e sulla corruzione nei palazzi del potere capitolini, ma il problema resta tutt’altro che risolto.

TORINO: LE TENSIONI ALL’EX MOI
Ancora novembre 2014, ma Torino. La situazione, anche se in piccolo, ricorda molto da vicino quella di Roma. In questo caso, gli assi su cui si muove il malcontento sono due. In zona Lingotto c’è l’ex Moi, villaggio olimpico abbandonato nonché residenza abusiva di 750 migranti a partire dai primi mesi di guerra civile in Libia; a Mirafiori sud, invece, il malcontento dei residenti di via Artom, nei cui parcheggi era accampata da anni una comunità di nomadi con roulotte.
All’ex Moi il primo episodio è datato 18 novembre, poco in ritardo rispetto alle vicende di Roma. Un gruppo di consiglieri comunali di Lega Nord e Fratelli d’Italia ottiene l’autorizzazione per un sopraluogo alle palazzine occupate: la visita non avrà luogo perché interpretata come una provocazione, motivo per cui un cordone di migranti impedirà l’accesso alla zona. Le polemiche divampano e la risposta non tarda ad arrivare: a metà dicembre, il comitato di quartiere “Lingotto è Italia”, con la collaborazione di Fratelli d’Italia e del consigliere Marrone, organizza un corteo contro l’occupazione abusiva delle palazzine. A qualche decina di metri, separati dalle forze dell’ordine, i migranti manifestano spalleggiati da gruppi di autonomi e antifascisti.
Il 18 dicembre, esattamente un mese dopo il primo tentato sopralluogo, al Moi giungono i membri della commissione comunale, i rappresentanti del quartiere e alcuni giornalisti. La visita avviene in tutta tranquillità e sembra poter segnare l’inizio di un dialogo tra le parti. In realtà, due giorni dopo, la Lega Nord raccoglie l’appello lanciato dai comitati: Matteo Salvini si presenta per un comizio in piazza Galimberti, il quartiere è completamente militarizzato onde evitare scontri e le tensioni raggiungono il loro apice. Complice la pausa natalizia, per qualche settimana sull’ex Moi cala il silenzio; a metà gennaio, arriva però dalla magistratura l’ordinanza di sgombero delle palazzine.

… E LE PROTESTE DI VIA ARTOM
Qualche centinaio di metri più in là, in via Artom, cambia la minoranza etnica contro cui si protesta, ai migranti si sostituiscono i rom, ma non l’ordine delle cose. I disagi lamentati, sempre gli stessi: mancanza di sicurezza, delinquenza, disordine pubblico.
Le prime avvisaglie sono datate 8 novembre, con una fiaccolata anti-degrado organizzata dal comitato “Riprendiamoci il quartiere”. Anche in questo caso, come nei precedenti, i promotori dell’azione sottolineano di essere apolitici e indipendenti da ogni forma di partito ma anche in questo caso la vicenda fa gola all’estrema destra cittadina, che offre ai residenti il proprio supporto logistico e una sorta di servizio d’ordine per le manifestazioni in programma.
Alla prima fiaccolata ne segue una seconda, programmata per il 29 novembre sempre con l’appoggio di Forza Nuova, questa volta annunciata con largo anticipo. Fin dai giorni precedenti, tutto il quartiere è luogo di propaganda, antifascista e contro i nomadi. Il pomeriggio della manifestazione il dispiego di forze dell’ordine è impressionante. Il quartiere, così come era successo a Lingotto per la venuta di Salvini, è completamente militarizzato: si vogliono evitare gli scontri tra il presidio antifascista degli “antagonisti” e quello dei residenti (pochi, a dire il vero) che manifestano insieme a militanti dell’estrema destra. Nei giorni successivi al 29, di roulotte e zingari neanche l’ombra.
Il comitato di quartiere, intorno alla metà di dicembre, rende noto tramite la sua pagina Facebook il ritorno dei rom nella zona. Tensioni e attriti non accennano a placarsi, si viene addirittura a sapere che nel 2010 un decreto autorizzava lo sgombero dei rom nel quartiere.
Alcuni residenti hanno esposto le loro istanze al Prefetto, ma per il momento i risultati del dialogo rimangono ignoti. Altrettanto ignota rimane la portata effettiva della protesta: il comitato sostiene di avere l’incoraggiamento e l’approvazione dei residenti, anche se assemblee e fiaccolate non hanno riscosso la partecipazione aspettata.
Esattamente come per l’ex Moi, pure la vicenda di via Artom sembra lontana dal trovare una soluzione condivisa; gli scontri, il disagio e l’intolleranza per le strade, nel frattempo, non possono far altro che aumentare.

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Categorie: Intercultura

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