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1 Luglio 2015

Scienz(i)a.TO: il risveglio di Philae, i neuroni artificiali e l’abilità dei pappagalli

Questo mese vi parliamo della sonda sulla cometa 67P, della costruzione di una rete neuronale di laboratorio e delle capacità imitative degli uccelli

Andrea Di Salvo

In Svezia gli scienziati stanno creando neuroni artificiali

Come di consueto, ecco il nostro appuntamento con le scoperte scientifiche e tecnologiche dell’ultimo mese.

IL RISVEGLIO DI PHILAE
Il 13 giugno è stata una data importante per la scienza dello spazio: alle 22.28 infatti il centro di controllo di Darmstadt ha ricevuto il primo segnale dalla sonda Philae dopo mesi di silenzio.
In coppia con l’orbiter Rosetta, il lander Philae ha ripreso la trasmissione dei propri dati in memoria dalla superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, che attualmente si trova a circa 305 milioni di chilometri dalla Terra. Il primo contatto ha avuto una durata di 85 secondi e ha permesso l’invio di 300 pacchetti sui più di 8.000 ancora da studiare. Era dal 12 novembre scorso, giorno dell’atterraggio del lander, che si attendevano sue notizie.
L’incredibile traguardo scientifico-tecnologico della sua discesa sulla cometa, durata sette ore, non è stato fortunato. La sonda è dotata di arpioni, necessari ad ancorarla alla superficie, che però non si sono aperti e conseguentemente Philae, non assicurata alla cometa, è rimbalzata più volte andando a fermarsi in un punto finora imprecisato. Le analisi del team sulla Terra hanno però permesso ora di individuarne la posizione: si troverebbe nei pressi di una grande depressione, all’ombra di un pendio.
Questa collocazione ha confermato il problema principale ipotizzato dopo la sua discesa, ovvero che si trovasse in un posto in cui i raggi solari non fossero sufficienti ad alimentarne la strumentazione. Si attendeva quindi agosto, quando la cometa si troverà al perielio (il suo punto di minima distanza dal Sole a “soli” 183 chilometri) per sperare in una ripresa delle sue attività. Queste previsioni sono state capovolte da quel segnale di 85 secondi, inaspettato quanto tanto atteso, di qualche settimana fa. Ora sapremo qualcosa di più sulla 67P/Churyumov-Gerasimenko.

LE RETI NEURALI ARTIFICIALI
Ricercatori del Karolinska Institutet (Svezia) hanno realizzato il primo neurone artificiale in grado di simulare le funzionalità di una cellula cerebrale reale – tra cui l’abilità di tradurre i segnali chimici in impulsi elettrici e di comunicare con altre cellule umane.
Questi neuroni artificiali hanno le dimensioni di un polpastrello e non contengono parti “viventi”, ma il team sta lavorando su un loro dimensionamento più contenuto in modo che possano essere impiantati in esseri umani. Questo potrebbe consentire la sostituzione di cellule nervose danneggiate e di sviluppare nuove terapie per le malattie neurologiche, come le lesioni del midollo spinale e il morbo di Parkinson. «Il nostro neurone artificiale è fatto di polimeri conduttori e funziona come un neurone umano» spiega in un comunicato stampa Agneta Richter-Dahlfors, il capo ricercatore del progetto.
Finoragli scienziati sono stati solo in grado di stimolare le cellule del cervello utilizzando impulsi elettrici, che è il modo in cui trasmettono le informazioni all’interno delle cellule. Ma nel nostro corpo esse sono stimolate da segnali chimici e questo è lo stesso modo con cui comunicano con gli altri neuroni. Collegando biosensori a base di enzimi a pompe ioniche organiche, Richter-Dahlfors e il suo team sono così riusciti a creare un neurone artificiale che può imitare questa funzione, dimostrando inoltre che può comunicare chimicamente con le cellule cerebrali organiche anche su grandi distanze.

L’IMITAZIONE DEI PAPPAGALLI
La capacità dei pappagalli di copiare nuove sonorità (oltre alla voce umana) è decisamente affascinante e risulta essere molto raro nel regno animale, abilità condivisa solo da altri due gruppi di uccelli, i colibrì e gli uccelli canori. Alcune specie di uccelli sono migliori di altre nel processo imitativo, anche se è stato difficile determinarne il motivo. Nonostante l’approccio di ricerca volto a sottolineare distinzioni tra i cervelli di varie specie di uccelli che mostrano diversi gradi di apprendimento vocale non sia del tutto nuovo, i lavori precedenti identificavano differenze nelle dimensioni di alcune regioni, offrendo però poche ulteriori spiegazioni. Un’ultima ricerca, pubblicata su Plos One, ha offerto un’analisi più dettagliata, esaminando il tessuto cerebrale di altre otto specie di pappagalli.
I ricercatori della Duke University hanno indagato su come gli schemi di espressione genica varino attraverso il cervello di diverse specie di pappagalli, confrontando i risultati con quelli ottenuti per gli altri gruppi di apprendimento vocali quali gli uccelli canori e i colibrì. In particolare, sono stati interessati ai geni che sono attivi nelle regioni di apprendimento vocale nel cervello degli esseri umani e negli uccelli canori. Ciò ha portato alla individuazione di differenze strutturali fondamentali tra i pappagalli e gli altri gruppi di uccelli vocali. Tutti questi uccelli possiedono definiti centri di apprendimento vocali, chiamati core, ma i pappagalli hanno un’altra struttura che circonda questa regione, una zona esterna – detta shell – che sembra anche avere un ruolo nel processo di apprendimento vocale. È interessante notare come il guscio, la shell, sia più ampio in quelli che sono migliori a imitare suoni del linguaggio umano.
Un’altra cosa che ha suscitato l’interesse dei ricercatori è la posizione di queste regioni di apprendimento vocali, che sono tra le aree coinvolte nel controllo del movimento. Sebbene pura speculazione, in questa fase, è possibile che questa sia la ragione per cui alcuni pappagalli possono anche ballare insieme alla musica che ascoltano.

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Categorie: Tecnologie

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