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15 Aprile 2016

Referendum: le ragioni del sì e del no (o dell’astensione)

Le diverse opinioni sulla consultazione del 17 aprile, quando saremo chiamati alle urne per decidere sul rinnovo delle concessioni agli impianti d’estrazione di petrolio e gas in mare

Ornella Darova

Urna-ReferendumIl 17 aprile avrà luogo il referendum sulle trivellazioni. La domanda che troveremo sulla scheda è, in sintesi: vuoi vietare che si possano approvare rinnovi delle concessioni agli impianti di estrazione già in attività entro le 12 miglia dalla costa italiana? Se vince il sì, le trivelle saranno bloccate allo scadere delle concessioni; se vince il no, l’estrazione di gas e petrolio potrebbe essere prorogata fino all’esaurimento dei giacimenti.
Si tratta di un quesito complesso, proviamo allora a elencare alcune ragioni del sì e del no, lasciando al lettore la valutazione di quali siano prevalenti.

LE RAGIONI DEL SÌ
I fautori del sì sono riuniti nel Coordinamento Nazionale No Triv. Uno dei loro argomenti principali riguarda le energie rinnovabili: votando sì credono si possa dare un segnale politico per fare pressione affinché l’energia pulita venga preferita ai combustibili fossili e alle fonti non rinnovabili in generale. Collegato a ciò si parla di danni ambientali: la tecnica dell’air gun, che viene utilizzata per la scansione dei fondali, può danneggiare la salute della fauna marina.
Inoltre i sostenitori del sì sono convinti che ci siano rischi troppo alti a fronte di benefici scarsi: l’Italia non è certo famosa per i suoi giacimenti generosi e i danni provocati da un eventuale incidente sarebbero enormi.
Infine, la difesa del paesaggio: le piattaforme di trivellazione, in effetti, non sono particolarmente belle da vedere.

LE RAGIONI DEL NO (O DELL’ASTENSIONE)
Contro il referendum è stato fondato il comitato Ottimisti e razionali, che invece sottolinea da una parte che l’Italia estrae, in ogni caso, una fetta importante di gas e petrolio per il suo fabbisogno energetico e dall’altra che per far fronte alle nostre carenze dovremo acquistare una parte di petrolio e gas da altre nazioni – soprattutto la Libia – che trivellano nello stesso Mediterraneo e trasportano i combustibili via mare, con tutti i pericoli del caso.
Estrarre gas e petrolio in mare è invece un’operazione con un bassissimo rischio di incidenti: fino ad ora è avvenuto un solo caso, nel lontano 1965, e avendo comportato soltanto una fuoriuscita di gas, non ci furono danni ambientali.
Un altro importante ambito delle ragioni contrarie riguarda il welfare: le persone occupate in questo settore (a cui si aggiunge l’indotto) sono diverse migliaia e rimarrebbero senza lavoro. Senza parlare della perdita di investimenti: gli impianti di estrazione comportano costi molto elevati e lo stop al rinnovo delle concessioni significa scompaginare piani importanti.

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Categorie: Ambiente

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