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26 Luglio 2016

A scuola di robotica

Un gruppo di studentesse di Sant’Antonino di Susa si è classificato prima alla Robocup italiana, una competizione di robot, arrivando quarto nelle gare internazionali

Andrea Di Salvo

Le studentesse di Sant'Antonino di Susa vincitrici della Robocup italiana

Le studentesse di Sant’Antonino di Susa vincitrici della Robocup italiana

Chi pensa che la robotica non sia per le ragazze?
Un team di studentesse dell’Istituto Comprensivo di Sant’Antonino di Susa, guidate dalle loro docenti, ha vinto le gare nazionali della Robocup Junior 2016 nella specialità Dance/Theatre under 14 e per pochissimo non ha conquistato il terzo posto nella competizione internazionale di inizio luglio a Lipsia.
Una grande soddisfazione con alle spalle un altrettanto grande lavoro di squadra, supportato in primis dalla dirigente scolastica Susanna Tittonel e da diversi docenti fra cui Elena Gadoni e Paola Rocci, entrambe insegnanti di Matematica e Scienze dell’istituto valsusino, che da anni si occupano di Robotica Educativa nella scuola.
Per capire meglio la valenza didattica di questa attività abbiamo fatto loro qualche domanda, mentre domani pubblicheremo l’intervista alle ragazze della Piccola Stella.

Perché i robot? Che cosa offrono didatticamente alle studentesse?
Elena Gadoni: «Da circa sei anni nella nostra scuola utilizziamo i robot come strumenti didattici. La robotica educativa è infatti una metodologia attraverso la quale è possibile sia veicolare concetti disciplinari, soprattutto scientifico-tecnologici e matematici, sia sviluppare competenze trasversali che sono poi quelle competenze chiave di cittadinanza necessarie agli studenti per avere gli strumenti di apprendimento per tutta la vita. Questo tipo di robotica rappresenta un vero e proprio ambiente di apprendimento che mettendo gli alunni di fronte a sfide, richiede loro di usare in modo efficace le conoscenze e le abilità acquisite nel percorso scolastico per risolvere problemi complessi».

Ci può descrivere brevemente l’attività svolta?
Paola Rocci: «L’attività si è svolta a scuola, da novembre ad aprile, con un laboratorio in orario extrascolastico di due ore settimanali. Dopo un periodo di alfabetizzazione e i primi approcci al mondo dei robot, utilizzando sia modelli di robot preassemblati sia kit che i ragazzi dovevano costruire prima di poterli programmare, gli studenti sono stati in grado di controllare il movimento dei robot e le reazioni ai diversi sensori. A questo punto hanno potuto scegliere in quale specialità delle gare della Robocup cimentarsi. Le specialità per la categoria Under14 sono due: la Rescue Line, una gara tecnica nella quale i robot devono seguire un percorso irto di ostacoli e difficoltà fino ad arrivare a mettere in salvo un target in un luogo sicuro e la Dance/Theatre, una gara su palco nella quale far danzare o recitare i robot su un tema assegnato, facendoli interagire tra loro e con gli umani in sincronia con musica e video di accompagnamento, il tutto in appena 5 minuti di cui massimo 2 per la performance vera e propria».

Come si sono poste le ragazze davanti alla sfida di gestire un progetto così complesso?
E.G.: «Del gruppo di ragazzi e ragazze che hanno frequentato il laboratorio quest’anno, alcuni hanno scelto di cimentarsi nella specialità Rescue Line e altri, combinazione tutte ragazze, nella categoria Dance/Theatre con il nome di La Piccola Stella, che ha vinto la gara e il titolo nazionale a Bari a fine aprile. La caratteristica della squadra vincitrice di essere tutta femminile quindi è stata casuale, ma ci fa piacere che, a dispetto di pregiudizi che ritengono le ragazze meno inclini agli aspetti scientifico-tecnologici, le nostre studentesse si siano dimostrate molto brave ma soprattutto tenaci e perseveranti nel lavoro svolto. Dopo le gare di Bari la performance è stata ancora migliorata con l’aggiunta di un nuovo robot e il regolamento internazionale prevedeva, oltre alle esibizioni e a un’intervista tecnica a porte chiuse con i giudici, una dimostrazione sul palco davanti a un pubblico, ovviamente in inglese. Le nostre ragazze sono state premiate con un riconoscimento apposito di cui siamo molto orgogliosi, il Best Technical Demonstration».

È stato difficile recuperare i fondi necessari per andare a Lipsia?
P.R.: «È stato impegnativo: purtroppo per le squadre che si sono qualificate a rappresentare l’Italia alla Robocup Junior internazionale non è previsto nessun aiuto da parte del Miur. Nel 2013 eravamo già riusciti a partecipare a un evento Robocup mondiale a Eindhoven, ma l’anno successivo avevamo dovuto rinunciare al Brasile, troppo oneroso. Per fortuna in occasione della gara di quest’anno si è creata una bella sinergia tra diverse realtà che ci ha permesso di realizzare questo sogno: in primis i genitori, poi parenti, amici, commercianti e associazioni del territorio. Un grande aiuto è arrivato dai giornali locali e anche da testate nazionali che ci hanno permesso contatti importanti. I maggiori sponsor sono stati aziende del territorio piemontese che hanno creduto nel nostro progetto educativo. Altri contributi sono arrivati da personalità politiche e da singoli privati che, donando anche soltanto pochi euro, alla fine ci hanno permesso di raccogliere il necessario».

Il duro lavoro vi ha ripagate con grandi soddisfazioni. E ora, per il futuro?
E.G.: «Sì le soddisfazioni sono arrivate perché il risultato ci dice che la squadra delle nostre studentesse è tra le migliori al mondo e questo non può che riempirci di orgoglio. Le nostre ragazze l’anno prossimo saranno alla scuola superiore, si porteranno dentro questa fantastica esperienza che le ha fatte crescere sotto tanti aspetti: ha dato loro la possibilità di lavorare gomito a gomito con ragazzi di tutto il mondo e di dimostrare di essere competenti, autonome e responsabili. Noi continueremo a proporre ai nuovi studenti il nostro progetto di robotica educativa rafforzate dai risultati ottenuti, nel convincimento del suo valore didattico ed educativo».

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Categorie: Formazione, Tecnologie

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