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3 Aprile 2017
BD17: il fenomeno hacker
Il resoconto del primo degli eventi che abbiamo seguito per voi durante Biennale Democrazia che ha avuto come filo conduttore le “Uscite di sicurezza”
Isabella Marchese e Silvia Bruno
Fare attivismo politico attraverso Internet, in modo più o meno legale: per etica, senso di giustizia o guadagno, quindi al servizio di governi o multinazionali. Di questi temi si è parlato giovedì pomeriggio all’Auditorium Einaudi per Biennale Democrazia all’incontro Le emergenze in rete. Hacking, Anonymous, Wikileaks con Gabriella Coleman, antropologa e docente universitaria americana considerata la più importante studiosa di Anonymous, nome con cui si identificano diversi gruppi hacker di attivisti sparsi in tutto il mondo.
Il fenomeno Hacking in realtà risale agli ultimi 6 anni e si pone come evoluzione del whistleblowing (letteralmente “soffiare il fischietto”), definito come il comportamento di un individuo che denuncia pubblicamente o riferisce alle autorità attività illecite o fraudolente all’interno del governo, di un’organizzazione pubblica o privata o di un’azienda.
Nato nel 2003, con gli anni Anonymous è diventato un movimento globale, a tratti misterioso e sicuramente provocatorio. Il suo obiettivo è acquisire e poi diffondere informazioni di pubblico interesse, attirando l’attenzione necessaria affinché i giornalisti si occupino di questi temi. Ad esempio nel 2013-2015 alcune loro rivelazioni hanno portato alla caduta del governo in Perù e attualmente una nuova “sezione” chiamata Actisec si è data il compito specifico di smascherare le malefatte di governi, polizia e multinazionali. In Italia Anonymous è invece diventato molto noto due anni fa, dopo aver divulgato dei documenti che evidenziavano un sistema di corruzione in Lombardia. Ultimamente però hanno iniziato a fare azioni anche per “vendicare” altri soggetti da loro visti come perseguitati, come Wikileaks.
La galassia Hacking conta comunque numerosissimi gruppi che appaiono e compaiono, come i Guardians of Peace che nel 2014 entrano nei server della Sony: probabilmente dietro alla sigla si nasconde la Corea del nord come ritorsione per il film L’intervista, in cui si prendeva in giro il leader Kim-Jong-un. È comunque un fatto importante perché dimostra che anche i governi possono usare queste tecniche ed è lecito dunque domandarsi se azioni simili siano state portate avanti dalla Russia durante le ultime elezioni americane. Qualche anno prima era poi comparso Anonops, sigla che si vanta di inventare e utilizzare sofisticate tecniche illegali.
A questo punto però sorge il dubbio che le informazioni reperite dagli hacker siano effettivamente di pubblico interesse: la Coleman è convinta che dipenda dai materiali e dai singoli contesti. Le rivelazioni possono portare a buon giornalismo o a disinformazione, gli arbitri sono i giornalisti.
Prima della fine dell’incontro c’è ancora tempo per le domande del pubblico. Si parla allora di quanto queste fughe di notizie possano in futuro essere il pretesto per vere dichiarazioni di guerra, dei concetti di sicurezza e privacy (che sembrano opposti ma in realtà aumentando la prima migliorerà la seconda), di dark web, cioè di quello spazio non tracciato da Google usato per attività criptate spesso illegali e delle macchine per i conteggi elettorali, che obiettivamente possono essere hackerate e pertanto costituiscono una delle più grandi minacce per le democrazie di oggi.
Infine però Gabriella Coleman sottolinea quanto l’hacker, che ormai ha grandi spazi sociali, possa anche essere capace di creare nuove realtà, senza aver paura di violare le leggi, anzi a volte contribuendo a cambiarle.