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3 Maggio 2018

Ecodesign: creatività e rispetto per l’ambiente

Una giovane professionista ci racconta il proprio lavoro presentando Lovely Waste, progetto che riutilizza gli scarti delle aziende per creare nuovi prodotti

Michela Lopriore

Occhiali riciclo Lovely Waste

Il progetto Lovely Waste ricicla gli scarti delle aziende

Una branca forse meno conosciuta di design, ma che si sta facendo sempre più strada in Italia, è quella che progetta un prodotto tenendo presente l’impatto che la sua produzione può avere sull’ambiente: è l’ecodesign, i cui principi vengono applicati in ogni fase di progettazione utilizzando materiali sostenibili (riciclati o riciclabili) attraverso processi produttivi che utilizzano energie alternative.
Per saperne di più abbiamo incontrato Germana, ecodesigner di 29 anni. Di recente ha partecipato al Fuorisalone 2018 – evento della Milano Design Week che ogni anno si tiene in concomitanza del Salone del Mobile – presentando insieme a Source, agenzia creativa di Firenze, il progetto Lovely Waste.

In che cosa consiste Lovely Waste?
«Si tratta di un servizio rivolto alle piccole e medie imprese che vogliono investire sull’economia circolare. Ciò significa che le aziende possono trarre profitto dai loro scarti di produzione: anziché essere buttati, questi possono essere riutilizzati in qualche altre modo, ad esempio generando nuovi prodotti. Il progetto si compone di più fasi: innanzitutto l’analisi dei dati, cioè la raccolta delle informazioni relative a materiali, tipologie di smaltimento e macchinari utilizzati, in base a cui cerchiamo di capire in quale misura gli avanzi incidano sul fatturato, come si possano ridurre e riutilizzare. In secondo luogo vi è la messa a fuoco degli obiettivi del cliente e infine la fase creativa. Ogni step del progetto è costantemente documentato al cliente, che è parte integrante del percorso».

Il progetto è già iniziato?
«Sì, al Fuorisalone abbiamo esposto il primo processo di riutilizzo dei materiali residui provenienti da un’azienda toscana che produce occhiali in legno su misura: sebbene il processo di produzione sia già ottimizzato al fine di ridurre al minimo gli scarti, da questi sono stati creati nuovi prodotti, cioè ulteriori occhiali, divenuti oggetto di un’esposizione chiamata “Progetto n. 0”. Mi sembra un buon inizio e spero che venga portato avanti».

Solitamente come viene valutato l’impatto ambientale di un prodotto?
«Ci sono tante strade. Ad esempio si possono utilizzare le banche dati online, dove chi progetta può vedere direttamente quale effetto ha sull’ambiente il materiale utilizzato. L’oggetto di design dovrebbe essere sempre semplice: è opportuno evitare colori, forme e decorazioni dettate da esigenze di moda e marketing, e mettere al primo posto la sostenibilità. Uno dei concetti più importanti per un ecodesigner è il cradle to cradle, cioè “dalla culla alla culla”: si tratta di un approccio che analizza tutto il ciclo di vita di un prodotto e consiste nell’adattare alla natura i modelli dell’industria. Esso aiuta le aziende a concepire prodotti che possano essere riutilizzati in un altro processo o tornare in natura perché totalmente biodegradabili».

Quali sono le difficoltà che può incontrare un eco designer?
«Le difficoltà stanno nel fatto che le logiche del design sostenibile non sono ancora molto conosciute. È un mercato appena nato, quindi non tutti lo comprendono a pieno: l’ecodesign non sottintende semplicemente un discorso che molti potrebbero definire “buonista”, perché oltre al rispetto per l’ambiente c’è anche l’aspetto finanziario. Le aziende stesse potrebbero trarne dei vantaggi a livello economico e di immagine, ma non sempre se ne rendono conto».

 

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Categorie: Ambiente

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