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22 Giugno 2018

Quattro chiacchiere con Zerocalcare

Il celebre fumettista romano si racconta in un dibattito al campus Einaudi, parlando del suo lavoro e di attualità

Luca Ferrua

Zerocalcare al Campus Einaudi

Zerocalcare al Campus Einaudi

È un pomeriggio cocente quello di martedì 19 giugno e nella piazza centrale dell’ateneo di Lungo Dora gli studenti iniziano a radunarsi sull’erba. È la prima delle tre giornate della Summer Invasion, l’iniziativa del collettivo Campus Invaders volta ad ampliare il concetto di formazione universitaria anche a liberi confronti su temi di interesse sociale; in quest’ottica è stato invitato Michele Rech – in arte Zerocalcare – per presentare il suo ultimo fumetto e parlare del suo impegno pacifista.

LA VOCE DI UNA GENERAZIONE
Timido e magrolino, ma dai modi schietti e onesti: così si presenta il disegnatore, che nonostante la fama raggiunta ancora si sente in imbarazzo di fronte a tanto pubblico, «ma poi me sciolgo» dice lui e infatti riacquista la sua verve, condita con un’abbondante dose di romanesco.
Inizia così a parlarci del suo ultimo libro, Macerie Prime – Sei mesi dopo, capitolo conclusivo di un’opera dai tratti autobiografici che parla di crisi, ansia e frustrazione che si trasformano in rabbia: una realtà fin troppo condivisa dal pubblico che lo segue. Da anni ormai l’autore è infatti portavoce più o meno involontario di una generazione schiacciata tra il desiderio di espressione e la mancata realizzazione personale o professionale.
Ci racconta che ha scritto questo fumetto quando si è reso conto che alcune persone a lui vicine «questa dimensione non erano riuscite a superarla». É così che i suoi amici sono diventati coprotagonisti di un’esperienza collettiva, alla ricerca di una realtà che li possa valorizzare e gratificare.

DIETRO LE QUINTE DEL FUMETTO
Grazie alle domande dal pubblico Zerocalcare ha anche l’occasione di raccontare alcuni aneddoti interessanti. Scopriamo ad esempio la realtà del fumetto in Italia: un luogo in cui la nona arte vive ancora ai margini della letteratura come «un hobby per ricchi», con cui pochi riescono a mantenersi nonostante sia uno dei rari settori in crescita nell’editoria.
Non manca inoltre di mostrarci la sua vena autoironica e irriverente – usata per stemperare la sua natura crepuscolare – raccontandoci ad esempio di quando un grosso editore, che “rosicava” perché snobbato, per vendicarsi gli spoilerò il finale della seconda stagione di Homeland.

TRA SIRIA E DJ SET
Il pomeriggio procede con un excursus sulla guerra in Siria: Michele condivide l’opinione del collettivo sulla contraddizione della stampa nazionale, che in occasione del bombardamento su Afrin del marzo scorso ha dedicato le prime pagine a lui perché dopo il suo viaggio nel paese ormai è un personaggio mainstream, piuttosto che dare voce a realtà più coinvolte direttamente, come ad esempio il Centro Culturale Kurdistan-Italia.
Per un attimo ci fa anche sognare, rivelandoci una mezza idea di trasferirsi a Torino (ma no: resterà a Rebibbia) e sulle note del dj set dell’aula C1 si prepara per un ultimo “accollo”: la sessione dei disegni a richiesta da parte dei fan.

 

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Categorie: Cultura

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