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19 Marzo 2019
Peace therapy, dentro l’ospedale di Kabul con Emergency
L’organizzazione di Gino Strada arriva al Politecnico con un tir che permette di compiere un viaggio virtuale per conoscere la realtà quotidiana negli ospedali di Iraq e Afghanistan
Alice Dominese
Corso Castelfidardo 39, mattina di mercoledì 13 marzo: l’ospedale di Kabul arriva al Politecnico di Torino. Mentre prendono avvio le lezioni, un tir viene posizionato alle porte dell’ateneo insieme ad alcuni gazebo dai volontari di Emergency per ospitare un viaggio virtuale all’interno del nosocomio della capitale afghana. L’iniziativa è nata dalla collaborazione fra Emergency Infopoint Torino e Alter.Polis e si chiama Peace Therapy – Dalla guerra si può guarire. Per guarirne, serve conoscerla, soprattutto dal punto di vista delle sue vittime: con questo messaggio inizia un’esperienza interattiva che ci porta ad assumere, anche solo per poco tempo, un’altra identità.
Soraya ha 18 anni, è incinta e deve viaggiare a lungo per ottenere le cure necessarie ad affrontare un parto podalico, che negli ospedali statali le vengono negate; Habib di anni ne ha 10 e una mina a forma di pappagallo verde raccolta per strada gli è esplosa fra le mani, strappandogli parte del viso e degli arti. Sono casi reali, persone come tante in Afghanistan in cui all’inizio della visita siamo invitati a immedesimarci.
Riceviamo una carta che riporta il loro volto e la loro storia, firmiamo con l’impronta digitale i documenti per l’accettazione e in questo modo diventiamo per venti minuti pazienti dell’ospedale di Kabul. La riproduzione dell’iter ospedaliero avviene all’interno del tir di Emergency, dove i volontari ci mostrano una serie di filmati che raccontano come funziona un ospedale di guerra. Dopo pochi minuti dall’inizio della spiegazione, una signora chiede di uscire, è impressionata e ha bisogno di prendere un po’ d’aria, dice. Nel buio del tir siamo circa una decina, affastellati intorno agli schermi su cui scorrono le immagini delle sale operatorie: l’atmosfera è concitata, ma il modo di operare visibilmente organizzato, l’ambiente pulito e gli spazi adeguati, non manca nulla. Come ci viene spiegato, gli ospedali di Emergency sono realizzati in toto dall’organizzazione stessa per curare nei minimi dettagli la funzionalità della struttura e rispettare il territorio. L’ospedale di Kabul, ad esempio, è costruito attorno a un grande mango.
Dalla sala operatoria si passa alla fase del recupero fisiologico e poi a quello del risveglio. Il momento è cruciale perché spesso chi supera l’operazione deve affrontare la perdita di chi era con lui durante la sparatoria o l’esplosione. In questa fase il personale sanitario si occupa di mettere in contatto il paziente con i familiari, di nutrirlo con tre pasti al giorno gratuiti e di assisterlo nella riabilitazione, che deve essere il più efficace possibile dal momento che nessuno tornerà per portare a termine la terapia. Il rischio di far ritorno nei centri di Emergency, pur essendo gratuiti, è infatti ancora troppo elevato.
Durante la riabilitazione, veniamo accompagnati in un giardino. Ogni ospedale ne possiede uno per offrire ai propri ospiti un’oasi di pace e un’alternativa al degrado violento in cui sono sempre stati immersi. L’alternativa, però, non è un’illusione: in molti casi alle vittime civili e alle vedove di guerra vengono offerti posti di lavoro e formazione all’interno delle strutture ospedaliere per uscire dalla povertà e dalle situazioni critiche.
Qui la nostra visita si conclude ricevendo la tipica fascetta di pace di Emergency; fuori dal gazebo per studenti e visitatori è possibile approfondire il viaggio virtuale attraverso dei visori che, grazie alla realtà aumentata, ci proiettano nella Valle del Panshir, all’interno del suo enorme Centro di maternità.
Emergency è attivo in Afghanistan dal 1999 con tre centri chirurgici per le vittime civili, numerosi posti di primo soccorso e centri sanitari e solo nel 2017 si è occupato di oltre 45.570 ricoveri, tutti gratuitamente garantiti insieme con i 61.264 interventi chirurgici realizzati. L’avanguardia tecnica e professionale dell’ospedale di Kabul è tale da averlo reso un centro di formazione specialistica in chirurgia di urgenza e traumatologia, che nell’ultimo periodo ha fornito 250 operatori sanitari fra medici e infermieri.