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27 Marzo 2019

The Sweet Life Society torna a far ballare con Manifesto!

Fra anteprime e guerrilla marketing, l’attesa per l’ultimo disco del gruppo electro-swing torinese è quasi finita: intervista al co-fondatore Matteo Marini

Francesca Vaglio Laurin

Uno dei manifesti di guerrilla marketing dei Sweet Life Society

Uno dei manifesti di guerrilla marketing dei The Sweet Life Society

Il 29 marzo esce Manifesto!, il nuovo album dei torinesi The Sweet Life Society, formazione electro-swing nata nel 2008 dall’incontro tra i produttori musicali Gabriele Concas e Matteo Marini. Dopo l’esordio nel 2014 con Swing Circus e il disco Antique Beats del 2018, la band firma ora il suo terzo album in studio, in uscita per l’etichetta Black Seed Records. Per l’occasione abbiamo intervistato Matteo, 34 anni, co-fondatore del gruppo.

GUERRILLA MARKETING SUI MURI DI TORINO
Nelle scorse settimane il nuovo disco ha fatto parlare di sé grazie a una riuscita campagna di guerrilla marketing: in diverse parti di Torino sono comparsi dei manifesti che univano immagini forti legate a problemi sociali e di attualità alle definizioni di termini come speranza, libertà, verità, accoglienza e sostenibilità. Su tutti l’hashtag #Manifesto, senza ulteriori informazioni o spiegazioni. Un gioco di contrasti che ha suscitato la curiosità e gli interrogativi di molti, fino a quando la band ha svelato che si trattava di un’operazione legata all’uscita del nuovo album.
«L’idea – spiega Matteo – è nata non solo come esigenza di promuovere il disco, ma anche di sfruttare la fortuna di fare il nostro mestiere per lanciare dei messaggi in questo particolare momento storico, per rappresentare in maniera iconografica quello che sta succedendo nel mondo». Nei manifesti, infatti, il testo con la definizione dei termini scelti appare barrato, una sorta di negazione per indicare che «l’umanità non si sta occupando di quel determinato tema», dalla povertà alla devastazione ambientale, alle migrazioni. Ma se le immagini apparse sui muri della città delineano un presente piuttosto cupo, le sonorità di The Sweet Life Society vogliono lanciare invece un messaggio diverso, un invito a cambiare la realtà che ci circonda: «L’umanità è anchequalcosa di positivo, siamo padroni del nostro destino, anche se sicuramente ci sono dei meccanismi più grandi di noi. Ma la nostra è una musica positiva».

SONORITÀ INTERNAZIONALI
Manifesto! è stato anticipato nelle scorse settimane dal singolo Better Than That, che il gruppo ha suonato in anteprima in piazza Castello il 15 marzo dal palco della manifestazione #FridaysForFuture. «Ci siamo resi conto che l’uscita del disco era molto vicina alla data del corteo – racconta Matteo – per cui abbiamo deciso di usare quell’amplificatore per dire la nostra, per parlare con una canzone».
Sulla base incalzante del brano, in Better Than That la vocalist del gruppo Giulietta Passera riprende i temi comparsi sui manifesti, cantando in inglese “Siamo sensibili a ciò che è bello, siamo sensibili a ciò che è vero. Quale parola può definire la bellezza meglio della parola verità?”. Un piccolo assaggio di quanto troveremo nel nuovo album, che vanta tra l’altro diverse collaborazioni internazionali e locali, tra cui quella con una cantante lirica siriana, con una band palestinese e con Yendry Fiorentino dei Materianera, altro gruppo torinese. Una scelta non casuale, come racconta Matteo: «Nel processo creativo del disco abbiamo esteso a sonorità diverse che potessero rendere la musica un po’ più universale».

TRA MUSICA E ATTUALITÀ
Dalla scelta del titolo alla campagna di guerrilla marketing, passando per la decisione di suonare durante la manifestazione studentesca per il clima, Manifesto! si presenta come un album profondamente radicato nell’attualità. «Il disco – spiega Matteo – è nato dopo l’estate scorsa, quando abbiamo avuto la possibilità di entrare in studio per tre mesi senza pressioni temporali e senza darci dei paletti». Di qui la scelta di far confluire al suo interno una presa di posizione su molte questioni importanti: «La musica è da sempre uno strumento fondamentale per veicolare messaggi, perché tocca corde emotive profonde. Una parte del mondo che abbiamo visto, come i festival internazionali, sono molto legati a questo: non sono solo business, ma un modo per sperimentare una socialità diversa».
L’album riflette anche una serie di esperienze collaterali maturate dal gruppo in questi anni, tra cui quella con i One blood family, formazione musicale nata nel 2017 da un gruppo di richiedenti asilo sostenuti dalla cooperativa Atypica di Collegno e dagli stessi Sweet life society. «Anche lavorare con loro ci ha fatto capire che non potevamo solo fare musica fine a sé stessa – conclude Matteo – il narcisismo da social network di certi artisti non ci è mai appartenuto. Ci siamo guardati e ci siamo detti che questo era quello che sentivamo».

 

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Categorie: Musica

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