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24 Luglio 2019

Aquaseek: dal Politecnico una macchina per combattere la siccità

Presentata all’Italian Tech Week di fine giugno, si tratta di un apparecchio che potrà generare acqua in aree desertiche

Carlotta Bianchini

Un prototipo di Aquaseek

Un prototipo di Aquaseek nel cortile del Politecnico

Vincenzo Gentile ha 30 anni ed è dottorando di ricerca in Ingegneria Energetica al Politecnico di Torino. Da tre anni con il suo team e il suo tutor Marco Simonetti sta lavorando ad Aquaseek, un progetto innovativo che potrebbe essere un’efficace soluzione per “portare” l’acqua in tutti quei paesi al mondo che ancora ne sono privi: dalle zone dell’Africa subsahariana, della Cina e dell’India a tutti quei nuovi grossi centri urbani che nascono senza fonti idriche disponibili. Il prototipo è stato presentato poche settimane fa nel corso dell’Italian Tech Week svoltosi proprio nella nostra città.
Come ideatore del progetto Vincenzo ci ha accolti nel suo laboratorio per rispondere alle nostre domande.

Da dove è cominciato il tutto e in cosa consiste il progetto?
«Sin dall’inizio l’idea è stata quella di utilizzare sistemi alimentati a energia solare per produrre del freddo. Poi, studiando le interazioni particolari con il vapore, abbiamo voluto sperimentare proprio la produzione di acqua. In poche parole, abbiamo sviluppato un sistema che condensa acqua in zone aride, sfruttando soltanto il sole e il vapore, anche minimo, presente nell’atmosfera. Dopo gli studi iniziali, ci siamo dedicati alla costruzione dei prototipi».

Come funzionano?
«Per capire il funzionamento della macchina basta immaginare il condizionatore di casa che, alimentato a corrente, produce aria fredda raccogliendo l’acqua in una tanica. Noi abbiamo stravolto il concetto. Infatti, se nei normali condizionatori per condensare acqua è necessario scendere a una temperatura molto bassa, questa macchina lo rende possibile restando a temperatura ambiente. Questo grazie a collettori solari che alimentano il sistema e a materiali particolari che agiscono come spugne. In un primo momento impiegavamo palline di silica gel, mentre ora abbiamo sviluppato un altro materiale biocompatibile derivato da prodotti che si utilizzano normalmente in ambito alimentare. Applichiamo cicli termici di rigenerazione: prima raccogliamo il vapore nel materiale, poi lo bersagliamo con del calore e facciamo condensare il vapore prodotto a temperatura ambiente. Ovviamente prestiamo attenzione alle polveri e ai fattori inquinanti presenti nell’aria».

Quali sono i consumi?
«È una macchina che non consuma energia. O meglio, ha un consumo molto limitato, di circa una sessantina di watt per azionare le pompe e i componenti, ma se si pensa che i condizionatori di casa ragionano in termini di kW, il vantaggio c’è. Secondo noi l’idea è vincente perché usiamo due risorse gratuite e distribuite ovunque sulla Terra: il sole e l’aria»

Qual è l’obiettivo più ambizioso che vi siete posti?
«A essere sincero noi ci occupiamo del singolo prototipo e ci lavoriamo per molto tempo. Per questo cerchiamo di pensare al presente, lasciando che le cose prendano piede con calma. In collaborazione con l’Energy Center stiamo lavorando però anche a un altro progetto interessante che applica un sistema analogo al settore agricolo, il più grande consumatore di risorse idriche. L’idea è applicare lo stesso principio in una serra, utilizzando le nostre macchine».

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Categorie: Ambiente

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