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18 Settembre 2019
La Piattaforma Bioeconomia, per un Piemonte attento all’ambiente
Una serie di progetti in cui imprese e centri di ricerca lavorano insieme per il pianeta, a partire dalla nostra regione
Alice Dominese
Ridurre gli sprechi, trasformare le risorse rinnovabili e aumentare l’ecosostenibilità della filiera produttiva industriale e agroalimentare: così il Piemonte investe sulla bioeconomia. Con questo termine ancora poco diffuso si fa riferimento a un’economia basata sull’utilizzo di risorse naturali rinnovabili e sulla loro trasformazione in alimenti o bioenergie, ma per bioeconomia si intende anche la pratica dello scambio e del riuso consapevole di oggetti e materiali che potrebbero andare buttati in modo ben poco lungimirante. Approvati nell’aprile di quest’anno, sono nove gli ambiziosi progetti sul territorio promossi dalla Direzione Competitività del Sistema Regionale per favorire questo nuovo modello di sviluppo e innovazione.
«Economia circolare, agrifood, riciclo di rifiuti urbani e riuso delle biomasse sono gli ambiti a cui il programma si rivolge per produrre energia sostenibile» spiega Vincenzo Zezza, il responsabile del settore Sistema universitario, diritto allo studio, ricerca e innovazione. Con circa 90 partner coinvolti, fra cui piccole e medie imprese e centri di ricerca di riconosciuta eccellenza internazionale, la Piattaforma Bioeconomia è finalmente pronta per sperimentarsi.
Nata nel 2017 con l’obbiettivo di favorire lo sviluppo sostenibile, la Piattaforma gode di un finanziamento pari a circa 65 milioni di euro, di cui 40 provenienti dal Por-Fesr (Programma Operativo Regionale e Fondo europeo di Sviluppo Regionale) mentre la restante parte arriva da quote nazionali e regionali.
Come Zezza illustra, i progetti fanno perno sulla tecnologia 4.0 e mirano a ottenere un impatto elevato su più fronti, in particolare la collaborazione e lo scambio di competenze fra settore produttivo e di ricerca insieme alla crescita della formazione e dell’occupazione lavorativa. Un circolo virtuoso, insomma, quello pianificato dalla Direzione Competitività del Sistema Regionale, strutturato per valorizzare il patrimonio agroalimentare piemontese e tutelare l’ambiente, ma non solo. Alla base del progetto, infatti, emerge anche la volontà di affrontare il problema degli sprechi e dell’inquinamento generando il benessere del consumatore e del cittadino.
Come? Sul fronte del riciclo, il progetto Reciplast si propone di migliorare il ciclo di trasformazione e riuso delle plastiche da imballaggio alimentare e automobilistico, i cui scarti oggi non riescono a essere efficacemente smaltiti e producono grandi quantità di inquinamento; Saturno comprende l’insieme delle attività rivolte alla conversione dei rifiuti organici e dell’anidride carbonica in bio-carburanti, mentre Prime, grazie alla ricerca della chimica verde, si concentra sulla trasformazione di materiali di scarto dell’industria tessile, agricola, cosmetica e dell’automotive in bioprodotti nuovamente pronti per l’utilizzo.
Invece Nutracore, Fdf, Pinin e Tech4milk sono gli acronimi dei quattro progetti dedicati all’agroalimentare e all’applicazione delle biotecnologie. In particolare, i partner si occuperanno di produrre nuovi ingredienti ecosostenibili creati attraverso la chimica verde, di identificare molecole farmacologicamente attive presenti in latte, miele e uova ed escluderle se indesiderate, di introdurre tecnologie per tracciare gli alimenti e proteggerne i diritti di proprietà intellettuale dalle falsificazioni diffuse sui marchi di qualità, infine di aumentare la sostenibilità della filiera del latte piemontese, riducendo gli sprechi e migliorando le condizioni di benessere degli animali da allevamento allo scopo di aumentare il valore della produzione a livello nazionale e internazionale.
A fronte dei numerosi campi coinvolti, le misure concrete previste dalla Piattaforma Bioeconomia per agire contro l’inquinamento, l’impoverimento delle risorse naturali e la sovrapproduzione fanno ben sperare nella possibilità di innescare un cambiamento positivo per il pianeta. Il suo impatto, oltre a modificare finalmente sistemi di produzione nocivi, potrebbe infatti riuscire a coinvolgere anche il comportamento dei consumatori. Educare all’economia circolare, alla cultura del riuso e alla pratica della collaborazione ecosolidale è un processo che inizia anche da qui.