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15 Ottobre 2019

Storie di musicisti: intervista all’Andando Vedendo Duo

Matteo Bevilacqua e Michaela Senetta ci hanno raccontato le origini e gli sviluppi del loro progetto musicale, fra impostazione classica e jazz-rock

Fabio Gusella

Matteo Bevilacqua e Michaela Senetta - Andando Vedendo Duo

L’Andando Vedendo Duo

Per conoscere meglio il “dietro le quinte” del mestiere di musicista abbiamo intervistato Matteo Bevilacqua (chitarra e voce) e Michaela Senetta (pianoforte e voce), coppia di innamorati che forma l’Andando Vedendo Duo.
Michaela, 31 anni, è figlia di una pianista e fin da bambina studia pianoforte e canta in un coro di voci bianche; in prima media frequenta il Conservatorio, dopodiché una serie di vicissitudini fa sì che interrompa lo studio per svariati anni, salvo poi iscriversi al triennio di canto lirico. Successivamente fa parte di numerose formazioni classiche e non, con cui partecipa a manifestazioni come MiTo Settembre Musica, Scatola Sonora e Musica in Corte. Anche per Matteo l’incontro con la musica avviene molto presto ma, pur studiando il pianoforte dall’età di 7 anni (ora ne ha 37), il vero colpo di fulmine si verifica verso i 15 anni, quando scopre la chitarra elettrica e l’heavy metal. In seguito, la sua passione spicca il volo: dopo aver preso lezioni con diversi insegnanti privati frequenta il Cpm Music Institute di Milano, dopodiché si trasferisce a Londra per laurearsi in Performance e Produzione al London Centre of Contemporary Music.
Lasciamo ora la parola a loro.

Ci spiegate l’origine del nome del vostro duo?
Michaela: «Un anno ho insegnato in una scuola materna in cui lavorava una maestra di nome Rosina. Con l’avvicinarsi del saggio volevo cominciare a organizzare il tutto e, ogni volta che le chiedevo qualcosa, mi rispondeva con un marcato accento del sud: “Andando vedendo, andando vedendo”, per cui è rimasto un po’ il mio motto quando non so bene dare una risposta in quel momento. Di conseguenza, quando dovevamo scegliere il nome del duo, dicevamo sempre “Andando vedendo”, e alla fin fine ci siamo affezionati».

Quali sono stati i vostri primi passi come coppia musicale?
Matteo: «Ci siamo conosciuti nel 2014, tutto è nato da lì. La prima volta che abbiamo provato a suonare insieme è stato a Brescia. A quel tempo avevo appena ottenuto il trasferimento da Londra e un passo alla volta stavo tentando di ritornare a Torino, per cui Brescia rappresentava un buon passo avanti. Pur non avendo ancora certezze su dove avremmo poi suonato, il pragmatismo di Michaela ha avuto la meglio, per cui abbiamo registrato un piccolo demo casalingo. Mentre io impiegavo il tempo a preoccuparmi per il basso livello audio ottenuto dal modesto microfonino del computer, Miky ha invece iniziato subito a caricare le tracce online. Ancora oggi riecheggia la sua voce che mi dice: “Un passo alla volta: cominciamo con questo, è meglio di niente. Andando Vedendo!”. Un paio di mesi dopo stavamo già suonando a un battesimo».

E’ stato semplice conciliare i vostri stili, più classico per Michaela e più jazz-rock per Matteo?
Michaela: «Per me è stato fantastico cominciare a suonare con Matteo, una svolta. Il percorso classico che ho fatto, che non modificherei, mi ha dato certamente molta tecnica, ma anche tanta chiusura. Matteo mentre ha un approccio completamente diverso, trasporta all’istante con una facilità incredibile qualsiasi brano in tutte le tonalità che gli chiedo, fa degli arrangiamenti fantastici senza bisogno dello spartito “prefatto”, mi sta davvero aiutando a sbloccarmi. Per la scelta dei brani ogni tanto propongo io qualcosa di più affine ai miei gusti, altre volte lui. Ci capita anche di scartare idee che non incontrano i gusti di entrambi».
Matteo: «Io vedo la storia dall’altra prospettiva. Il mio percorso formativo mi ha portato a sviluppare quelle che sono le caratteristiche più tipiche del turnista, ovvero il sapersi adattare alle varie situazioni creando il supporto più comodo e agevole possibile per i cantanti o solisti in genere. I cantanti il più delle volte provenivano da realtà simili alla mia, meno didattiche o tecniche in favore del puro “talento”, per cui la collaborazione spesso si incappava in difficoltà di comunicazione e di esecuzione. Al contrario con Miky è andato tutto liscio in quanto, oltre alla sua voce meravigliosa, alla base c’è anche lo studio e la conoscenza. Ed è vero quello che ha detto prima: di concerto in concerto sento crescere la sua espressività ogni volta. Spesso chiudo gli occhi e la ascolto, chissà se ci ha mai fatto caso».

A quali autori e generi vi ispirate maggiormente?
Matteo: «Sono cresciuto dicendo di essere un metallaro convinto, in quanto vedevo e vedo tuttora nel metal una risposta coraggiosa a tutta quella musica che è il frutto del “non pensare”, e che ci prende per sfinimento solo perché qualcuno ha deciso così. Crescendo, ho imparato che nel mondo c’è altra bella musica, per cui sento di ispirarmi pienamente a chiunque scriva belle canzoni e non è una cosa scontata! Vige la vecchia regola: se prendi una canzone, togli tutti gli strati di produzione, tutti i “beat” e gli abbellimenti, la suoni chitarra e voce o pianoforte e voce e ancora funziona, allora hai una bella canzone. Detto ciò forse avrei potuto rispondere semplicemente: adoro i Queen e Joni Mitchell».
Michaela: «Non so se mi ispiro realmente a qualcuno. Ascolto veramente di tutto, chi sale sulla mia macchina si stupisce dalla varietà di musica che ci può essere in un solo cd: se come prima traccia si può ascoltare un’aria di Mozart, la seconda magari è Cemetary gates dei Pantera, la terza un lentone di Fedez e così via. Posso dire che mi piacciono molto gli stili di Regina Spektor e Tori Amos, purtroppo non conosciutissime alle masse».

Quali sensazioni e quali atmosfere cercate solitamente di trasmettere al vostro pubblico?
Michaela: «Il nostro obiettivo è quello di creare una atmosfera elegante e raffinata senza essere invasivi. Non che l’essere di puro sottofondo sia un obiettivo, ma ci piace anche rispettare il contesto, nel caso di un’esibizione a un matrimonio per esempio. Quando invece l’attenzione è rivolta verso di noi mi auguro che la nostra musica possa permettere all’ascoltatore di distrarsi dai pensieri di questo mondo sempre di corsa e di “viaggiare” fuori dal tempo».

Che cos’è il progetto Post Generation?
Matteo: «Post Generation è da diversi anni la mia valvola di sfogo creativa. Il genere è rock progressivo pesantemente ispirato da Steven Wilson e i suo Porcupine Tree. L’album di debutto è uscito nel 2014 e da allora sto lavorando a un vero e proprio concept album con tanto di trama, personaggi, illustrazioni con l’obiettivo di calare l’ascoltatore nella storia, come se si stesse leggendo un libro o guardando un film. Da ragazzo ho provato proprio quella sensazione ascoltando Operation Mindcrime dei Queensriche e da allora ho sempre avuto il tarlo di voler realizzare un concept album».

Altri progetti?
Michaela: «Oltre a Amblelele, il nostro trio irlandese insieme a una violinista, Carlotta, abbiamo tante idee da sviluppare per quanto riguarda il duo, anche in collaborazione con altre persone. Non vogliamo rivelare troppo ma da gennaio potrebbero esserci grosse novità, quindi vi conviene seguirci per rimanere aggiornati!».

Quali sono i vostri prossimi appuntamenti live?
Matteo: «Abbiamo iniziato una bella collaborazione con due locali. Quindi oltre che nei vari posti in cui gireremo, ci potrete trovare con più frequenza all’Hype di Chivasso, un piccolo covo d’artisti con ottima musica dal vivo, e al Rismile di Beinasco».

 

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Categorie: Musica

Commenti (1)

  1. Giampaolo ha detto:

    Al di là delle parole che potrebbero lasciare il tempo che trovano Andando Venendo Duo è un gruppo la cui musica e interpretazione arriva direttamente al cervello per poi fondersi in una infinità di emozioni…la voce di Michaela (sublime e preparata come poche interpreti possono vantare) la chitarra di Matteo che ti incanta alle prime note, un Duo da ascoltare, un Duo da seguire, un Duo da amare…la loro forza è l’innovazione e credetemi ne hanno veramente tanta. Ad Maiora ragazzi

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