Home » Tecnologie » Licenze dei videogame alla sbarra

18 Ottobre 2019

Licenze dei videogame alla sbarra

La celebre piattaforma statunitense Steam condannata in una sentenza storica riguardante la possibilità per gli utenti di rivendere l’usato

Luca Ferrua

Piattaforma Steam - licenze

La piattaforma Steam dovrà permettere la rivendita delle licenze

In questi anni il mondo della tecnologia e dell’elettronica ha fatto passi da gigante, evolvendosi a una velocità tale da essere paragonata a una moderna rivoluzione industriale.
Il settore dei videogiochi fa chiaramente parte di questa macrocategoria e negli ultimi tempi anch’esso ha subito il fascino della dematerializzazione: così come per il ramo musicale e quello cinematografico, il progresso delle connessioni internet ha portato queste industrie a offrire al consumatore prodotti digitali piuttosto che fisici, generando però così un mercato grigio che impedisce la rivendita dell’usato. Proprio questa è infatti l’accusa rivolta a Valve, la software house statunitense che a settembre a Parigi è stata condannata da una sentenza che la obbliga a permettere agli utenti di rivendere le licenze in loro possesso, ma andiamo per gradi.

STEAM
Nel 2003 l’azienda fondata da Gabe Newell e Mike Harrington – già famosa per il gioco Half Life che fece da apripista ai moderni sparatutto in prima persona – lancia sul mercato Steam, una piattaforma per distribuire e gestire videogiochi per i suoi utenti.
Trattandosi però di distribuzione digitale, ogni cliente invece di acquistare un prodotto fisico ottiene una licenza per scaricare, installare e utilizzare un titolo all’interno della propria libreria Steam, la quale si occupa di registrare l’acquisto e mantenere il gioco aggiornato e fruibile. Questo sistema innovativo per l’epoca portato la piattaforma da 1.500 a oltre 36.000 titoli in quindici anni con decine di milioni di utenti attivi ogni giorno, trasformandola di fatto in una diretta rivale delle consolle PlayStation, Xbox e Nintendo.

LA SENTENZA
Come si legge dal contratto che ogni cliente stipula con Steam al momento della sottoscrizione di un account sulla piattaforma, gli utenti vengono definiti da Valve come “abbonati” e pertanto secondo l’azienda non hanno diritto a rivendere alcunché.
Proprio su questo punto si è concentrata l’associazione francese per i consumatori Ufc-Que Choisir, che nel 2015 fa causa a Valve affinché cambi alcuni termini. Nel settembre scorso il tribunale le dà ragione, sostenendo in parole povere che siccome l’utente acquista una licenza a tempo indeterminato secondo le leggi europee non si possa parlare di abbonamento, obbligando di fatto l’azienda americana a rivedere la sua politica entro sei mesi.

POSSIBILI RIPERCUSSIONI
Ovviamente la Valve non ci sta e ha detto che ricorrerà in appello, ma se questa sentenza dovesse essere confermata offrirebbe un precedente unico nel campo della distribuzione digitale.
Questo è infatti un problema già noto: da una parte queste modifiche permetterebbero un mercato dell’usato che offrirebbe una garanzia sui prodotti digitali pari a quella per i beni fisici – altra annosa questione su cui si dibatte in Unione Europea – ma dall’altra c’è chi teme che tale mercato possa danneggiare i produttori minori, che proprio grazie a piattaforme come Steam o Epic Games sono riusciti a emergere dando risalto al genere indie.

 

Tag: , , , ,

Categorie: Tecnologie

Lascia un commento