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26 Novembre 2019

La bellezza del mondo contro le crisi del pianeta

Nel programma del TFF spazio anche a documentari e dibattiti dedicati alla riflessione sull’attualità

Francesca Vaglio Laurin

Il dibattito dopo il film Passion - bellezza del mondo - TFF19

Il dibattito dopo il film “Passion”

Tra le novità della 37a edizione del Torino Film Festival che si svolge in questi giorni c’è un nuovo spazio tematico nella sezione TFFdoc. Si tratta della rassegna L’unica cosa che ho è la bellezza del mondo, che propone quattro documentari e un dibattito.
Come suggerisce il titolo (una citazione da La canzone di Alain Delon dei Baustelle), questo spazio vuole ritagliare un momento dedicato alla contemplazione di ciò che di bello abbiamo intorno, in un periodo in cui a livello globale sono molto forti e preoccupanti le problematiche ambientali, economiche e sociali.

Tra gli appuntamenti della sezione, ieri pomeriggio al cinema Massimo era in programma la proiezione di Passion – Between revolt and resignation, film-documentario del 2019 del regista svizzero Christian Labhart. La pellicola si apre con alcune immagini delle manifestazioni contro il G20 di Amburgo nell’estate del 2017, subito seguite da un salto nel tempo che porta gli spettatori alla fine degli anni ’60 e ai primi segnali di contestazione che stavano nascendo a varie latitudini del globo.
Sulle note della Passione secondo Matteo di J. S. Bach, il film ripercorre a grandi tappe gli avvenimenti e i movimenti sociali che hanno segnato gli ultimi 50 anni, in una scansione filtrata dalla biografia e dalle esperienze di vita del regista.

Alternando immagini d’epoca, filmati legati all’attualità e letture tratte dai testi di diversi autori (Kafka, Brecht, Žižek, Meinhof…), Passion dà spazio alle diverse iniziative che in questo arco di tempo hanno provato a creare un’alternativa al sistema economico e sociale nel quale siamo immersi, intervallando crude testimonianze visive degli effetti più devastanti che quello stesso sistema ha fin qui prodotto: dalle guerre ai disastri nucleari, dagli sconvolgimenti climatici alle profonde disuguaglianze economiche, dal consumo sfrenato alle migrazioni forzate.

Sullo sfondo si stagliano le domande che il regista ha posto a sé stesso in questi anni e che attraverso il film sembra rivolgere al pubblico, lasciando risposte in parte inevase: esiste una via d’uscita da tutto ciò o siamo destinati alla rassegnazione? E nel frattempo è possibile cercare di condurre una vita “giusta”, seppur all’interno del contesto cupo portato sullo schermo?
Queste stesse domande hanno animato il dibattito successivo alla proiezione, che vedeva come ospite principale lo scrittore e filosofo Franco Berardi. Riprendendo le immagini che aprono il documentario, in cui i manifestanti di Amburgo reggono un grande striscione con scritto “Welcome to hell” (“Benvenuti all’inferno”), l’autore ha suggerito che – anche se la risposta a questi interrogativi verrà solo dal prossimo futuro – l’alternativa e ciò che dovremmo coltivare oggi è «il piacere di continuare a incontrarsi negli spazi in cui quell’inferno viene messo in discussione».

 

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Categorie: Cultura

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