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19 Dicembre 2019
Guida all’arte urbana: Borgo Vecchio Campidoglio
Il nostro viaggio si conclude fra le vie che ospitano i murales e le installazioni del Mau, un museo a cielo aperto
Fabio Gusella
Immaginiamo per qualche istante la Torino di fine Ottocento: le sue case di ringhiera, le strade acciottolate, le botteghe artigiane. Ebbene, viaggiare nel tempo sembra possibile dal momento che esiste un luogo a Torino in cui le lancette paiono essersi fermate: parliamo di Borgo Vecchio Campidoglio. Storico quartiere operaio costruito a partire dal 1853 sui campi di proprietà della famiglia Doglio, questa borgata ha conservato nel tempo gran parte del suo aspetto ottocentesco, tanto che viene tuttora descritta come una sorta di paese nella città.
Tuttavia, l’antico quartiere racchiuso fra corso Svizzera e corso Tassoni non custodisce soltanto un significativo passato ma coltiva anche uno spumeggiante presente, in quanto è diventato negli ultimi anni un vero e proprio museo a cielo aperto, affermandosi come una delle zone più innovative e vivaci della città. Fra le sue vecchie vie, infatti, trova spazio il Mau, il Museo d’Arte Urbana.
Nato nel 1995 per riqualificare la zona e sostenuto fin dal principio dagli stessi abitanti, il Mau rimane ancora oggi un esempio unico in Italia e, anno dopo anno, ha accolto sempre più murales e installazioni, raggiungendo le 172 opere attuali. Per orientarsi in un tale labirinto, il sito mette a disposizione dei visitatori una mappa in cui sono indicate le collocazioni dei vari lavori.
L’aspetto più affascinante del museo è senz’altro la sua nascita dal basso: dopo un’iniziale fase di ristrutturazione urbanistica e rivalutazione architettonica del borgo, infatti, nel 1995 sono gli stessi cittadini a voler istituire un Comitato di Riqualificazione Urbana composto prevalentemente da docenti universitari e artisti. Si aggiungono all’iniziativa alcuni writer volontari, che realizzano le prime 13 opere. Vista la buona accoglienza da parte dei torinesi, il Comune decide di collaborare al progetto contribuendo a portare il numero totale di murales a 17. Nel 2000 nasce così il Mau, che undici anni più tardi sarà riconosciuto ufficialmente dalla Città di Torino come struttura museale e perciò inserito nella Carta Musei del Piemonte.
È appena il principio, poiché nel giro di alcuni anni il museo arriva a coinvolgere ben 104 artisti in 137 opere murarie e ambientali sparse nella parte vecchia, a cui vanno aggiunte le 35 installazioni esposte nella cosiddetta Galleria Campidoglio, una lunga carrellata di opere in teca collocate sulle pareti di via Nicola Fabrizi.
Un altro punto di forza del museo è la sua costante attenzione nei confronti dei giovani artisti: in occasione di alcuni lavori si è preferito far operare gli emergenti a stretto contatto con nomi già affermati, in modo da stimolare la crescita artistica dei primi e favorire la condivisione di esperienze diverse.
Il Mau non è fatto di sole opere murarie: ne sono un esempio le Panchine d’Autore di piazza Moncenisio, realizzate nel 2010 dall’artista e grafico Vito Navolio. Si trattava inizialmente di una decina di panchine, sulle quali sono stati dipinti alcuni omaggi dedicati a grandi nomi della pittura come Andy Warhol e Pablo Picasso. Grazie alla positiva accoglienza registrata fra i cittadini, l’idea è stata in seguito “esportata” oltre i confini del Borgo diventando un modello per l’arredo urbano di altri quartieri. Inoltre, dal 2014, il Mau ha ampliato sempre più il proprio raggio d’azione contaminando anche altre zone periferiche come Falchera, Mirafiori Sud e Vallette.
Nonostante sia disperso sul territorio, il Museo di Arte Urbana ha una sede in via Rocciamelone 7/c, dove è stata allestita la Galleria del Mau, uno spazio in cui spesso si allestiscono mostre d’arte curate dal presidente e direttore artistico del museo, il professor Edoardo Di Mauro, e si organizzano incontri culturali, eventi musicali e proiezioni cinematografiche.
Oltre alle visite guidate organizzate dallo stesso Mau (talvolta in bicicletta), è altrettanto piacevole scoprire il quartiere e il museo per conto proprio. In effetti, passeggiando per il borgo, si ha l’impressione di camminare fra le sale di un museo: sulla parete di un palazzo in via Netro 4, accanto alla chiesa di Sant’Alfonso de’ Liguori, un bambino ci indica un sole radioso invitandoci a entrare nel rione: si tratta di un grande murale dipinto dall’artista Gianluca Scarano. Accogliamo l’invito imboccando una via dopo l’altra, ricordandoci però di tenere il naso sempre all’insù, poiché a ogni passo una pittura potrebbe sorprenderci dall’alto.
All’angolo fra via Locana e via Musinè, ad esempio, incontriamo il coloratissimo murale intitolato Omaggio al Liberty (2016) di Vito Navolio e Francesca Nigra, in cui alcune eleganti dame d’inizio secolo si affacciano dalle finestre murate di una palazzina. La dolcezza decorativa dell’Art Nouveau svanisce del tutto di fronte a Mosche, un gigantesco nugolo di mosche realizzate a stencil dal torinese Sergio Ragalzi su una casa di via Ceres 11. Tutt’altra atmosfera ci accoglie in via Locana 19, dove la bolognese Roberta Fanti ha dipinto un’avvolgente rosa rossa sulla finestra di una casa, un fiore che sboccia ogni volta che si spalancano i battenti.
Concludiamo il percorso con due fra i tredici murales realizzati agli albori del Mau, nel 1996. In via Musinè 27, un enigmatico volto femminile emerge da un muro di foglie invitandoci al silenzio: stiamo parlando di Canto metropolitano dell’artista ormai scomparso Mercurio. Il nostro tour si conclude in via Musinè 13, dove un uomo altrettanto misterioso dipinto da Mario Marucci si toglie il cappello in segno di saluto. Ricambiando la cortesia, continuiamo la visita fra le strade di un museo che, non appartenendo a nessuno, appartiene a tutti.