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6 Aprile 2020
Giovani italiani in Usa: Elisa, ricercatrice a New York
Seconda puntata della nostra rubrica che racconta la vita di ragazze e ragazzi andati a studiare e lavorare negli Stati Uniti
Giovanni B. Corvino
Dopo la storia di Simona e del suo anno da au pair negli Usa, lasciamo che sia Elisa Tatti, oggi ricercatrice post-dottorato alla City University of New York – School of Medicine, a raccontarci come la sua esistenza sia cambiata dopo una proposta di lavoro arrivata dagli Stati Uniti, cosa significhi essere una donna italiana in carriera oltreoceano, e quali sfide abbia dovuto affrontare pur d’inseguire i suoi sogni.
Raccontaci un po’ di te e di come sei arrivata negli Usa.
«Originaria di Incisa in Val d’Arno, un piccolo paese alle porte di Firenze, dopo essermi laureata in psicologia ho alimentato la mia passione per lo studio del cervello e la mia sete di conoscere il mondo iscrivendomi al Dottorato Toscano in Neuroscienze. Da dottoranda ho così avuto la possibilità di vivere in due delle più grandi città al mondo, Londra e New York, con quest’ultima che è “casa” da circa quattro anni. È proprio qui che oggi, a 33 anni, sto studiando l’attività cerebrale durante i processi di apprendimento motorio, sia nella popolazione sana che in pazienti con malattia di Parkinson».
Eri stata a New York prima che ti si presentasse quest’opportunità?
«No e non l’avevo mai presa in considerazione. Sono volata a New York perché è stata la prima offerta di lavoro che ho ricevuto dopo aver concluso il dottorato. Purtroppo l’Italia non offre grandi opportunità per i ricercatori e, sebbene il mio desiderio sia quello di tornare in patria, al momento sfrutto le possibilità offerte da Paesi dove la ricerca è fortemente sostenuta».
Com’è stato il processo d’integrazione in città?
«Non credo di essermi ancora integrata nella società americana. Nonostante siano passati circa quattro anni dal mio arrivo, vivo in una bolla tricolore composta dal mio capo, i colleghi, il fidanzato e amici tutti italiani. A ciò si aggiunge il fatto che lavoro tantissime ore ogni giorno e faccio tutti i giorni due ore di metropolitana per andare al lavoro».
Data questa difficoltà nell’integrarti ci sono stati momenti in cui hai pensato di voler tornare in Italia?
«Questo non mi è mai successo, però ho vissuto un paio di episodi che sono stati davvero stressanti. Il primo riguarda la mia ex padrona di casa, la quale ricorrendo a mille scuse si è tenuta metà del deposito della prima stanza che avevo preso in affitto. Il secondo è avvenuto subito dopo: ho scoperto che mi ero trasferita in un appartamento in cui avevano omesso di dirmi che era completamente infestato dalle cimici. Dopo averle combattute, mi sono dovuta scontrare col peggiore dei mali: una discoteca latino-americana dietro al muro della camera da letto. Ho sempre pensato a questo trasferimento negli Usa come a un’esperienza di arricchimento e non come un “per sempre”. Forse è proprio ciò che mi ha dato la forza per affrontarne ogni situazione».
Com’è cambiata la tua vita?
«Probabilmente, sono ancora più in grado di adattarmi alle difficoltà rispetto a quanto non lo fossi prima. Inoltre, qui ho sicuramente avuto la possibilità di essere ben pagata per fare il lavoro che amo. Tutto, però, ha un costo e quello della mia carriera è il sentimento di mancanza che provo per gli affetti che ho lasciato in Italia».
Vuoi lanciare un messaggio ai giovani che stanno pensando a un trasferimento all’estero, appena l’emergenza Coronavirus lo consentirà?
«Non c’è regalo più grande che potete fare a voi stessi che una vita piena di avventure, perciò, che abbiate un obiettivo lavorativo concreto o meno, buttatevi senza timore, ma non senza prudenza!
Ci saranno momenti in cui vi sentirete persi e altri in cui vi chiederete cosa state facendo, ma credetemi, vivere con la propria pelle un’altra cultura vi arricchirà enormemente e vi renderà più forti e orgogliosi di voi stessi. Affidatevi ai consigli di chi ha vissuto la medesima esperienza prima di voi e, nel caso non funzionasse, averci provato resta comunque qualcosa che molti non avranno il coraggio di fare, qualcosa di cui andare orgogliosi e che nessuno vi toglierà mai».