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20 Aprile 2020

Volontariato a Torino: Serena e CasArcobaleno

Intervista a un’attivista Lgbtqia*+ che ci racconta la sua esperienza per una società più inclusiva, progetti ora a rischio con l’emergenza sanitaria

Giovanni B. Corvino

Ragazza sorridente con occhiali e capelli verdi davanti a sfondo arcobaleno - Serena Graneri

Serena Graneri

Secondo i dati pubblicati dalla nostra regione, sono più di 3.000 le associazioni di volontariato presenti in Piemonte, con un coinvolgimento di circa 400mila persone. Mappando l’intero territorio italiano, l’età media delle persone coinvolte è compresa nella fascia 40-60 anni, ma gli under 30 sono in aumento. Cosa spinge, allora, i nostri giovani a dedicare il loro tempo in un’attività che in termini economici non dà alcun guadagno?
A raccontarcelo è Serena Graneri, 27enne originaria della Val di Susa, impegnata con CasArcobaleno tramite Arcigay Torino “Ottavio Mai”, di cui è Vice Presidentessa e Tesoriere, mentre a livello nazionale ha la delega giovani nella Segreteria, coordinando così la rete Arcigay Giovani.

Cosa ti ha spinta a diventare una volontaria?
«Diventare una volontaria è stata una necessità. Sono una persona queer (termine comprensivo di tutte le identità sessuali e di genere non etero-normative o non binarie, ndr) nata e cresciuta in provincia di Torino. Per fortuna non sono mai stata vittima di discriminazione, ma sentivo il desiderio di voler conoscere il mondo Lgbtqia*+ per parlare chi avesse avuto esperienze simili alle mie. Uno dei tanti bei ricordi che porterò con me per sempre riguarda una giornata di formazione in un istituto della provincia torinese. Ero una neofita e non mi sentivo ancora a mio agio a parlare di fronte a una platea di 200 persone. Alla fine dell’incontro, quando erano quasi tutti tornati in classe, mi si avvicina timidamente una ragazza con gli occhi lucidi per dirmi “grazie”. Mi racconta che si era ritrovata tantissimo nella mia testimonianza e il fatto che fossimo lì a parlare di questi temi per lei è stato molto importante. In quel momento ho capito che io, Serena, potevo portare un cambiamento».

Che cos’è CasArcobaleno? Con l’emergenza sanitaria state ancora operando?
«Dal 2015 CasArcobaleno si batte contro ogni forma di discriminazione e offre servizi e progetti di promozione sociale e culturale su temi Lgbtqia+ e dell’antirazzismo a Torino. In questo periodo molte realtà del terzo settore come la nostra non si stanno fermando. Dopo il 9 marzo 2020 siamo stati tra i primi a dover chiudere fino a nuovo ordine e tutte le nostre attività in presenza sono state cancellate. Virtualmente rimaniamo accanto alle nostre comunità e abbiamo attivato diversi contenuti online, ma come tante altre associazioni ci troviamo senza tutele e il rischio della chiusura della nostra sede, e con essa la cessazione di tutte le attività e i servizi sul territorio, potrebbe essere presto concreto. Quindi chi ha la possibilità può fare una donazione, o fate passaparola del nostro crowdfunding Restiamo con CasArcobaleno perché, qualora chiudesse, sarebbe una perdita enorme per la comunità e tutta la cittadinanza».

Il tuo impegno nel sociale ha avuto dei risvolti a livello professionale?
«Tramite il volontariato non è raro acquisire delle competenze che possono diventare spendibili anche a livello lavorativo. Qualche anno fa, in alcuni contesti, mi era capitato di omettere le mie esperienze per paura di essere discriminata. Con il tempo, dopo aver deciso di far diventare ciò che facevo come volontariato una vera professione, mi sono ritrovata in un contesto molto più incline a valorizzare le mie esperienze. In campo educativo la gestione di gruppi, progetti e formazioni ha permesso di arricchire il mio curriculum. Inoltre, va aggiunta tutta la conoscenza del territorio che ho acquisito negli anni e la rete che ho costruito con chi lavora nel mio settore».

Cosa diresti a un giovane per invogliarlo a entrare nel mondo del volontariato?
«Gli slogan più utilizzati per cercare nuovi volontari e volontarie di solito fanno sempre riferimento ad aiutare il prossimo, fare del bene, contribuire alla causa, salvare le persone e tante belle cose per sentirsi “heroes, just for one day”. Vorrei provare a dire una cosa diversa dal solito: fate volontariato per voi. Concedetevi l’opportunità di crescita, di mettervi in gioco non per dovere, di incrociare occhi sconosciuti, di cambiare inaspettatamente opinione, di porsi in discussione e sentirsi parte di qualcosa dove insieme si va lenti, ma più lontano».

 

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Categorie: Intercultura

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