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27 Aprile 2020

Scrivi che ti passa

Una riflessione sul potere terapeutico della scrittura, dagli autori del passato all’epoca dei social, con qualche consiglio per vincere il blocco da foglio bianco

Adriana Scatolone

Collage di immagini: interno Facebook, quaderno con matita, libro, penna che scrive, schermo pc

Scrivere può essere terapeutico, al di là del mezzo utilizzato

“Avanti allora! È un momento penoso, quasi insormontabile: devo affidare il mio animo represso a uno stupido foglio di carta a righe”: così scrive Etty Hillesum, giovane studiosa ebrea, mentre vive ad Amsterdam in piena epoca nazista. Grazie alle pagine del suo diario, dà un ordine ai suoi pensieri e nel momento più buio di tutta la storia dell’umanità riesce a mettere nero su bianco tutto quello che c’è di bello nella vita, senza mai lasciarsi prendere dallo sconforto.
Nella letteratura di tutti i tempi vi sono numerosissimi esempi di autori che hanno affidato le loro paure alle pagine di un diario o di una lettera. Già nell’8 d.C, il poeta latino Ovidio, esiliato a Tomi per volere di Augusto, confessa nei Tristia che, in una situazione in cui gli è negato ogni tipo di comunicazione, la scrittura è per lui fonte di consolazione, in grado di attutire il suo dolore. Casanova, imprigionato nel 1755, diceva: “Se un prigioniero è un letterato, gli si dia un tavolo e della carta e la sua infelicità diminuirà di nove decimi”. E ancora Cervantes, Antonio Gramsci, Anna Frank, personaggi della nostra più alta tradizione hanno sfruttato il potere terapeutico della scrittura, che permette di rielaborare ciò che per noi risulta più difficoltoso affrontare.
Oggi è ancora vivo questo approccio allo scrivere?

In particolare tra le nuove generazioni, il classico diario è stato sostituito dai social. Basta pensare a Facebook: non appena si effettua l’accesso, si viene accolti con la domanda “A cosa stai pensando?” che ci invita a condividere le nostre riflessioni sul “diario” personale. Apparentemente poco cambia dal format tradizionale, tanto che ogni anno ci vengono mostrati i nostri ricordi passati, proprio come se sfogliassimo nuovamente le pagine che abbiamo condiviso. Ma è proprio nella parola “condividere” che risiede la grande differenza con le modalità di scrittura del passato: qualsiasi pensiero venga postato, raggiunge un pubblico più o meno ristretto e più o meno conosciuto. Questo particolare sicuramente tende a frenare la nostra mente e in parte anche a censurarla, perché non è per nulla facile esternare agli altri i nostri sentimenti più profondi.

Certo, anche condividere le nostre esperienze sui social può avere un potere terapeutico. Si pensi solo alla situazione attuale, in cui siamo tutti costretti all’isolamento: vedere altre persone attraverso le videochiamate o le dirette Instagram è sicuramente un modo per svagarsi e confrontare le nostre sensazioni con quelle di personaggi pubblici che ammiriamo forse ci fa sentire di meno la solitudine.
Inoltre sono partite numerose challenge che permettono di scavare nei nostri ricordi e nelle nostre passioni per ritrovare la serenità: si può menzionare ad esempio l’hashtag #sharethepositivity che richiede di scrivere frasi ispiratrici, consigliare libri o film che abbiamo particolarmente apprezzato o raccontare episodi divertenti delle nostre giornate; ancora, uno dei giochi virtuali più in voga in questo momento è quello di condividere foto che ci ritraggono in momenti felici, magari affacciati a paesaggi mozzafiato oppure mentre ci stiamo divertendo con i nostri amici. Questi tipi di attività virtuali hanno il duplice vantaggio di diffondere un messaggio di positività alla nostra community, ma allo stesso tempo quello di costringerci, in un momento difficile, a pensare a passaggi indimenticabili della nostra vita, nei quali ci siamo sentiti al meglio.

Tuttavia non tutti considerano i social un valido canale per esternare i propri sfoghi interiori e molti preferiscono ancora l’intimità del foglio di carta. Se volete provare a intraprendere questa esperienza ma avete il blocco della pagina bianca, ecco alcuni consigli.
Innanzitutto trovate un angolo in cui vi sentiate a vostro agio e ricreate un’atmosfera adatta, in grado di stimolare le vostre emozioni. A quel punto potete provare a scrivere un flusso di coscienza in stile Virginia Woolf: scrivete tutti i vostri pensieri, di getto, senza badare allo stile o alla punteggiatura; l’obiettivo è quello di sfogare la negatività, esternando tutte le paure e le ansie che abbiamo dentro di noi. Infine, potete stilare delle liste di tutto ciò che vi ha fatto stare bene: possono essere ricordi anche apparentemente insignificanti, libri, scene di film, un messaggio di un amico, una battuta, un’immagine… Va bene qualsiasi cosa vi abbia reso sereni e che sia in grado di strapparvi un sorriso in queste giornate particolari.

 

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Categorie: Tecnologie

Commenti (1)

  1. G.Franzinetti Tempestini ha detto:

    Molto interessante. Ben scritto e che denota una buona cultura.Mi è piaciuto e faccio i complimenti alla scrittrice.

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