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18 Giugno 2020

Giovani italiani in Usa: Anna Montagner, attrice e scrittrice

La quarta puntata della nostra rubrica è dedicata a una studentessa che, dopo la maturità, dalla provincia veneta è volata a New York

Giovanni B. Corvino

Ritratto in bianco e nero di ragazza con occhi chiari e capelli raccolti - Anna Montagner

Anna Montagner

Continua il nostro appuntamento mensile sulla vita di ragazze e ragazzi che hanno iniziato una nuova vita oltreoceano pur di inseguire i loro sogni. Raccontiamo oggi di Anna Montagner, 21enne originaria dalla provincia di Venezia, la quale – poco più che adolescente – è partita per New York con l’idea di diventare un’attrice di fama internazionale.
In Italia vi è solo un diploma accademico in recitazione equipollente a una laurea di 1° livello. Ad Anna però non è mai bastata una vita ordinaria, lei ha da sempre amato l’avventura più spericolata. Così dopo la maturità vola verso una città visitata una sola volta per una vacanza-studio, pronta a dare ogni giorno il meglio di sé per realizzare quel sogno coltivato fin da bambina. Laureatasi recentemente presso l’American Academy of Dramatic Arts – anche lei online a causa dell’attuale situazione sanitaria – ci racconta come abbia trascorso gli ultimi tre anni in un ambiente multiculturale, stimolante ma molto competitivo.

Anna, quando hai scoperto l’amore per la recitazione?
«È successo in quinta elementare, quando le mie maestre mi hanno “obbligato” a fare la parte di Clementina in Aggiungi un posto a tavola. Io ero una bambina molto riservata e in parte lo sono ancora, quel ruolo richiedeva di essere molto vivace e anche un po’ “stupidina”, così come diceva la mia insegnante di teatro. È stato un inizio turbolento e difficile, ma la prima volta sul palco non me la dimenticherò mai. Il buio prima di cominciare, la tensione collettiva e il supporto del gruppo durante lo spettacolo, come se dovessimo a tutti i costi proteggere un segreto che ci accomunava. È stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita e posso dire che ho ritrovato questo senso di unità a New York».

In che modo?
«Nella mia scuola gli studenti vengono un po’ da tutto il mondo e ho un gruppo di amici davvero multiculturale. Spesso si sente dire che New York non è America. Forse è pura verità. New York è una città di immigrati, di persone che arrivano da ogni dove e tutti offrono qualcosa di unico. La cosa che amo di più di questa città, però, è passare parte del mio tempo libero nei cafè o nei parchi di Manhattan, a leggere e scrivere. Consiglio Mud, un cafè nell’East Village in stile super newyorkese e Washington Square Park, dove la musica degli artisti di strada non manca mai».

Sei partita poco dopo la maturità. Com’è stato integrarsi così giovane e sola in una grande metropoli?
«New York è una città in cui tutti corrono, letteralmente. La concorrenza è altissima e se ci si ferma anche solo un istante si perdono tempo e occasioni. Per fortuna, anche se a distanza, il supporto della famiglia non manca e anzi, è proprio ciò che mi dà l’energia necessaria per andare avanti. Poi ci sono gli amici. Nei weekend abbiamo appuntamento fisso all’Angelika Film Center o al Metrograph, per un botta e risposta con qualche attore o regista. Inoltre, essendo una città piena di studenti, ci sono sempre molti progetti a cui collaborare».

Come pensi che ti abbia arricchita questa esperienza?
«Quando si decide di partire da giovani e magari è anche la prima volta che si vive fuori casa, si cresce in fretta. Non te ne rendi nemmeno conto e in un attimo ti trovi a far parte del mondo degli adulti, a prendere le tue decisioni e responsabilità. Partire richiede il coraggio di rinunciare al tempo che avresti potuto spendere con le persone a te care. Ciò però mi ha resa più consapevole e sicuramente più coraggiosa. Credo anche di essere diventata un po’ più “open minded”. In Italia era tutto bianco o nero, non c’era via di mezzo. Adesso riesco a prendere le cose con un po’ più di leggerezza e a sorridere di più».

Lo scoppio della pandemia ti ha portata a doverti spostare da New York.
«Purtroppo sì. Ora sono in Florida da più di due mesi ormai, con la famiglia di un mio amico. A causa dell’emergenza Covid-19, sono dovuta scappare da una città dove lavorare nel mondo dello spettacolo al momento è quasi impossibile. Voglio però anche continuare a studiare, quindi proseguirò i corsi in scrittura creativa. Per ora continuo a vivere la mia quarantena scrivendo. A gennaio, sperando sia finalmente possibile, il mio primo spettacolo come autrice verrà presentato in un festival teatrale. Questo è anche merito del non aver rinunciato ai miei sogni».

Cosa ti senti di dire a chi, giovane come te, vorrebbe partire appena sarà possibile, ma ha timore nel prendere questa decisione?
«Credo che tutti, avendone la possibilità, dovrebbero fare un’esperienza all’estero. Penso sia fondamentale sentirsi immigrati, sentirsi diversi e infine integrati in una realtà che non era la nostra, ma lo è diventata. Spaventa partire senza conoscere nessuno, senza avere alcun tipo di sicurezza, ma resterete affascinati dalle cose che riuscirete a fare, dalle vostre prime volte e dalle persone che sarete diventati. Lì fuori, c’è un mondo tutto da scoprire!».

 

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Categorie: Intercultura, Lavoro

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